Quei bravi ricercatori italiani che vincono all'estero

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-12-15

Trentotto italiani si aggiudicano il prestigioso bando ERC di Bruxelles. Siamo secondi in classifica, ma la maggior parte degli studiosi lavora all’estero

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La Stampa oggi ci racconta il non tanto curioso caso della ricerca italiana e del prestigioso bando ERC di Bruxelles: patriotticamente si può essere orgogliosi del fatto che per il bando Erc «consolidator», prestigioso finanziamento assegnato da Bruxelles ai ricercatori eccellenti, sono stati 38 i progetti approvati, ciascuno del valore di 2 milioni spalmati in cinque anni, che erano stati presentati da ricercatori italiani. Ma solo 14 progetti si svolgeranno qui. Nel febbraio scorso l’esultanza dell’allora ministra Stefania Giannini provocò le ire di una ricercatrice, che ricordò alla responsabile dell’istruzione la verità: “Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati. La mia Erc e quella del collega Francesco Berto sono olandesi, non italiane. L’Italia non ci ha voluto, preferendoci, nei vari concorsi, persone che nella lista degli assegnatari dei fondi Erc non compaiono, né compariranno mai”, scrisse su Facebook Roberta D’Alessandro.

ricercatori italiani
I progetti che hanno vinto il bando ERC (La Stampa, 15 dicembre 2016)

Le ricerche vanno dalla cura dei tumori o dei disturbi psichici allo studio del funzionamento dei mercati neri, alla migrazione dell’homo sapiens nell’Europa del Sud, solo il 10 per cento dei progetti viene approvato. Sono riusciti ad aggiudicarsene (due) il Politecnico di Milano, la Bocconi, il San Raffaele e l’Istituto Europeo di Oncologia, l’Iit di Genova, le università di Bologna, Torino, Perugia, Trento, Roma Tre, La Sapienza, l’European University Institute e l’Università di Firenze. Sud non pervenuto. Tanti italiani vengono assunti come collaboratori, spesso all’estero, dai vincitori di premi Erc. Spiega La Stampa che dal 2007 hanno vinto un bando Erc 348 italiani rimasti qui e 296 all’estero, gli stranieri in Italia sono 29, uno a dieci. È come se l’Italia, che contribuisce per il 10 per cento alla ricerca europea, si fosse persa in questa partita 600 milioni di euro.

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