Perché Umberto Eco ha ragione su imbecilli e internet

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-06-11

Cosa succede se Umberto Eco dice che su Internet è pieno di imbecilli che non sono in grado di ragionare? Semplice: gli imbecilli capiscono che Eco ha detto che su Internet sono tutti imbecilli

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Ma davvero c’è qualcuno che si indigna per quello che ha detto Umberto Eco sull’invasione delle legioni di imbecilli sull’Internet? La Stampa scrive oggi che Eco, dopo aver ricevuto a Torino la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”, avrebbe “attaccato Internet” lamentando il fatto che grazie ad Internet le opinioni degli imbecilli hanno lo stesso valore di quelle dei Premi Nobel.

Umberto Eco e il diritto di parola agli imbecilli su Internet (La Stampa via Twitter.com)
Umberto Eco e il diritto di parola agli imbecilli su Internet (Dal Corriere della Sera via Twitter.com)

AIUTO UMBERTO ECO ATTACCA LA DEMOGRAZIA DIRETTA!1
L’opinione di Eco sulla Rete non è una novità, aveva detto più meno le stesse cose in un’intervista al quotidiano spagnolo El Mundo a fine marzo. Nel breve discorso nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino Eco avrebbe “attaccato” l’Interwebs con queste parole:

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli

Rincarando successivamente la dose sui “disastri” prodotti dalla diffusione dell’Internet rispetto all’Era della Televisione e invitando – secondo quanto riporta l’Ansa – i giornali a promuovere un’analisi critica delle notizie che circolano in Rete

«La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità», osserva Eco che invita i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno»

Apriti cielo, come si permette Eco – quel vecchio trombone – di pontificare sulla Rete della ggente? Che tristezza, dicono altri, un medievalista che ne sa delle cose dell’Internet?

Ammorte i professoroni basta con la ka$ta
Ammorte i professoroni basta con la ka$ta

Ovviamente non poteva mancare quello che dava dell’anti-democratico a Umberto Eco
eco democrazia internet
E potevamo fare a meno del’opinione di Valigia Blu che sostituisce “Internet” e “Social Media” del discorso di Eco con “libri” e “giornali” (dimostrando di non aver capito nulla)? Ovviamente no, e infatti eccola qui la risposta degli “imbecilli” ad Umberto Eco. Dio ci salvi dalle generalizzazioni, difendiamo la Rete dalle generalizzazioni di Umberto Eco e facciamo un pezzo dove con argomentazioni risibili tentiamo di smontare la “tesi” di Eco.
internet guy
LET ME PLAY YOU THE SONG OF MY PEOPLE
Io vengo dall’Internet e mi ricordo che c’era un tempo in cui (vedi foto sopra) l’Interwebs sapeva scherzare su sé stesso, riconoscendo i suoi limiti con ironia. Poi sono arrivati i movimenti politici salvifici, una sorta di cargo cult della Rete secondo i quali la sola esistenza del WWW (mi piaci tu) sarebbe stata la garanzia della salvezza della politica italiana. Per anni i giornali, che non sono stati certo in grado di comprendere il fenomeno e Eco lo dice, hanno parlato di un fantomatico Popolo del Web che esisteva solo per comodità e per fornire l’illusione di parlare di un soggetto unitario. Che ovviamente non esiste e sfido chiunque a leggere nelle parole di Umberto Eco un riconoscimento dell’esistenza di questa entità del cyberspazio. Eco ha semplicemente detto quello che chiunque abbia un profilo Facebook vede ogni giorno, “indignati” che condividono i post di siti e pagine come “Catena Umana”, “Dimissioni e tutti a casa” o dei vari siti di complotti di turno (qui ritorna il tema del suo ultimo romanzo).

Eco non ha detto che su Internet ci sono solo imbecilli, ma che la loro voce è notevolmente amplificata dal mezzo che fa da enorme cassa di risonanza per tutte le cazzate messe in circolazione. Per rendersene conto basta guardare il numero di fan di pagine come “Lo Sai” o “Informare x Resistere” o anche solo limitarsi ad osservare la proliferazione di teorie del complotto che negano l’evidenza di qualsiasi cosa. Vogliamo parlare dei fanatici delle scie chimiche? Oppure di quelli che credono – a dispetto di ogni evidenza scientifica che dimostra il contrario – che i vaccini causino l’autismo solo perché l’hanno letto su Internet? Basterebbe solo questo esempio per dimostrare quanto la parola di un ciarlatano amplificata da altri ciarlatani stia facendo enormi danni. Sorvoliamo su coloro che pensano di poter curare il cancro con il bicarbonato e il succo di limone e limitiamoci a leggere gli incredibili commenti sotto i post di Matteo Salvini. E se le opinioni non bastano ci sono anche i fatti, come ad esempio questa ricerca che spiega come funzionano le pagine dei complottisti e la loro impermeabilità al ragionamento razionale. Questa invece invece contribuisce a fare luce su quanto detto da Eco riguardo la necessità, per i giornali, di verificare una notizia trovata sul Web. E se proprio non vogliamo parlare del razzismo diffuso da certe persone (e ripeto da persone, non “dall’Internet”) perché non parlare dell’enorme successo delle teorie pseudoscientifiche? Eco non ha detto niente di nuovo è vero, ma indignarsi perché attacca l’idiozia sull’Internet (e non il mezzo in sé) mette i critici sullo stesso piano degli idioti. È antidemocratico invocare un’ecologia del discorso per eliminare certe bufale perniciose (le chiacchere da bar appunto) dalla Rete? Io non credo, ma non ho mai creduto nemmeno alle magnifiche sorti e progressive dell’intelligenza collettiva esemplificata dalla laurea in ricerca su Google e Wikipedia e reificata nella connessione TCP/IP in ogni casa. Ovviamente non tutti su Internet sono imbecilli, e non esistono solo i sti fogna, ma Eco parlava di quella particolare categoria di utenti, non di tutto l’universo mondo della Rete. Negli anni abbiamo imparato a leggere i giornali e a guardare la televisione in modo critico, è davvero così assurdo chiedere che anche l’Internet possa avere la stessa dignità ed essere oggetto di insegnamento? Umberto Eco non ha chiesto di chiudere Internet (come non aveva chiesto di chiudere la TV) ha semplicemente invocato un maggior ricorso al pensiero critico, nella speranza che possa essere sufficiente a contrastare l’ondata dei cretini.
 
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