Abbiamo un problema con l'università britannica e nessuno lo dice

di Ermes Chironi

Pubblicato il 2016-11-28

Ermes, 31 anni, settentrionale, dopo il dottorato a Milano e la prospettiva di un contratto di sei mesi a 1200 euro, realizza il suo sogno ottenendo un contratto a tempo indeterminato in una università del prestigioso Russel Group in Gran Bretagna. Ecco il diario di una sua settimana tipo

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Ermes, 31 anni, settentrionale, dopo il dottorato a Milano e la prospettiva di un contratto di sei mesi a 1200 euro, realizza il suo sogno ottenendo un contratto a tempo indeterminato in una università del prestigioso Russel Group in Gran Bretagna. Ecco il diario di una sua settimana tipo.

cervelli in fuga didattica britannica
Se gli studenti non se la sentono di venire a lezione, possono vederla da casa.

Lunedì, ore 10:00: sono in ufficio da due ore e qualcuno bussa alla porta: sono i miei tutees. Cinque per ciascun docente, al primo anno devono presentarsi ogni settimana per una chiacchierata “a sfondo didattico”, dicono le linee guida. Ho ricevuto da poco l’elenco degli argomenti svolti la scorsa settimana e propongo loro di stimare quanti km di pista servono a un 747 a pieno carico per decollare. Li lascio lavorare mentre smaltisco le e-mail della domenica notte – solitamente studenti in difficoltà con un qualche esercizio. Finita l’ora li saluto e segno sul registro online i loro nomi: se dovessero saltare troppe sessioni l’ufficio studenti si metterà in contatto con loro per capire come mai non stanno partecipando.
Martedì, ore 15:00: entro in aula e distribuisco 250 Sudoku semplificati. Le istruzioni parlano chiaro: una volta completato, si invia il tempo impiegato e un breve questionario tramite un link da cellulare. Chi finisce prima potrebbe disturbare gli altri, quindi ho allegato un articolo preso da Nature su pannelli solari flessibili. Una volta raccolti i dati, spiego loro come usare certi indicatori statistici (media, deviazione standard) e istogrammi per capire se alcuni sudoku erano più difficili di altri. Uno studente mi chiede a fine lezione: “ma le domande dell’esame saranno così?”.
Mercoledì, ore 14:00: due dei miei colleghi hanno finito di correggere una pila di coursework e ora è il mio turno. Cerco disperatamente una penna adeguata: gli altri hanno corretto in verde e blu; non posso usare il rosso perché le linee guida dicono che è troppo aggressivo. Non trovo nessun colore e opto per una penna nera sottolineata da un evidenziatore giallo.
Cerco di impegnarmi a fornire a ogni studente il feedback sandwich: commento positivo, commento negativo (in chiave positiva), commento positivo. A un gruppo che ha consegnato un lavoro particolarmente drammatico mi trattengo dal commentare “avete consegnato il lavoro; il lavoro riflette il fatto che non avete combinato una mazza; almeno avete scritto i vostri nomi correttamente”. Mi limito a scrivere: “Please revise the relevant teaching material”, assegnando loro una valutazione di 40% (che è sufficiente per passare l’esame).
cervelli in fuga didattica britannica
Un’aula. Gli spazi flessibili permettono l’ora della pappa attività di peer learning

 
Giovedì, ore 17:00: la giornata sarebbe finita, ma devo ancora calcolare i voti di un coursework. Questo test in particolare vale il 20% del voto finale del corso di progettazione. Il corso è basato su piccoli progetti svolti in gruppo, al termine dei quali gli studenti devono completare un questionario in cui valutano gli altri membri. Il risultato sarà usato per modificare il 30% della valutazione individuale. Un gruppo mi scrive preoccupato del fatto che un membro non ha mai risposto alle loro email e non ha contribuito al lavoro. Inoltro la mail al module leader e torno a riempire il foglio di calcolo con i voti. Alle 19 mi trascino a casa con un leggero mal di testa, augurandomi che la media dei voti sia attorno al 65%, altrimenti io dovrò dare una spiegazione all’esaminatore esterno a fine anno.
Venerdì, ore 18:30: i miei colleghi sono al pub da più di un’ora, ma io sto finendo di registrare un video tutorial per il corso di matematica. Quest anno il team di innovazione didattica ha deciso che dobbiamo ridurre le contact hours (le ore trascorse a fare lezione frontale) e ha deciso di introdurre nel nostro corso un’ora di video la settimana. Ora che ho preso dimestichezza con il formato, sto riuscendo a produrre un video di mezz’ora in circa 4 ore.
Sabato, ore 10:00: la prossima settimana ho una scadenza per inviare la revisione di un articolo a una rivista. Meglio lavorarci ora: la prossima settimana ho 8 ore di lezione frontale, vari meeting e una assemblea generale. Tanto piove.
Domenica, ore 19:00: ricevo una mail automatica che mi annuncia che il mio workload (la distribuzione del carico di lavoro) è stato pubblicato. Sono un early career academic, quindi dovrei avere una riduzione nell’orario dedicato alla didattica (450 ore / anno circa) per dedicare più tempo alla ricerca (600-800 ore / anno). Mi collego al sistema online e scopro che le mie ore di didattica sono poco meno di 900 (mi sembrava di passare un po’ troppo tempo in aula!). Passerò le seguenti 2 ore a scrivere una (ennesima) mail al director of teaching. Risponderà che tutti gli altri sono nella mia stessa condizione, è un anno difficile, ci sono tagli al budget, “tanto poi il carico scende durante l’estate”.
Aggiorno il CV.
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La postazione dell’Autore. Nonostante la modernità delle aule, Ermes ha appena ricevuto il nuovo sistema di riscaldamento per l’inverno

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