Economia
Una flat tax a tre aliquote (?) per le partite IVA
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2018-09-05
Così la Lega si rimangia le promesse elettorali per paura dello spread, dei mercati e dell’Europa. La retromarcia di Salvini anche sulla legge Fornero
La flat tax, sì, ma solo per le partite IVA. E sarà una flat tax “flessibile” visto che potrebbe arrivare ad avere ben tre aliquote. Il governo gialloverde sembra aver capito l’antifona dei mercati e dell’Europa e dimostra di non avere alcuna intenzione di provocare una crisi dello spread e un autunno caldo: e l’atteggiamento della Lega nei confronti delle trattative per la Legge di Bilancio ne è una spia chiarissima.
Una flat tax a tre aliquote per le partite IVA
E infatti la promessa da campagna elettorale di un’aliquota unica e di un taglio di tasse generalizzato per tutta la platea dei contribuenti si sta lentamente trasformando in un sistema a tre aliquote (e già fa ridere chiamarlo flat tax) per imprese (con possibile esclusione delle società di capitali) e professionisti con ricavi fino a 100mila euro e che il sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci traduce nel 5% per le start up, 15% per chi ha ricavi fino a 65mila euro e 20% per quelli fino a 100mila euro di fatturato. Un sistema leggermente diverso dal 15% per tutti i contribuenti nella tassa unica promessa in campagna elettorale, e il Sole 24 Ore spiega anche come sarà coperta:
A sostenere la misura dovrà contribuire la pace fiscale che spazia dal pre-accertamento agli accertamenti veri e propri con il rilancio del contraddittorio tra Fisco e contribuenti, comprese le liti fiscali pendenti e la riscossione con la definitiva rottamazione del magazzino della ex Equitalia.
A completare il quadro anche una terza versione della voluntary disclosure sul contante e le cassette di sicurezza. Non solo. Nel vertice di ieri della Lega al Viminale il menù delle proposte fiscali per la manovra di Bilancio è stato arricchito con il rilancio della web tax sul money transfer.
La filosofia della retromarcia responsabile l’ha enunciata Salvini martedì: «Non posso pretendere che l’anno prossimo tutti paghino il 15 per cento, ma nella manovra ci sarà un primo passo, tanti artigiani e tanti professionisti pagheranno meno tasse». Tutto per 3 miliardi.
La retromarcia di Salvini sullo spread e sulla legge Fornero
Ma non finisce mica qui. Racconta infatti Repubblica che la terza retromarcia di fronte all’elettorato gialloverde sta avvenendo sulle pensioni: lo smontaggio della Fornero completo sarebbe costato 14 miliardi, da settimane si parla invece di quota 100, con il limite di una età anagrafica di 64 anni e almeno 35 anni di contributi, con un costo che scende a 3-4 miliardi. L’ambiguo senso dei gialloverdi per la spesa pubblica, emerge anche dall’introduzione sempre più frequente nei lori interventi della parola “coperture”. Si parla di tagli lineari selettivi dell’1-2 per cento per 3-5 miliardi, si punta ad un intervento una tantum sulle pensioni più alte, sopra i 5 mila euro, per recuperare mezzo miliardo, si lavora alla rottamazione (dai 2 ai 6 miliardi).
L’ecatombe delle promesse elettorali si stava già verificando da mesi: indimenticabile la sceneggiata di Salvini in campagna elettorale sul taglio delle accise da fare al primo consiglio dei ministri, mentre anche il reddito di cittadinanza del MoVimento 5 Stelle potrebbe seguire la stessa sorte.