Attualità
Il petrolio dal Polcevera verso il mare
neXtQuotidiano 23/04/2016
Cede una diga di contenimento a causa delle piogge. I tecnici hanno aperto un altro argine ma c’è il rischio che altro greggio finisca in mare
Una diga di contenimento sul torrente Polcevera, creata per contenere il greggio fuoriuscito da una tubatura dell’oleodotto Iplom domenica scorsa, ha ceduto a causa dell’innalzamento del livello del corso d’acqua dovuto alle piogge. “Speriamo che reggano le panne oceaniche”, ha detto l’assessore comunale alla Protezione civile Gianni Crivello. Un altro argine è stato aperto dai tecnici per evitare che il livello d’acqua nel torrente si innalzasse ulteriormente. Ora il rischio è che altro greggio possa arrivare in mare. “La situazione è complicata, non sappiamo quanto greggio potrà finire in mare. La Capitaneria di porto è riunita per l’emergenza ed ha dichiarato lo stato di emergenza locale”, detto l’assessore comunale alla protezione civile Gianni Crivello dopo il cedimento di una diga creata sul torrente Polcevera per contenere il greggio uscito da una tubatura rotta dell’oleodotto Iplom. Sulla Liguria è stata proclamata l’allerta gialla (la più bassa) per la pioggia, che ora cade abbondante su Genova rispetto ad alcune ore fa.
Il petrolio dal Polcevera verso il mare
Sul Genovese c’è un’allerta meteo gialla – la più bassa – per pioggia sino alle 14. Sono state le piogge della notte nell’entroterra, peraltro forti ma non torrenziali, a far alzare il livello del Polcevera. Ora il tempo sta migliorando. Le operazioni di recupero del greggio, che dovevano essere completate al 90% entro ieri, sono quindi diventate molto più difficili.
Il Corriere della Sera spiegva qualche giorno fa quali danni ambientali si aspettano gli esperti:
La Lipu di Genova lunedì ha soccorso 27 germani reali coperti di greggio. «Tredici stanno bene — dice la responsabile Daniela Filippi — gli altri sono gravi: hanno respirato le esalazioni del petrolio». Per un fiume la cui salute già non era esaltante come il Polcevera, lo sversamento è un danno serio. «Non è paragonabile al disastro della Haven, la petroliera naufragata nel 1991 davanti ad Arenzano, ma per il fiume è un duro colpo. Speriamo che in mare non arrivi molto greggio», spiega Giorgio Bavestrello, docente di zoologia marina dell’Università di Genova. «Gli effetti sulla flora del fiume saranno importanti. Ci vorrà più di un anno per tornare alle condizioni iniziali», prevede Mauro Mariotti, professore di botanica ambientale dell’ateneo genovese. «È un danno che si aggiunge a una situazione già molto deteriorata».
Polcevera, quali danni dallo sversamento?
Sull’accaduto la procura di Genova ha aperto un’inchiesta per disastro ambientale colposo e l’oleodotto danneggiato è stato messo sotto sequestro. Risulta indagato il direttore dell’impianto Vincenzo Columbo, l’inchiesta si concentra sullo stato delle manutenzioni (sequestrati i libri dell’azienda) e sui tempi di intervento dopo il danno. La bonifica si profila lunga e difficile: il petrolio, di origine nigeriana, è pesante e tende a depositarsi piuttosto che evaporare. Ma le esalazioni, con il sole, sono comunque molto forti. Secondo la Asl genovese non ci sono pericoli immediati per la salute ma gli abitanti dei quartieri coinvolti lamentano arrossamenti degli occhi, mal di gola, giramenti di testa. Due persone sono finite all’ospedale. Ferdinando Boero sulla Stampa però spiega che gli esperti non si aspettano danni permanenti:
Quando, nel 1991, naufragò la Haven finirono in mare 144.000 tonnellate di petrolio. 90.000 bruciarono. Sul fondo ne finirono tra 10.000 e 50.000. Dopo un quarto di secolo il Mar Ligure è ancora lì, la gente va al mare, ma i pescatori evitano quella zona, perduta per chissà quanto tempo ancora, asfaltata. Le poche tonnellate finite nel torrente sono niente al confronto. Gli effetti non saranno così devastanti, la perdita è sotto controllo, sono stati posti argini alla piena nera.
Rane, uccelli e pesci presenti in quel tratto di torrente ne hanno sofferto, molti esemplari sono morti e, dato che un po’ di petrolio è finito nel porto, ci sarà qualche conseguenza anche nell’ambiente marino. Questi fenomeni si mitigano con solventi e con la rimozione fisica del petrolio. L’acqua dei fiumi si rinnova continuamente e a parte il fenomeno acuto che colpisce specie carismatiche (uccelli, anfibi, pesci), se si agirà con perizia è presumibile che i danni non saranno permanenti.
In prima linea intanto ci sono gli animalisti volontari della Lav, la Lega antivivisezione di Genova, che hanno salvato numerosi germani reali, e l’Enpa. Con i volontari sono in azione anche tanti che abitano nei pressi dei torrenti: si sono trovati davanti ad uccelli pieni di petrolio e non ce l’hanno fatta a girarsi dall’altra parte. Tre cittadini nelle ultime ore hanno telefonato alla Lav per chiedere consigli su come pulire un germano reale trovato con il mantello completamente impregnato dal greggio. Ma la telefonata più struggente alla responsabile della Lav, Daniela Filippi, è arrivata da un abitante che vive a pochi metri dal torrente Fegino, in salita al Lago: “nel ricostruire cosa era successo mi ha detto con la voce quasi rotta dalle lacrime: ‘Guardi, io per la prima volta ho sentito le rane piangere, di rane adesso nel Fegino non ce ne sono più…'”. Gli animalisti danno consigli: “chi ha in casa un uccello sporco di petrolio ci chiami. Occorre prima lavarli con una prima mano di sostanze come l’olio di girasole o di vaselina, che tirano via lo strato di gregge più superficiale, poi dopo il risciacquo rilavarli con dei saponi neutri o sgrassanti, un’ operazione delicata e lunga perché a volte prima di ripulirli occorre lavarli anche 15 volte. Basilare è operare usando acqua calda e in ambiente intorno ai 40 gradi, sennò l’animale rischia di morire per ipotermia. Noi per misurare la temperatura degli animali abbiamo requisito ad amici e conoscenti tutti i vecchi e più affidabili termometri al mercurio. Bisogna inserirli fra le penne”.