Santoro, Travaglio e gli intrecci azionari tra Fatto e Servizio Pubblico

di dipocheparole

Pubblicato il 2014-10-18

Goffredo De Marchis li ricorda su Repubblica: la società che edita il quotidiano possiede il 30% di quella che edita la trasmissione. Per questo i due sono condannati alla pace

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Su Repubblica di oggi Goffredo De Marchis parla della polemica tra Marco Travaglio e Michele Santoro, aggiungendo, però, rispetto agli altri quotidiani, un elemento di informazione in più. Dice infatti che i due sono costretti alla pace per mere questioni di azionariato, visto che Zerostudio, la società che edita Servizio Pubblico è partecipata per il 30% dall’editoriale del Fatto Quotidiano, mentre l’amministratore delegato delle due società, Cinzia Monteverdi, è la stessa persona. La Monteverdi, aggiunge De Marchis, è molto amica di Travaglio ma anche di Santoro, nella cui casa vive in affitto attualmente a Roma.

Grazie anche a Servizio pubblico, il Fatto divide degli utili cospicui a fine anno. Travaglio possiede circa l’8 per cento delle quote del giornale e siede nel consiglio di amministrazione. Le ragioni del capitalismo dunque suggeriscono di continuare insieme, di non sciogliere la coppia più di successo nella storia dei talk. Le ragioni del cuore e della testa invece porterebbero a una separazione immediata, senza tanti convenevoli. Nonostante una storia comune lunghissima,nonostante la lunga e vittoriosa battaglia contro l’editto bulgaro di Berlusconi che escluse Santoro e Travaglio dalla Rai per quattro anni prima del ritorno su Raidue con Annozero. E con ascolti stellari.

Come ricorderete, nella scorsa puntata di Servizio Pubblico Santoro aveva chiamato in causa il Fatto Quotidiano, che aveva segnalato la crisi degli ascolti dei talk show enfatizzando l’emorragia di telespettatori subita dal conduttore, ricordando che gli spettatori della trasmissione erano comunque molti di più di coloro che compravano il giornale.
 
LA LETTERA DELLA MONTEVERDI A DAGOSPIA
Pochi ricordano invece che l’anno scorso Cinzia Monteverdi scrisse una lettera a Dagospia per difendere Il Fatto dall’accusa contraria: ovvero quella di magnificare sul quotidiano i risultati Auditel di Servizio Pubblico per chiaro conflitto d’interessi. La Monteverdi rispose piccata sul sito di Roberto D’Agostino:

Non è facile rispondere a un “anonimo”, per l’ovvia ragione che è preclusa ogni possibile dialettica con chi nasconde la propria identità. Ma io ho l’abitudine di assumermi la paternità delle mie iniziative e delle mie dichiarazioni; e ne aggiungo qualcuna a proposito di questo presunto “scoop” che ti ha tanto colpito.
Invece degli scoop veri dovresti intender tene, visto che pubblichi continuamente articoli scritti e pagati dal Fatto Quotidiano, e non dovresti considerare uno sconvolgente inedito che io sia Presidente della Società che produce “Servizio Pubblico” e, contemporaneamente, Amministratore Delegato di “Editoriale Il Fatto” che ne è azionista. Francamente questo inatteso disvelamento non è solo “carta di pesce”, ma carta di pesce andato molto a male, avariato da oltre tre anni.
Il debutto di “Servizio Pubblico” è stato annunciato con la tua presenza in prima fila alla festa de “Il Fatto Quotidiano” alla Versiliana; la trasmissione di Santoro va in onda sin dall’inizio in streaming sul sito del Fatto; Io stessa ho pubblicato tempo fa un articolo in cui ho valorizzato – come meritava – la rivoluzione storica di Santoro che ha avuto il coraggio di sovvertire schemi e convenzioni, lanciandosi nell’esperimento della cosiddetta multipiattaforma; abbiamo condiviso le molte iniziative, come “Generazione Reporter”, i cui vincitori io stessa ho pubblicamente premiato (nella stessa trasmissione di Santoro.
La nostra azione sinergica non era propriamente un mistero da congrega e da setta. Anche, l’analisi dei dati Auditel di “Servizio Pubblico” è stata riportata , nel corso di questi anni, in maniera più che obiettiva e imparziale e, semmai, sbilanciata per difetto. E tra l’altro condotta secondo il più classico dei paradigmi di rilevazione Auditel.
Dunque l’anonimo rosicone o mestatore scambia per conflitto di interessi il semplice e inconfutabile resoconto dei risultati d’ascolto di una fonte terza. Come se pubblicare una curva ufficiale di Auditel fosse uno spot pubblicitario o subliminale.
O Una marchetta . E che cosa avrei venduto e a chi? Quali favori servigi avrei reso e in cambio di che cosa?
Quindi mi affido a Te, che hai le carte in regola per sorprendere tutti, per rassicurare i tuoi lettori con un vero scoop: siamo così bravi e virtuosi da essere riusciti , due società, Il Fatto e Servizio Pubblico, che producono informazione indipendente a cavarcela bene senza l’aiuto di misteriosi fornitori di capitali ma col solo aiuto del pubblico.
Ciò detto ti autorizzo a scrivere il mio nome a lettere maiuscole aggiungendo la qualifica di cui vado orgogliosa. Cinzia Monteverdi – Amministratore delegato Il Fatto Quotidiano e Servizio Pubblico.

La risposta di Dagospia:

Cara Cinzia, premesso che il testo in questione non era uno “scoop” di Dagospia, ma la semplice mail di un lettore, non c’è ragione di prendersela tanto. Il lettore scherzosamente faceva notare come “il Fatto Quotidiano” sabato scorso magnificasse gli ascolti e i contenuti della trasmissione di Santoro, senza specificare (come si usa nei giornali anglosassoni e non) che il quotidiano è azionista della società editrice di “Servizio Pubblico”. Tra l’altro la notizia era “ripetuta” due volte, in testa e in fondo alla pagina (con lo stesso testo).
L’editrice di un giornale che ha una rubrica quotidiana chiamata “Lecca Lecca” – dedicata alle “cortesie” che giornali e trasmissioni televisione riservano agli amici – non dovrebbe offendersi se si scherza un po’ sulla fanfara dedicata al bravo Michelone.
PS: A proposito, sfogliando “il Fatto Quotidiano” di sabato scorso, nella pagina che segue quella su “Servizio Pubblico”, troviamo un “Lecca Lecca” sul “Sole 24 Ore”. Il quotidiano (proprietario di Radio24) viene punzecchiato per come il direttore Roberto Napoletano ha promosso e “celebrato” le nuove trasmissioni radiofoniche di Giovanni Minoli e Oscar Giannino.
Capito l’ironia?

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