Così pensioni e reddito di cittadinanza rischiano di far saltare il governo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-09-18

Tornano a circolare le ipotesi di dimissioni di Tria. Mentre il M5S torna a discutere degli 80 euro da togliere. E non si trovano i soldi per coprire le misure. Che secondo il leghista Brambilla sono anche ingiuste

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Lo schema è questo: a gennaio 2019 l’aumento delle pensioni fino alla soglia dei 780 euro in quello che i grillini chiameranno “pensione di cittadinanza” per spacciarla, come ha già fatto la viceministra senza deleghe all’Economia Laura Castelli, per il reddito di cittadinanza. Intanto ecco il via alla riforma dei centri per l’impiego per un costo stimato di 4,5 miliardi di euro. Poi, tra maggio e giugno e in concomitanza con le elezioni europee, il via al Reddito di cittadinanza, che prende il posto dell’attuale Reddito di inclusione, fissato alla stessa quota di 780 euro al mese, per una platea di quasi 5 milioni di cittadini in povertà.

Reddito e pensione di cittadinanza: il cronoprogramma

Questo secondo passaggio, spiega oggi Il Sole 24 Ore, farebbe salire la dote finanziaria messa in campo a 9-10 miliardi. Per le coperture si parte dall’utilizzo delle risorse stanziate per il Reddito di inclusione in corso (2,54 miliardi per il 2019 e 2,74 miliardi dal 2020), cui si aggiungerebbe un contributo pescato dal fondo sociale europeo. Il resto dei soldi è da trovare e qui sta tutto il contrasto tra la Lega, il MoVimento 5 Stelle e il ministro dell’Economia Giovanni Tria.

legge di bilancio
Le tappe che porteranno all’approvazione della legge di bilancio (Corriere della Sera, 18 settembre 2018)

Perché c’è da coprire ancora gran parte della spesa per il reddito di cittadinanza e non si sa come. Una delle idee tornata ad affiorare ieri è quella di usare il bonus 80 euro di Renzi, nel mirino soprattutto del MoVimento 5 Stelle: ma la Lega sta bloccando l’ipotesi perché non vuole in nessun modo rischiare problemi dal punto di vista della fiscalità generale dopo l’antipasto di flat tax che sta per servire alle Partite IVA e ai professionisti. In più la maggioranza continua a litigare sui punti di deficit, con la Lega che torna a pensare di poter “sfiorare” i vincoli europei e il MoVimento 5 Stelle che pensa di poter accarezzare l’idea per trovare maggiori risorse.

Le dimissioni di Tria

In questo quadro non stupisce che tornino a circolare le voci di Giovanni Tria pronto all’addio o addirittura alla giubilazione da parte della sua maggioranza: Di Maio non può permettersi di fronte al la base grillina di accettare la sanatoria leghista sulle cartelle fiscali. E lo dice chiaramente a Salvini, alla presenza di Tria e di Conte. Soprattutto non lo può fare a quella cifra, un milione, che il partner di governo ha fissato come tetto, guardando all’elettorato più tradizionale del centrodestra. La tragicomica supercazzola di ieri tra pace fiscale e condono è testimonianza delle difficoltà all’interno della maggioranza.

Il Sole 24 Ore scrive oggi che tra le coperture i dossier M5S contemplano anche due miliardi di tasse in più su di banche e assicurazioni con i tagli alla deducibilità degli interessi passivi; idea che incontra obiezioni tecniche anche al Mef per i rischi d’impatto sui conti bancari. Solo l’intervento sulle pensioni sociali vale 2 miliardi secondo i calcoli M5S, ma una spesa del genere restringerebbe di molto la platea. Su tutto il dossier restano le obiezioni nel Carroccio. Per quanto riguarda il reddito, portare tutto l’intervento a regime da luglio richiederebbe 9-10 miliardi il prossimo anno, ma è evidente che ogni forma di anticipo aumenterebbe il costo in misura proporzionale ai mesi in più.

Pensioni, la soglia del taglio sale a 4500

Anche per il taglio delle pensioni d’oro c’è maretta. Il MoVimento 5 Stelle fa affidamento sul contratto di governo per mettere spalle al muro la Lega. Il Messaggero scrive oggi che nella nuova versione resta il meccanismo che lega la decurtazione dell’assegno all’età di pensionamento effettiva, ma la soglia di reddito al di sopra della quale scatta la tagliola sale da 80 mila a 90 mila euro lordi. Ovvero in termini netti mensili, secondo quanto annunciato dal capogruppo pentastellato Francesco d’Uva, 4.500 euro invece che 4.000; anche se in realtà applicando pure le addizionali Irpef di Regione e Comune il netto risulta un po’ più basso (intorno ai 4.200-4.300). Resta il nodo della penalizzazione per le categorie (donne, militari, manager in esubero) che per legge o per altri motivi erano stati costretti a lasciare l’attività lavorativa prima dell’età di riferimento, ovvero quella attuale della vecchiaia “corretta” all’indietro in base agli andamenti demografici.

riforma pensioni quota 100
Pensioni, quota 100: le ipotesi (La Stampa, 17 settembre 2018)

Qui però a uscire allo scoperto è Alberto Brambilla, il leghista presidente di Itinerari Previdenziali e molto vicino alla poltrona dell’INPS dopo l’addio di Boeri, in programma per il 2019. L’esperto di pensioni della Lega promuove quota 100 ma critica le pensioni di cittadinanza di Di Maio & Co. in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: «Sulla pensione di cittadinanza dobbiamo partire dai numeri. Primo: a chi vogliamo darla questa pensione? Agli invalidi civili? Bene, sono quasi un milione. E per coprire la differenza tra quanto prendono ora (282 euro al mese per tredici mensilità, ndr.) e i 780 euro bisognerebbe spendere circa 6,3 miliardi in più all’anno. Vogliamo darla a chi prende l’assegno o la pensione sociale (453 euro al mese, ndr.)? Sono altre 860mila persone e in questo caso bisognerebbe sborsare altri 4 miliardi. Ci riferiamo invece ai 3,2 milioni di pensioni integrate al minimo (502 euro al mese, ndr.) o alle oltre 900mila pensioni con la maggiorazione sociale? Servirebbero altri miliardi ancora. Non ci sono le risorse.E si tratterebbe di un’operazione ingiusta perché qui parliamo di pensioni per le quali non sono stati pagati contributi sufficienti o non sono stati pagati affatto».

Leggi sull’argomento: Perché le maestre diplomate magistrali hanno contestato il M5S a Torino

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