Cultura e scienze

Lo sciopero dei docenti universitari a settembre

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-07-21

A settembre 5.444 docenti e ricercatori di 79 università italiane hanno proclamato sciopereranno per un giorno in concomitanza del primo appello della sessione d’esami autunnale. A rischio ci sono migliaia di esami (che però verranno recuperati) ma in gioco c’è lo scontro tra docenti e ministero sugli stipendi dei professori

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I professori universitari hanno annunciato di voler scioperare a settembre facendo così saltare la sessione d’esami autunnale. Ad aderire alla protesta sono oltre 5.000 tra docenti e ricercatori distribuiti in 79 atenei. Dal 1 settembre al 31 ottobre verranno cancellati gli appelli d’esame rallentando la carriera di migliaia di studenti. Lo sciopero ovviamente non è contro gli studenti ma sono loro a farne le spese. Ad indire lo sciopero è il Movimento per la dignità della docenza universitaria che in una lettera spiega le ragioni della protesta.

Perché i professori universitari scioperano a settembre

«I sottoscritti dichiarano di proclamare l’astensione dallo svolgimento degli esami di profitto nelle Università italiane durante la prossima sessione autunnale dell’anno accademico 2016-2017, precisamente nel periodo compreso tra il 28 agosto e il 31 ottobre 2017». Così nella lettera indirizzata al Ministero dell’Istruzione ai ministeri dell’Economiae a quello del Lavoro e ai Magnifici Rettori delle Università italiane. Obiettivo della protesta è ottenere l’adozione di un provvedimento di legge in base al quale le classi e gli scatti stipendiali dei Professori e dei Ricercatori Universitari e dei Ricercatori degli Enti di Ricerca Italiani aventi pari stato giuridico vengano sbloccati a partire dal 1° gennaio del 2015, anziché, come è attualmente, dal 1° gennaio 2016. Inoltre i docenti chiedono che il quadriennio 2011-2014 sia riconosciuto ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici
solo a partire dallo sblocco delle classi e degli scatti dal 1° gennaio 2015.
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Una misura estrema alla quale i docenti sono giunti dopo tre anni di sterile confronto con il governo. Certo, come tutti gli scioperi creerà qualche disagio ma i docenti precisano che non verranno cancellati tutti gli appelli ma solo il primo appello della sessione per ogni docente. In pratica i professori universitari e i ricercatori sciopereranno un giorno a testa. Gli studenti potranno iscriversi al secondo appello. E nel caso delle materie che prevedono un solo appello? «Ne chiederemo uno straordinario dopo quindici giorni» ha spiegato alla Stampa Carlo Ferraro, docente del Politecnico di Torino e coordinatore del movimento di protesta.
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Non è della stessa opinione la ministra Valeria Fedeli che non ha gradito l’annuncio dello sciopero dei docenti. «La cosa che mi ha colpito – ha detto qualche giorno fa la Fedeli – è il fatto che quattro mesi prima dichiarino uno sciopero per ottobre. Lo trovo improprio per due ragioni: per scelta, etica e stile c’è un confronto aperto, si dovrebbe negoziare e il confronto aperto con chi rappresenta anche quel mondo c’è». I professori però ribattono che sono tre anni che il canale del dialogo è aperto ma non ha portato a nulla. Nel 2014 le stesse richieste erano state fatte al governo con una lettera sottoscritta da diecimila firmatari. Nel 2015 i docenti e i ricercatori hanno indetto uno “sciopero bianco”. Ora lo sciopero vero e proprio sembra l’unica soluzione per farsi ascoltare al ministero.

Studenti contro professori?

Nonostante le rassicurazioni dei docenti molti studenti non hanno capito il senso della protesta. Al di là del diritto di sciopero c’è chi ritiene che i professori mettano a rischio il percorso di studio degli studenti universitari per “prendere 200 euro in più” nella busta paga di uno stipendio che in molti ritengono “sostanzioso” e non sempre commisurato all’impegno e alla disponibilità del docente nei confronti degli studenti. Una delle critiche è che i docenti avrebbero dovuto cercare di spiegare meglio agli studenti le loro ragioni perché così sarebbero stati dalla loro parte. Invece la decisione di scioperare è vista da molti come la decisione unilaterale di una categoria che – anche a causa del comportamento di alcuni – non è proprio amatissima.
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Del resto docenti e studenti vivono la stessa Università ma ne vedono aspetti diversi. Entrambe le categorie però soffrono per la mancanza di organizzazione e la carenza di fondi. La differenza sta nel fatto che i docenti hanno uno stipendio mentre gli studenti pagano per avere questo genere di servizio. Qualcuno però, come il Coordinamento Universitario Link, prova a gettare un ponte tra le istanze degli studenti e quelle dei professori universitari invitando tutti a fare fronte comune contro il vero “nemico” ovvero il Ministero. Anche Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil (scuola e università) appoggia la vertenza del Movimento per la dignità della docenza universitaria e chiede di cogliere l’occasione per una mobilitazione generale nell’istruzione e nella ricerca. L’anno scolastico deve ancora iniziare ma il sindacato – come ogni anno – si appresta a mobilitare i docenti e il personale scolastico salvo poi abbandonarlo, come al solito, alla fine dell’autunno.

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