Cultura e scienze
La fine degli antibiotici?
neXtQuotidiano 27/05/2016
Per la prima volta in USA trovata una persona portatrice di un batterio con un gene che lo rende resistente persino a uno degli antibiotici più potenti. Questi super-batteri sono capaci di uccidere fino al 50% dei pazienti da essi colpiti. La scoperta, scrivono gli autori, “preannuncia la comparsa di un batterio davvero resistente ai farmaci”
È allarme tra gli esperti di sanità pubblica negli Stati Uniti: per la prima volta, alcuni ricercatori hanno trovato una persona portatrice di un batterio con un gene che lo rende resistente persino a uno degli antibiotici più potenti. Il timore è che quanto scoperto rappresenti “la fine” di questa tipologia di farmaci. Stando a quanto emerso da uno studio pubblicato su Antimicrobial Agents and Chemotherapy, rivista dell’American Society for Microbiology, il batterio incriminato è stato trovato lo scorso mese nelle urine di una donna della Pennsylvania di 49 anni.
La fine degli antibiotici?
Gli esperti del dipartimento della Difesa hanno stabilito che si tratta di un ceppo di Escherichia coli resistente all’antibiotico colistina, l’ultima spiaggia a cui si ricorre per curare tipologie pericolose di “batteri da incubo”, come li hanno ribattezzati gli studiosi. Questi super-batteri sono capaci di uccidere fino al 50% dei pazienti da essi colpiti. La scoperta, scrivono gli autori, “preannuncia la comparsa di un batterio davvero resistente ai farmaci”. Per il momento i responsabili della sanità sostengono che il caso della Pennsylvania, di per sé, non sia causa di panico. Il ceppo trovato nella donna è curabile con altri antibiotici ma i ricercatori temono che il gene trovato nel batterio possa intaccare altri tipi di batteri già in grado di resistere agli antibiotici. Lo studio non dà informazioni sullo stato di salute della donna ma precisa che non ha viaggiato nei cinque mesi precedenti alla scoperta. Il governatore dello Stato dove lei vive, Tom Wolf, ha dichiarato in una nota che la sua amministrazione ha immediatamente iniziato a lavorare con il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l’ente statunitense che si occupa di salute pubblica, e con il dipartimento della Difesa per coordinare una risposta “appropriata e collaborativa”. Wolf ha promesso “le azioni necessarie per fare in modo che non diventi un problema diffuso con conseguenze potenzialmente serie”. Gli esperti del Cdc stanno lavorando con le autorità della sanità dello Stato intervistando la paziente e i suoi famigliari per identificare come possa essere stata colpita dal batterio incriminato. Il Cdc spera che così facendo si possa capire se altre persone lo hanno nel loro organismo.
I super-batteri resistenti
Uno studio del governo inglese la scorsa settimana ha lanciato un allarme sulla nascita dei cosiddetti “super batteri” resistenti agli antibiotici che potrebbero diventare, nel 2050, la principale causa di morte nel mondo. Le autorità sanitarie britanniche, su richiesta del Governo inglese, hanno condotto un’analisi sulla Antimicrobial Resistance (AMR) ovvero sul diffondersi di micro-organismi resistenti ai medicinali. Lo studio condotto da Jim O’Neill è stato pubblicato ieri (è accessibile qui) e non ci sono buone notizie. La prospettiva è che la AMR diventi, nel giro di poco meno di quarant’anni, la maggiore causa di morte. Il motivo? Da una parte i cittadini hanno preso la brutta abitudine di ricorrere agli antibiotici senza un reale motivo, ad esempio quando non sono necessari, dall’altra ci sono i ridotti investimenti delle case farmaceutiche (ma anche dei governi) nella ricerca e sviluppo di nuove generazioni di antimicrobici ed infine anche l’eccessivo utilizzo di antibiotici nell’industria della carne e in agricoltura. I capi di bestiame negli USA consumano due volte la quantità di antibiotici rispetto agli esseri umani. Come si può capire la questione non coinvolge un unico aspetto ma è multifattoriale e come tale deve essere affrontata. Il rapporto di O’Neill indica una serie di best practice che è consigliato seguire per scongiurare quello che potrebbe tramutarsi in un disastro annunciato. Si tratta di un impegno a livello globale che non può limitarsi a coinvolgere un solo governo e uno solo paese. Il primo punto è quello di far partire una campagna d’informazione per sensibilizzare la popolazione sui rischi derivanti dall’uso sbagliato degli antibiotici, questo consentirà di far durare più a lungo l’efficacia dei farmaci attualmente in circolazione in attesa che ne vengano sviluppati di nuovi. È poi necessario che i governi intervengano per migliorare le condizioni dei sistemi fognari e degli impianti di approvvigionamento idrico in modo da ridurre sensibilmente il rischio di venire a contatto con batteri e altri micro-organismi in grado di portare infezioni. È fondamentale però che nel frattempo vengano stanziati dei fondi per la ricerca di nuovi antibiotici, stiamo parlando di un fondo da almeno due miliardi di dollari destinato a finanziare le prime fasi della ricerca per nuovi antibiotici in grado di combattere le infezioni da “super batteri”.