In una sola sera Fedez ha fatto più “cose di sinistra” che la sinistra negli ultimi vent’anni

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-05-02

La cosa più bella del suo Primo maggio Fedez non l’ha fatta sul palco ma 24 ore prima, al telefono con i vertici di Rai3, mettendo tragicamente a nudo la banalità del male di una censura di una politica retrograda e decadente

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La cosa più bella del suo Concertone Federico Lucia in arte “Fedez” non l’ha fatta sul palco ma 24 ore prima, al telefono, di fronte ai vertici di Rai3 che gli chiedono – anzi, gli impongono – letteralmente di “adeguarsi a un sistema”, gli dicono che “non può fare nomi e cognomi”, che “non è editorialmente opportuno”. E lui, a quel punto, fa qualcosa che ormai quasi nessuno, in nessun ambito, fa più: non si piega. Non si lascia irretire. Non chiede il permesso. Non elemosina il diritto di dire quello che pensa. Si ribella, risponde punto su punto, replica ad ogni contestazione, ribalta le accuse, si inc****, li incalza, fa domande a cui nessuno di quei paggetti di un potere retrogrado e decadente sa rispondere, semplicemente perché non esiste una risposta degna di questo nome.

Ma Fedez fa anche qualcosa in più: filma tutto, perché di quella telefonata rimanga traccia, perché si sa come va a finire poi con le censure, con una breve nota di smentita a tarda notte e buonanotte ai suonatori: la mia parola contro la tua. La tua versione contro la mia. E ognuno si faccia la sua personale opinione, secondo le sue convinzioni, le sue ideologie, i suoi pregiudizi. E invece no, questa volta no, perché Fedez ha registrato tutto e lo manda sui social ai suoi milioni di follower, smentendo una dopo l’altra la ricostruzione di Rai3. La censura non solo c’è stata, ma è avvenuta esattamente nelle forme e nei modi in cui ti aspetteresti che avvenisse: goffamente, balbettando, in modo grigio, burocratico, con l’aria di chi sta eseguendo ordini dall’alto che non capisce e di cui non è tenuto a chiedersi il significato. L’Italia in una telefonata. Non c’è una logica razionale, non c’è una singola ragione raccontabile a un’opinione pubblica non del tutto narcotizzata o acefala che giustifichi il fatto di impedire a un artista di esprimere le sue idee in modo civile su un palco, senza offendere nessuno, senza insultare.

Ed è esattamente quello che Fedez farà. Si presenta sul palco del Concertone, prende in mano un microfono, guarda fisso la luce rossa della telecamera e, per 3 minuti e 55 secondi, riporta fatti, dichiarazioni, citazioni, nomi, cognomi, date, sigle, partiti (o, meglio, il partito, sempre quello). In quel momento è un uomo di 31 anni che si assume la responsabilità morale, politica, civile, persino economica delle sue parole e delle sue azioni, in un Paese in cui nessuno – in primis la politica – si assume più una sola responsabilità. In una sola sera Fedez ha fatto più cose di sinistra dell’intera sinistra negli ultimi vent’anni. Ecco perché mezza Italia – e pure qualcosa di più – in questo momento lo ringrazia e lo esalta come fosse un eroe. Non (solo) per le meravigliose parole di apertura e di rispetto dei diritti che ha pronunciato. Non (solo) per la dignità e la rabbia – che è la rabbia di tutti noi – con cui ha reagito a un imbarazzante tentativo di censura. Ma semplicemente perché non eravamo più abituati.

 

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