Il Festival internazionale del film Locarno

di Mauro Sabbadini

Pubblicato il 2015-08-07

Si è aperto all’insegna di Hollywood “Il più grande dei piccoli festival e il più piccolo dei grandi festival”. Da qui alla fine nelle diverse rassegne e retrospettive passeranno circa 250 film

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Si è aperto mercoledì all’insegna di Hollywood il sessantottesimo Festival Internazionale del Film Locarno o, come veniva soprannominato quando ancora non c’era un festival del film quasi in ogni città “Il più grande dei piccoli festival e il più piccolo dei grandi festival”.
 
LOCARNO ALL’INSEGNA DI HOLLYWOOD
All’insegna di Hollywood per la presenza di Edward Norton, venuto a ritirare l’”Excellence award 2015”, uno dei tanti premi alla carriera che il festival conferisce ogni anno, ma anche per l’anteprima mondiale dell’ultimo film di Jonathan Demme, “Ricki and The Flash” con Meryl Streep e Kevin Kline, ma già nel primo giorno e mezzo di proiezioni il festival ha confermato la sua vocazione cosmopolita, proponendo film e protagonisti dalle più diverse cinematografie. Seguendo un ordine strettamente cronologico è stato comunque proprio Edward Norton ad aprire informalmente il festival qualche ora prima dell’inaugurazione, presentando in una proiezione pomeridiana “Fight Club”, film cult a cui deve molta della sua popolarità internazionale e che è stato proiettato all’auditorium FEVI alle 14, di fronte a molte centinaia di spettatori tutt’altro che dissuasi dall’orario piuttosto scomodo o dai 35 gradi di temperatura esterna. Norton si è presentato anche in Piazza Grande, la sera dell’inaugurazione, e in conferenza stampa giovedì pomeriggio ma indubbiamente la proiezione del film di David Fincher è stato il momento del vero e proprio bagno di folla, salutato anche da un fuoriprogramma abbastanza sorprendente in cui una fan non giovanissima è riuscita ad eludere il servizio d’ordine per raggiungere il suo idolo sul palco “per regalarmi una foto di me stesso?” come ha commentato, piuttosto divertito, l’attore.
 
LA PRESENTAZIONE
Il 5 agosto comunque, oltre all’abbraccio di Locarno ad Edward Norton, ha visto l’avvio e la presentazione del festival, segnata anche dagli interventi programmatici degli organizzatori, e dei promotori: Alain Berset, ministro della Cultura e dell’Interno del governo federale Svizzero ha voluto essere presente di persona, e non è la prima volta, e ha pronunciato un breve intervento tutto a favore dell’apertura internazionale del cinema e del ritorno della Svizzera nei programmi europei di sostegno al Cinema, dopo che un referendum nei mesi scorsi ha di fatto reciso le collaborazioni legate ai progetti culturali tra la Svizzera e l’Unione Europea. Marco Solari, Presidente del Festival, ha centrato come sempre il suo intervento di apertura sui valori del Festival: la Libertà di espressione e l’indipendenza da qualsiasi condizionamento, valori che sono a suo parere la vera differenza tra un evento che fa cultura in senso proprio e una semplice rassegna di film più o meno buoni. Alle 21:30 l’apertura ufficiale del Festival, nella consueta e straordinaria cornice della Piazza Grande,che è probabilmente anche uno dei più grandi ed eccezionali cinema all’aperto del mondo, con il film di Jonathan Demme in anteprima mondiale e la consegna del premio a Edward Norton.

