Attualità

La vera storia delle prostitute che "abbassano i prezzi" per la crisi a Roma

Giovanni Drogo 02/03/2017

Diversi giornali in questi giorni ci spiegano che le prestazioni sessuali delle prostitute costano meno a causa della crisi. Evidentemente quei giornali preferiscono ignorare la realtà di un fenomeno dove chi fornisce il servizio è vittima di sfruttamento e non ha alcuna possibilità di decidere le tariffe

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C’è grossa crisi nel settore della prostituzione? Stando ad alcuni articoli comparsi in questi giorni su Dagospia, il Messaggero e il Tempo sembrerebbe che per venire incontro alle difficoltà dei clienti durante questa crisi economica anche le lavoratrici del settore del sesso a pagamento abbiano deciso di abbassare le tariffe. A dare il La è stato un articolo di Bianca Francavilla sul Messaggero poi ripreso da Dagospia con il titolo “La svalutazione della fica” dove apprendiamo che il tariffario di una prostituta al lavoro sulla Ardeatina è piuttosto economico “20 euro per un rapporto sessuale, sempre 20 euro per un rapporto orale e 50 euro per un rapporto anale. Scontati, un rapporto sessuale insieme ad uno orale costano solo 30 euro” e che i clienti fanno la fila. Certo, il cliente deve consumare il rapporto in mezzo all’immondizia in un gabbiotto dell’Enel abbandonato, ma quelli sono dettagli.

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La mappa della prostituzione romana secondo il Tempo

Quanto costa un incontro con una prostituta?

Posto che nel 2017 fare discorsi sui “prezzi che scendono a causa della crisi” quando la crisi è iniziata ormai otto anni fa non è che denoti l’acume commerciale di chi ora li abbassa, venti euro per un rapporto sessuale – consumato sostanzialmente in mezzo alla strada – possono sembrare pochi, ma non occorre essere navigati “timbratori” (così si chiamano nell’ambiente i recensori di prestazioni sessuali a pagamento) per capire che la prostituzione che avviene in strada è sempre stata quella più economica e che rappresenta solo una frazione, quella più visibile e sfacciata, di una professione che si svolge soprattutto all’interno di più o meno insospettabili appartamenti. Per non parlare poi di servizi più “di lusso” che certo non si fanno pubblicità per strada o sui vari siti per incontri di sesso a pagamento e che hanno una clientela più esclusiva. Ci sono varie ragioni perché il mercato della carne in strada costa poco: la prima è che sulla strada la vita delle donne vale poco. Le donne che finiscono a “battere” su strada sono quelle più disperate e soprattutto le più sfruttate dal racket della prostituzione che impone prezzi “bassi” per poter attirare un numero maggiore di clienti perché tanto per le organizzazioni criminali è tutto guadagno e le spese sono a zero. Già tre anni fa il Gruppo Abele aveva organizzato un convegno dal quale erano emersi dati in linea con quelli “rilevati” e i prezzi sembrano essere abbastanza fissi (se non più bassi):

Quanto pagano?
In strada, per le nigeriane, dai 5 ai 30 euro.
In strada, per le albanesi, dai 25 ai 30 euro.
In strada, per le transessuali, dai 50 ai 100 euro.
Al chiuso, dai 50 ai 200 euro negli appartamenti e sale massaggio ai 250, 500 e così via in albergo, per diverse ore.
Per le escort le cifre dipendono dal luogo, dal tipo di prestazione, dal tempo dedicato e dal grado di popolarità del cliente.

