Pensioni, quota 100? La pagano le aziende

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-09-17

Un contributo da chiedere alle imprese per finanziare l’uscita a 62 anni con 38 di contributi: la riforma Fornero della Lega avvantaggia lavoratori pubblici e delle imprese del Nord

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Un contributo per facilitare l’uscita dei dipendenti dal mondo del lavoro pari allo 0,3% di contribuzione aggiuntiva. Alberto Brambilla, esperto della Lega sui temi delle pensioni e presidente di Itinerari Previdenziali oltre che candidato alla successione di Tito Boeri all’INPS. spiega oggi in che modo il governo potrebbe trovare i soldi per mantenere la promessa di quota 100 per mandare in soffitta la Legge Fornero.

Pensioni, quota 100? La pagano le aziende

Come sappiamo, 100 è il risultato che deve dare come minimo la somma di anni di età e contributi del lavoratore, secondo uno schema che per il Carroccio potrebbe arrivare a prevedere 62 anni e 38 di contributi: l’idea intorno alla quale Brambilla sta lavorando per governare in qualche modo l’aumento dei costi provocato dall’uscita dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi potrebbe essere quella di una compensazione che pesi un po’ anche sulle spalle delle aziende. «Potremmo – ha detto Brambilla -operare sul modello dei fondi di solidarietà e dei fondi esubero, come già accade con grande successo nel settore del credito e delle assicurazioni». Questi meccanismi determinerebbero un piccolo aumento dei contributi sociali delle imprese.

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Pensioni, costi di quota 100 (La Repubblica, 6 settembre 2018)

Secondo i calcoli degli esperti arrivare a quota 100 con 62 anni di età e 38 di contributi potrebbe costare a regime la somma di 10 miliardi di euro. Senza contare che l’operazione finisce per favorire in massima parte i cittadini del Nord, che hanno più chances rispetto a quelli del Sud di avere 38 anni di contributi già pagati. Luca Cifoni sul Messaggero ricorda che strumenti del genere esistono già, come ad esempio la versione aziendale dell’APE volontaria.

Le pensioni a quota 100 con 62 anni di età e 38 di contributi

Ma i fondi degli esuberi vanno finanziati. Il Messaggero spiega che in questi giorni è stata valutata l’ipotesi di una contribuzione aggiuntiva ad hoc dello 0,3 per cento.

In una prima fase naturalmente dovrebbe essere lo Stato a farsi carico dei costi,ma poi nel tempo questi potrebbero essere assorbiti dalle risorse del fondo. Il punto naturalmente è che almeno una parte consistente del mondo imprenditoriale potrebbe digerire male la prospettiva di un incremento del costo del lavoro (pur se limitato) nel momento in cui Confindustria sollecita dal governo una sostanziale riduzione del cuneo fiscale e contributivo.

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Pensioni, spesa e trattamenti (Il Messaggero, 13 settembre 2018)

L’alternativa è porre i costi a carico non della generalità del sistema delle imprese ma di quelle che effettivamente hanno esuberi da gestire: in questo caso si tratterebbe di rivedere e affinare gli strumenti già esistenti.

In più, andrebbe segnalato che nel fondo bancario lo Stato ha dato un contributo alto (un miliardo). La Stampa ipotizza due strade: utilizzare i fondi per la formazione continua delle aziende oppure finanziare con fondi pubblici l’allargamento (non lo «smontaggio») dell’articolo 4 della legge Fornero, il quale già oggi consente alle aziende – se disposte a farsi carico per intero dell’uscita – di pensionare anticipatamente un lavoratore sette anni prima dell’età prevista dalla legge.

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Pensioni, quota 100: le ipotesi (La Stampa, 17 settembre 2018)

Proprio ieri Susanna Camusso, numero uno della Cgil, ha criticato duramente l’esecutivo perché starebbe progettando una riforma che «riguarda una piccola parte, fabbriche del Mord, ed una parte della pubblica amministrazione» mentre esclude ad esempio situazioni come quelle dei lavoratori edili.

Leggi sull’argomento: Mezzo milione di pensionati in più con l’uscita a 62 anni

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