 Il Festival Internazionale del film Locarno – foto di Mauro Sabbadini


I RICONOSCIMENTI
La Piazza, oltre che centro del Festival e platea su cui scorrono e vengono giudicati i film che concorrono al Premio del Pubblico, ospita quasi ogni giorno una premiazione, così dopo Norton il 5 agosto, il 6 è stata la volta di ben due riconoscimenti: Marlen Khutsiev, grande regista georgiano ancora in attività a 90 anni compiuti, ha ricevuto un Pardo D’Onore, mentre il Premio Raimondo Rezzonico, destinato ai migliori produttori, è stato consegnato a un collettivo che deve il suo nome a un famoso regista: Il “Kitano Office” infatti non deve la sua fama solo alle opere del suo famoso fondatore ma anche a un gran numero di coproduzioni internazionali realizzate in diversi paesi del mondo. Al di là della cronaca comunque, tra il 5 e il 6 agosto, si è cominciato anche a vedere il cinema e hanno preso l’avvio entrambi i concorsi principali, che assegnano i due “Pardi d’Oro” del Festival: il concorso internazionale e “Cineasti del presente”, la rassegna più specificamente dedicata al cinema d’attualità e ad autori e cinematografie giovani. Da qui alla fine del Festival, nelle diverse rassegne e retrospettive passeranno circa 250 film, quelli sopravvissuti a una selezione che, secondo la direzione, ne ha presi in esame oltre dieci volte tanti, ma di qualcuno si può già parlare visto che le prime proiezioni hanno già fatto vedere qualcosa di interessante.
Ricki and the Flash
Jonathan Demme USA · 2015 ·
Con Meryl Streep e Kevin Kline, film d’apertura in Piazza Grande, in prima mondiale.
Ricki è una signora di mezza età che, in un condizione economica e familiare precaria, gioca con la speranza di poter ancora diventare una rock star alla guida della sua band, i “the Flash” del titolo. Nel concentrarsi sulla carriera Ricki ha quasi perso ogni contatto con l’ex marito e i tre figli, ai quali riesce a riavvicinarsi quasi per caso, quando un momento di depressione della figlia induce l’ex marito (Kline) a chiederle di andarli a trovare. La trama del film è tutta qui, la sostanza delle quasi due ore di proiezione è riempita dai rapporti fra Ricki e i suoi familiari, interpretati come simboli di una scelta di vita che, attraverso il sogno del successo ad ogni costo, induce la protagonista a una vita a forte rischio di inconsistenza. Dalla quale però, naturalmente, ci si può salvare con i rapporti umani e la sincerità. Il film è piaciuto al pubblico di Piazza Grande, meno ai critici, ed anche se si tratta senz’altro di un bel prodotto sul piano tecnico ed estetico, pare anche un film molto formale e con poche cose originali da mostrare.
La Belle Saison
Di Catherine Corsini Francia · 2015 
Ha avuto la seconda serata della Piazza, quella del 6 agosto. La “bella stagione” del titolo è un’estate, quella del 1972, ma anche un periodo nella vita delle due protagoniste del racconto Delphine e Carole che, nei pochi mesi di quella stagione, giocano le proprie vite in una storia d’amore difficile e segreta. Delphine vive in un villaggio di campagna, dove è costretta a tenere nascosta la propria omosessualità, quando ne fugge per cercare una nuova vita a Parigi incontra Carole e l’incontro segnerà per sempre la vita di entrambe, felice anche se precaria nella grande città, ma sempre più difficile nel momento in cui le due si trovano forzate a trasferirsi nella fattoria di Delphine al villaggio.
Una commedia sentimentale quindi, diretta dalla Corsini con grande delicatezza e attenzione alla costruzione dei personaggi e dei rapporti sociali. Un film che ha commosso il pubblico e strappato, alla fine, un lungo applauso dal pubblico della Piazza.
 
FRATELLO DEJAN
Dal concorso internazionale segnaliamo “Brat Dejan” (Fratello Dejan), coproduzione russo – serba, che racconta la storia dell’ultimo anno di vita di Dejan, un ex generale yugoslavo, che si nasconde nelle campagne della Serbia per evitare l’estradizione presso il tribunale dell’Aja dove lo aspetterebbe un processo per crimini di guerra. Il regista Bakur Bakurdze, mette in scena la vita di Dejan con piglio quasi documentario ma con grande attenzione alla descrizione psicologica del protagonista, di cui mostra l’odissea di fuggitivo parallelamente al progressivo decadimento psichico e morale, col sopraggiungere della depressione e della malattia. Il viaggio del generale Dejan verso l’oblio è accompagnato da flashback di ricordi, visti attraverso gli occhi del protagonista che quindi ricostruiscono in modo incoerente e parziale, contribuendo a dare una studiata dimensione onirica a diverse sequenze. Un film interessante e bello, anche se dai ritmi piuttosto lenti, alla fine del quale però rimane la perplessità di avere seguito un pezzo di una storia estremamente tragica schierandosi, in qualche modo, dalla parte del protagonista che è pur sempre un criminale di guerra ricercato ( e nei cui flashback non compaiono mai ricordi dei crimini di cui è accusato). Il fatto che la coproduzione sia una joint venture russo-serba lascia aperto lo spazio al sospetto che, nelle intenzioni dei produttori, potessero esserci anche scopi propagandistici. Ad aprire i cineasti del presente invece va segnalato un breve (67 minuti) ma bellissimo film del ventinovenne argentino Benjamin Naishtat “El Movimiento” è un film in bianco e nero che racconta della Patagonia del 1859, percorsa da una feroce guerra civile e da una terribile pestilenza. In questo contesto di disperazione e di indicibile violenza (che il film mostra, con ironica eleganza, ma anche con brutalità), un fantomatico “movimento” pretende di proporre ai campesinos la soluzione dei loro problemi. Però, anche se tutte le diverse bande armate che percorrono la Patagonia dichiarano di farne parte, il movimento non sembra avere alcuno scopo e alcuna consistenza e, anzi, i diversi signori della guerra e predoni che vi si richiamano paiono presi ciascuno dalla propria battaglia personale quando non dalla violenza fine a se stessa. Nel finale il regista dà un crescente senso politico al suo film, mostrando il consenso delle masse verso i predoni che si nascondono dietro un oscuro ideale politico e realizzando un improvviso e significativo salto al presente. Purtroppo una pellicola che ha scarse probabilità di finire nei circuiti commerciali.

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