L'iceberg che si è staccato dalla piattaforma Larsen C

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-07-12

Un iceberg da record (ma non il più grande) si è staccato dalla piattaforma glaciale Larsen C nella penisola Antartica. Per il momento non c’è alcun rischio per l’innalzamento del livello dei mari e per quanto impressionante non è un evento catastrofico

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Un iceberg del peso di mille triliardi di tonnellate si è staccato dalla piattaforma Larsen C in Antartide. L’iceberg, che sarà chiamato A68, è grande quanto la Liguria e ha un’estensione pari a 5.800 chilometri quadrati ed il suo spessore varia tra i 200 e i 600 metri. Secondo il Project Midas, che da tempo monitora Larsen C, il distacco è avvenuto tra il 10 e l’11 luglio. L’iceberg A68 stava già galleggiando al momento in cui si è separato dalla piattaforma e quindi non ci sarà alcuna variazione sul livello del mare.

La nascita dell’iceberg della piattaforma Larsen C

Si tratta di uno dei più grandi iceberg mai osservati. A68 ha avuto origine da una frattura lunga 200 km e rappresenta il 12% dell’intera superficie della piattaforma Larsen C. La piattaforma glaciale è la quarta per dimensioni tra quelle antartiche.  Il distacco è stato osservato anche dal satellite Copernicus Sentinel 1-B dell’ESA che ha monitorato l’evoluzione della spaccatura nella piattaforma glaciale dalla quale ha avuto origine il gigantesco iceberg che ha una superficie che è doppia di quella del Lussemburgo. La Larsen C è la più meridionale (e la più grande) di tre piattaforme indicate con le lettere A, B e C: la prima si è staccata nel 1995, la seconda è parzialmente crollata nel 2002.
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L’iceberg emerge dalla superficie dell’Oceano per un’altezza di circa 30 metri e il volume della quantità d’acqua che contiene è pari a tre volte quella del lago di Garda. Il distacco dell’Iceberg non giunge però inaspettato, sono diversi anni che i ricercatori di Swansea, coadiuvati dall’ESA, osservavano l’estendersi della frattura che solo nel mese di gennaio ha percorso 20 km. Nell’ultimo mese l’iceberg era collegato alla piattaforma Larsen C solo da una sottile lingua di ghiaccio lunga appena quattro chilometri e mezzo.


La creazione di questa montagna di ghiaccio – spiega all’ANSA il glaciologo dell’ENEA e presidente del Comitato glaciologico italiano Massimo Frezzotti – non rappresenta di per sé un evento catastrofico. Ad ogni modo si tratta di un «segnale significativo di un processo che si è avviato da tempo e bisognerà vedere l’andamento della situazione nei prossimi anni».


Dove andrà a finire questo gigantesco iceberg?

Per quanto le sue dimensioni siano imponenti l’iceberg non è il più grande mai osservato e – spiega il glaciologo Adrian Luckman – non rappresenta un rischio per l’innalzamento dei livelli degli oceani. A sorprendere gli scienziati è stata l’evoluzione piuttosto repentina delle ultime fasi della frattura. Il distacco infatti è avvenuto un po’ prima del previsto. La nascita di questo nuovo iceberg ha cambiato per sempre l’aspetto della penisola Antartica anche se la piattaforma Larsen C rimane per la maggior parte integra con i suoi 50.000 km quadrati di estensione attuale.
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È molto più difficile invece prevedere l’evoluzione dell’iceberg e soprattutto la sua traiettoria di “navigazione”. Gli studiosi del MIDAS spiegano che potrebbe rimanere nell’area per diversi anni, addirittura decenni.


C’è anche l’eventualità che l’iceberg possa rompersi in pezzi più piccoli (relativamente) e che questi iceberg possano poi essere spinti dalle correnti più a nord verso le acque più calde.

Un campanello d’allarme per il riscaldamento globale?

In un articolo pubblicato su The Conversation Luckman, che guida il team del Project MIDAS dell’università di Swansea, spiega che collegare il distacco dell’iceberg al surriscaldamento globale è un modo troppo semplicistico di parlare della questione. Innanzitutto si tratta di un fenomeno naturale al quale vanno incontro normalmente i ghiacci antartici. In secondo luogo non è possibile (e sarebbe sbagliato farlo) al momento collegare il fenomeno con l’aumento delle temperature. I dati satellitari, spiega Luckman, mostrano che la frattura sulla piattaforma Larsen C si stava creando già da diversi anni e risale addirittura agli anni Ottanta.

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Fonte: BBC via Twitter.com

Secondo Luckman l’aumento delle temperature non ha molto effetto alle grandi profondità raggiunte dai ghiacci antartici. È quindi improbabile che l’azione dell’uomo sul clima sia responsabile del distacco della montagna di ghiaccio dalla piattaforma Larsen C. Questo ovviamente non significa che il riscaldamento globale non esista o che non abbia degli effetti sull’ecosistema. Solo che collegare il global warming a questo specifico fenomeno sarebbe sbagliato.
Foto copertina credits Swansea University via ESA

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