ESCLUSIVA – L’italiano in ostaggio nella Kherson invasa dai russi: “Non possiamo lasciare la città”

di Massimiliano Cassano

Pubblicato il 2022-03-10

Giovanni Bruno è un marittimo di Pozzallo – in Sicilia – rimasto a Kherson, in Ucraina, città ormai caduta in mano all’esercito russo. Non ci sono vie di fuga, e – racconta a Next – i supermercati iniziano a svuotarsi

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Scappare da Kherson, oggi, è praticamente impossibile: chi ci è riuscito lo ha fatto prima del 24 febbraio, giorno dell’invasione della Russia. Già da quel pomeriggio, l’esercito di Mosca ha circondato la città, creando checkpoint lungo le principali vie di fuga, con gli uomini in uniforme pronti a sparare su qualsiasi mezzo che tenti di prendere la strada verso la libertà. “Si potrebbe passare per Mykolaiv, da lì poi per Odessa, e a quel punto la Moldavia dista circa 60 chilometri”, spiega Giovanni Bruno, marittimo originario di Pozzallo, sposato con una donna ucraina. Contattato da Next, ha raccontato dall’abitazione dei suoi suoceri nella città lungo il fiume Dnepr, a nord-ovest della Crimea, i giorni di tensione e le difficoltà quotidiane che nascono dall’abitare in un luogo – ormai diventato fantasma – caduto in mano all’invasore.

Quanti siete, e quali sono le urgenze in questo momento?

In casa ci siamo io, mia moglie, nostra figlia di 22 mesi, e i miei suoceri. Stanno tutti bene, ma siamo spaventati. Mia moglie ha problemi alla tiroide e ha finito le medicine, tutti i giorni passiamo in farmacia a chiedere se sono arrivati ma la risposta è sempre la stessa. Con lei esco di casa al mattino presto in cerca di qualcosa di fresco, come uova, latte, per la bambina. Ma i supermercati sono vuoti, non arriva niente. Oggi ce n’era soltanto uno aperto, della catena più diffusa in Ucraina, siamo riusciti a prendere soltanto della farina. L’unica cosa che non manca sono gli alcolici, ma c’è il divieto di venderli, il motivo non lo conosco.

Come vi arrivano le informazioni?

Abbiamo un gruppo Whatsapp con il quale comunichiamo con uomini del ministero degli Esteri, ma le informazioni sono poco chiare. Chiediamo insistentemente al sindaco, al vicesindaco, notizie di eventuali corridoi umanitari, ma nulla, non lo sanno neanche loro. Però sappiamo che sono in contatto con i russi. Fino a qualche giorno fa avevamo la tv, mostravano i discorsi di Zelensky e le immagini dei bombardamenti. Poi abbiamo perso il segnale wi-fi, adesso siamo connessi soltanto grazie alle sim.

Come si è trasformata la città?

Prima c’erano grossi mercati in strada, ora soltanto se c’è qualcuno al quale è rimasta qualche verdura prova a venderla. Un palazzo è stato bombardato, anche qualche abitazione più in periferia. Ci sono file agli sportelli dei bancomat, perché le poche cose che si riescono a comprare si possono pagare soltanto in contanti. Ma uscire in strada è pericoloso, abbiamo paura di fare la fine che hanno fatto gli abitanti di Kharkiv

Avete sentito i bombardamenti?

In lontananza sì, non li abbiamo mai visti fortunatamente. Quando iniziano a sentirsi le esplosioni scappiamo giù per le scale, abitiamo al settimo piano, con la bambina e i suoceri. C’è un rifugio, ma è al livello della strada, è umido, freddissimo. Dopo esserci stato mi sono anche ammalato, ho avuto la febbre oltre i 40 gradi

Scappare non è una soluzione…

I russi non fanno entrare né uscire la gente, ci sono militari ai posti di blocco che non si fanno problemi a sparare. Questa mattina abbiamo sentito di un uomo al quale hanno “solo” sparato nel motore dell’auto. Militari ucraini invece hanno rotto la ferrovia nella città in cui siamo. C’è un treno militare russo con la Z, stanno riparando i binari per poter passare.

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