Cultura e scienze
Ma davvero il Progress test di Medicina è "omofobo"?
Giovanni Drogo 16/11/2017
Tutti contro il Progress Test di Medicina, accusato di patologizzare l’omosessualità e di omofobia. Ma se avete un momento per far sbollire l’indignazione vi accorgerete che le cose stanno diversamente da come sono state presentate
L’omosessualità è una malattia o una patologia psicologica? La risposta della scienza medica è no. Ci sono alcuni medici, omofobi, che credono lo sia, e qualcuno addirittura ritiene di poterla curare. Ma la comunità scientifica ha da tempo stabilito che essere omosessuali non è una malattia. È questo il motivo per cui ha suscitato molte polemiche una domanda del Progress Test somministrato agli studenti di Medicina che chiedeva «Qual è la stima del verificarsi dell’omosessualità nell’uomo?».
Quando la caccia all’omofobo fa un buco nell’acqua
Essendo rivolto agli studenti di Medicina il test Progress non è un test d’accesso al corso di laurea in Medicina ma ha l’obiettivo di valutare e monitorare il livello delle competenze degli studenti durante il corso di studi. Il Pogress Test viene organizzato dal 2008 ed è a cura della Conferenza dei Presidenti dei Collegi didattici dei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia delle università italiane e non ha nulla a che vedere con l’esame di Stato in Medicina di cui responsabile è il Ministero dell’Istruzione.
La presenza di una domanda (la 147) sull’omosessualità ha però fatto pensare a molti che il Progress Test stesse sostanzialmente dicendo che l’omosessualità è una malattia. Una volta ricevuta la segnalazione il capogruppo di SEL alla Regione Piemonte Marco Grimaldi ha subito chiesto spiegazioni su quale sia il significato della domanda e quale senso abbia per i medici sapere se un paziente è omosessuale o meno: «Vogliamo sapere, e lo pretendiamo, se la comunità medica italiana ritiene ancora che l’omosessualità sia una malattia. Che senso ha chiedere a dei futuri medici la stima dell’omosessualità nell’uomo? Viene chiesta anche la stima dell’eterosessualità? Perché è bene ricordare che eterosessualità e omosessualità sono entrambe “varianti” naturali del comportamento umano». La responsabile nazionale Diritti di Sinistra Italiana Cathy La Torre si è detta indignata e ha chiesto spiegazioni. Lo stesso ha fatto la ministra Valeria Fedeli che ha parlato di un fatto di una “gravità inaudita” e ha chiesto che la domanda venga eliminata dall’elenco dei quesiti del Progress Test.
Anche Michele Albiani, responsabile nazionale Diritti e Ambiente dei Giovani Democratici, ha scritto che sembra che “al Ministero qualcuno non sappia ancora che l’omosessualità è stata eliminata dalla lista delle malattie mentali da ormai 27 anni” (ma in realtà il Ministero non c’entra) e ha definito la vicenda un “fatto grave che deve essere chiarito al più presto”. Nei commenti al post di Albiani la deputata Dem Simona Malpezzi ha definito “inaccettabile” una domanda del genere.
Ma che se ne fa un medico di sapere se un paziente è omosessuale?
In molti si sono trovati concordi nel definire la domanda “sbagliata” quando non apertamente omofoba. Come però precisa la Conferenza dei Presidenti dei corsi di laurea di Medicina in una nota stampa la realtà è leggermente diversa. La famigerata domanda numero 147 è di tipo “statistico-demografico, assolutamente quindi non di fisio-patologia”. Infatti il quesito era inserito “nell’ambito del questionario (150 quesiti) svolti la mattina quando il Progress test è orientato sulle Scienze di Base (fra cui la statistica, la demografia e la sociologia, oltre alle scienze bio-mediche pre-cliniche)”. La Conferenza fa sapere che i questionari sulle Scienze Cliniche (cioè quelli sulle malattie) si sono svolti “come sempre da 10 anni, di pomeriggio”.
Quanto è rilevante per un futuro medico sapere qual è la percentuale di omosessuali? Chiaramente dipende dal tipo di percorso professionale che il medico vorrà intraprendere. Certamente nessuno sta qui insegnando ai medici a chiedere ad un paziente se è omosessuale prima di curarlo. Ma se ad esempio si specializzerà in Psichiatria ed eserciterà la professione di sessuologo psicoterapeuta allora il dato può avere una certa rilevanza. Così come se intenderà occuparsi di Medicina della Sessualità o sessuologia medica. La domanda invece non sta suggerendo che certe patologie sono legate all’essere omosessuali (a costituire un fattore di rischio sono i comportamenti sessuali, non l’orientamento).
Dal momento che il contesto in cui è inserita la domanda non è quello patologico ma quello demografico e statistico (la domanda era inserita nel blocco disciplinare delle “scienze del comportamento“) non c’è alcun problema nel porla. Certo, quel “verificarsi” può essere una scelta infelice dal punto terminologico ma non ha alcuna rilevanza dal punto di vista una eventuale “potenzialità patologica” dell’omosessualità. Al limite possiamo dire che la domanda è sta posta male nel senso che poteva dare adito a fraintendimenti (come infatti è accaduto) ma in virtù del contesto non era sbagliata.
È sbagliato censire il numero delle persone omosessuali? Se è a fini statistici non dovrebbe destare preoccupazioni né accuse di omofobia. Del resto basta andare su siti come LGBTnewsitalia, Gayburg o Gay.it per leggere i dati statistici sulla percentuale di omosessuali. Nel 1948 il famoso libro di Alfred Kinsey dal titolo “Sexual Behavior in the Human Male” ha rivelato al mondo che il 10% della popolazione maschile è omosessuale. È inutile negarlo, il dato è interessante, non tanto per “schedare” gli omosessuali quanto per poter conoscere più a fondo una delle declinazioni dell’orientamento sessuale umano. Nel 2010 la San Francisco Human Rights Commission ha pubblicato sul Journal of Sexual Medicine uno studio sistematico sulla bisessualità, con tanto di dati statistici sulla percentuale di gay, lesbiche e bisessuali.
Curiosamente uno dei capitoli della ricerca si intitola “Impact of Bisexual Invisibility on Health” e presenta una serie di dati statistici sulla correlazione tra la bisessualità e alcune patologie come ad esempio la depressione ma anche di un aumentato rischio di suicidio. Chi crede che una domanda sull’omosessualità non sia di nessuna rilevanza per un medico evidentemente sottovaluta come – a causa delle discriminazioni e dell’omofobia, quella vera – una persona omosessuale possa soffrire di problemi di sofferenza psicologica. Non perché l’omosessualità sia una malattia, ma perché proprio a causa del tipo di società in cui viviamo per molte persone essere omosessuali ed esserlo liberamente è ancora molto difficile. Nessuno però ha accusato la San Francisco Human Rights Commission di essere omofoba.