Diverso è invece il caso dell’inchiesta – ammesso si possa definire tale – di Roberto Arduini per Radio Cusano Campus. Arduini ha telefonato a prostitute che ricevono in appartamento – e che non sono di certo meno sfruttate – chiedendo quanto chiedono per una prestazione. La cosa divertente è che più della metà delle intervistate non ha capito la domanda (del resto come fai a rivolgerti ad una persona che parla male l’italiano dicendo cose come “signora avrà contezza degli articoli di giornale apparsi in questi giorni”) e quindi ha risposto semplicemente dicendo quanto chiede per un incontro e non se ha abbassato il prezzo. Le donne “intervistate” inoltre non sembravano consapevoli che si trattava di un’intervista, ad esempio c’è quella che crede che “per via della crisi” sia un indirizzo stradale ed infatti il giornalista di Radio Cusano Campus sembrava più un cliente che cercava di strappare uno sconto (cosa che in alcuni casi ha ottenuto) che un giornalista d’inchiesta. Più che altro pensare che le prostitute al telefono con uno sconosciuto che non si presenta siano disposte a parlare dei loro guadagni, o meglio dei guadagni di chi gestisce il giro, è abbastanza ingenuo. Provate a telefonare ad un qualsiasi professionista in orario di lavoro facendo credere di volere chiedere un appuntamento quando invece volete parlare dell’andamento dei prezzi del mercato: nella migliore delle ipotesi vi dirà che non ha tempo da perdere o – se crede che siate un possibile cliente – vi dirà che lui ha abbassato in prezzi in modo da non farsi sfuggire l’occasione di lavoro. D’altra parte al contrario di altre professioni la prostituzione non è assolutamente regolamentata e quindi è impossibile parlare di prezzi più bassi a causa della crisi e di sicuro non ha senso farlo dopo sei telefonate. Partiamo ad esempio dal presupposto che la fica (o quello che preferite) sia un bene di consumo come un altro, quanti beni di consumo avete visto scendere di prezzo in maniera consistente negli ultimi otto anni a causa della crisi? È possibile che alcune lavoratrici del sesso pratichino degli sconti, ma non sapremo mai se è una decisione dovuta alla congiuntura economica per “venire incontro al cliente” o se è un semplice calcolo dei gestori del racket.

I numeri dello sfruttamento della prostituzione in Italia

Del resto i dati del Servizio Antitratta dell’associazione Papa Giovanni XIII fondata da Don Oreste Benzi sono impietosi. In Italia si stimano fra le 75.000 e le 120.000 le ragazze vittime di prostituzione, di cui il 65% è in strada, il 37% è minorenne; i clienti sono invece intorno ai 9 milioni. Quello delle prostitute che si autogestiscono (e che quindi hanno la libertà di abbassare o alzare i prezzi) è – secondo l’Onorevole Caterina Bini (PD) – un mito da sfatare perché dietro la stragrande maggioranza delle prostitute all’opera sulle strade e nelle case ci sono storie di violenza, sevizie, sfruttamento e botte se non “guadagnano” abbastanza. Nel dicembre del 2014 il Codacons ha pubblicato i dati sull’andamento del mercato della prostituzione ai tempi della crisi economica dai quali emerge che nel 2007 il fatturato della prostituzione in Italia era stimato in circa 2,86 miliardi di euro; il mercato vedeva quasi 70.000 prostitute attive sul territorio cui si rivolgevano 2,5 milioni di clienti. Nel 2014 il mercato della prostituzione ha generato un giro d’affari stimato in 3,6 miliardi di euro annui, coinvolgendo in modo attivo circa 90.000 operatori del sesso per un numero di clienti che raggiunge i 3 milioni di cittadini con una crescita del fatturato del 25,8% (+740 milioni di euro); il numero di soggetti dediti alla prostituzione è aumentato del 28,5% (+20.000); i clienti sono cresciuti del 20% (+500.000 cittadini). Per il Codacons la crisi economica ha influito sul mercato della prostituzione ma non, come si legge in questi giorni, incidendo sulle tariffe delle prestazioni sessuali bensì perché la crisi e le difficoltà economiche hanno contributo ad accrescere il mercato della prostituzione, “incrementando il numero di operatrici che, stabilmente o occasionalmente, hanno deciso di vendere il proprio corpo “per necessità”, ossia come ultimo espediente per reperire risorse e non cadere oltre la soglia di povertà“.
 

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