Abu Izzadeen: la fake news sull'attentatore di Westminster

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-03-23

Ieri sera si è diffusa la falsa notizia che l’attentatore di Westminster fosse un cittadino britannico: Terry Brooks, 42 anni, convertitosi all’Islam con il nome Abu Izzadeen. Ma l’uomo era in prigione al momento dell’attentato

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Nessuna fonte ufficiale britannica o media del Regno Unito hanno fornito finora alcun particolare sull’identità dell’autore dell’attacco al Parlamento di Londra, ucciso dagli agenti dopo aver a sua volta eliminato 4 persone. Ieri sera però alcuni media, tra cui il  Jerusalem Post e la rete ‘Channel 4’, avevano riferito, citando fonti non ufficiali, il nome del killer. Secondo Simon Israel, giornalista di Channel 4, si trattava di un cittadino britannico: Terry Brooks, 42 anni, residente nel sobborgo londinese di Hackney, nato da una famiglia di origine giamaicane e convertitosi all’Islam con il nome Abu Izzadeen, nel 1975, ex portavoce di un’organizzazione estremistica messa al bando nel 2006 nel Regno Unito, Al Ghurabaa. Si trattava di una falsa notizia.

Abu Izzadeen: la fake news sull’identità dell’attentatore di Westminster

La britannica Channel 4, la stessa emittente che aveva indicato per prima nell’ex imam di Clapton l’autore dell’attacco, ha smentito successivamente la notizia. L’uomo, secondo quanto riferiva il media Gb che citava l’avvocato e il fratello, sarebbe tuttora in prigione. Anche un giornalista della Bbc, Dominic Casciani, citava in serata “diverse fonti” secondo le quali l’uomo sarebbe stato in galera e non poteva quindi essere lui il killer.

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L’articolo del Jerusalem Post

Secondo la rete israeliana ‘Channel 1’ Abu Izzadeen tentò anche di unirsi a Isis in Siria. In carcere dal 2006  venne condannato nel 2008 per aver raccolto fondi per organizzazioni terroristiche a 4 anni e mezzo di reclusione ma venne rilasciato a maggio del 2009 dopo aver scontato solo tre anni e mezzoAssem Beig, reporter della rete, ha twittato che parlando con il fratello di Izzadeen ha saputo dall’avvocato che il sospetto sarebbe ancora in prigione. Nessun commento da Scotland Yard che prudentemente non aveva rilasciato alcuna dichiarazione sull’identità del killer. Izzadeen è stato il portavoce di un’organizzazione estremistica messa al bando nel 2006 nel Regno Unito, Al Ghurabaa. Con la diffusione della notizia i primi commenti su Twitter erano…i soliti commenti su Twitter:
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Invece Simon Israel ha rettificato l’affermazione scorretta che aveva dato il via alla fake news:
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L’attacco a Westminster

Accade tutto in una manciata di minuti, quando il Big Ben segna le 2.40 del pomeriggio, le 15.40 in Italia. Un suv Hyundai 4×4 piomba a 80 chilometri all’ora sui pedoni e sui ciclisti che affollano il Westminster bridge, scatenando il terrore e lasciando sul marciapiede e sull’asfalto una scia di sangue. Molti di coloro che vengono travolti restano a terra. Una donna, arrivata in gravissime condizioni in ospedale, muore poco dopo. Sul ponte il killer fa una seconda vittima, di cui non si conosce ancora l’identità, mentre una donna precipita nel Tamigi viene soccorsa poco dopo e trasportata in ospedale in condizioni serie. L’auto falcia le persone come birilli, ma non si ferma e non rallenta. Continua il suo precipizio per un centinaio di metri ancora, verso la recinzione di Westminster, dove in quel momento è in corso un “question time” in aula, e si schianta contro uno dei cancelli del complesso mentre intorno scoppia il panico.
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L’uomo che è alla guida – che verrà descritto come “un asiatico di 40 anni” vestito con abiti scuri – scende dall’auto e brandendo due coltelli di tipo militare e si dirige verso il cortile del parlamento. Un poliziotto del corpo di guardia cerca di fermarlo, ma l’uomo lo colpisce con violenza con un coltello e l’agente cade a terra in un lago di sangue. L’azione del killer si conclude qui: altri tre uomini della sicurezza sparano e feriscono l’aggressore che, come l’agente, morirà poco dopo in ospedale. A nulla vale il tentativo disperato di Tobias Ellwood, sottosegretario agli Esteri e deputato Tory, ex militare, che cerca di salvare la vita al poliziotto praticandogli la respirazione bocca a bocca e cercando di fermare l’emorragia. L’intera zona viene blindata, la Camera dei Comuni, dov’è in corso una seduta, viene chiusa e i deputati restano dentro. La premier Theresa May, che si trova all’interno, viene portata via a bordo di una Jaguar metallizzata e condotta al sicuro. La metro viene fermata.
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La celebre ruota panoramica della città, chiamata London eye, viene bloccata. I turisti che sono ancora dentro le cabine, e restano lì a dondolare nel vuoto. Il timore è che ci sia un secondo attentatore ancora in libertà. L’edificio di Westminster viene controllato piano per piano. La regina Elisabetta, come indica il suo vessillo che continua a sventolare su Buckingam Palace, non lascia la propria residenza, stretta in un cordone di sicurezza. May, che poco dopo rientra a Downing Street, convoca il comitato Cobra sulla sicurezza e riceve la telefonata del presidente americano Donald Trump, che gli garantisce pieno sostegno, mentre da tutto il mondo arriva la solidarietà dei leader. Le indagini prendono subito la pista del terrorismo. Alle 18, poco più di tre ore dopo l’attacco, Scotland Yard esclude che ci sia un secondo uomo e fornisce il bilancio finale delle vittime. Le autorità chiedono ai cittadini di restare vigili. Non c’è ancora nessuna rivendicazione, ma i sostenitori dello Stato islamico sui propri network inneggiano all’attentat.

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