«Il piano di Juncker è un libro dei sogni»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2014-11-24

Daniel Gros lo spiega a Repubblica

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Eugenio Occorsio su Repubblica di oggi intervista Daniel Gros, presidente del Centro Europeo di Studi Politici, sul famoso piano da 300 miliardi di investimenti presentato in pompa magna da Jean Claude Juncker per riavviare l’economia europea, e sul quale conta tantissimo il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi. Per Gros, a poche ore dall’annuncio di mercoledì, quello di Juncker è «solo un libro dei sogni, e tutte le speranze riposte si tradurranno in amare disillusioni». Avevamo spiegato il rischio aria fritta per il piano Juncker qualche giorno fa.

«Qualsiasi eventuale accordo per scorporare gli investimenti del piano dai vincoli su deficit e debito, è puramente informale e verbale, e non reggerà».
È difficile insomma che si traduca in reali deroghe?
«Solo in un caso: se l’investimento lo fa una società privata in cui un ente pubblico prende una quota di minoranza finanziandosi con i fondi europei. Altrimenti non c’è scampo: i 200 milioni,
mettiamo, di contributo a un aeroporto o una strada, finiranno in un modo o nell’altro nel deficit e nel debito di qualche amministrazione statale o locale. Ci sono perplessità anche sull’ipotesi che il piano si basi sui project bond come strumento operativo diretto, cioè i buoni paneuropei emessi da soggetti privati che si rifinanziano coi proventi dell’opera (pedaggi, biglietti d’ingresso) e che hanno avuto finora un ruolo piccolo e marginale. Si è detta scettica anche Moody’s perché questi titoli devono essere collocati su un mercato a forte concorrenza visto che c’è sovrabbondanza di bond di ogni tipo anche con buon rating».
Quale dovrebbe essere il ruolo delle istituzioni finanziarie europee in tutta questa partita?
«Si fa grande affidamento sulla Bei, ma vorrei far notare che la Bei per statuto se vorrà partecipare all’iniziativa dovrà prima fare un aumento di capitale, a carico naturalmente dei Paesi azionisti, e quanto meno servirà molto tempo. A quanto mi risulta poi l’Europa non metterebbe sul piatto 300 miliardi ma solo 40, sperando con una leva calcolata chissà perché in “uno a sette”, sull’adesione dei privati all’iniziativa. Pura teoria, wishful thinking. Con una leva si può fare di tutto come diceva Archimede, ma su cosa si basano questi calcoli?»

Leggi sull’argomento: Il piano di Juncker: un bluff da 300 miliardi?

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