Attualità
I soldi per le beatificazioni nei conti dello IOR
Alessandro D'Amato 05/11/2015
Un’indagine della procura di Terni ipotizza il trafugamento di documenti che raccontavano il pagamento di tangenti per le cause di canonizzazione e beatificazione della Chiesa cattolica. I conti dei postulatori nella banca vaticana e l’ipotesi di dossieraggio sulla vita privata dei cardinali
La parola chiave è avvocato postulatore, o più semplicemente postulatore. I postulatori sono coloro che istituiscono le cause di canonizzazione e beatificazione presso la Chiesa cattolica, ovvero promuovono le canonizzazioni e le beatificazioni. Non ci vuole molto a comprendere che da loro dipende il buon esito di una causa di canonizzazione e beatificazione: il lavoro può durare anni oppure meno, non ci sono tempi fissi. Ma qualcuno più bravo c’è. E secondo le risultanze della procura di Terni che coinvolge l’esperta di pubbliche relazioni Francesca Immacolata Chaouqui e suo marito Corrado Lanino – indagati per estorsione e intrusione informatica – c’è una rete (che non necessariamente c’entra con l’indagine per estorsione e intrusione informatica) che riguarda lo IOR e le cause di canonizzazione.
I soldi per le beatificazioni nei conti dello IOR
Ci sarebbero infatti un centinaio di conti presso l’Istituto per le Opere Religiose ancora cifrati, ovvero che non hanno come intestazione un nome e cognome. Tra questi, ce ne sarebbero alcuni riferibili ai postulatori che istituiscono le cause di beatificazione.
Tra i documenti trafugati ci sarebbero proprio quelli che parlano di soldi versati per «pilotare» i fascicoli. Vere e proprie tangenti transitate su quei conti finiti adesso al centro dell’attenzione. Non solo. Le carte ricostruiscono anche i rapporti con i religiosi che hanno il compito di gestire le pratiche, quelle con gli esperti medici chiamati a fornire il loro parere — talvolta decisivo — sui casi esaminati. E adesso si sta cercando di scoprire come siano state utilizzate, quale percorso abbiano fatto in un quadro illecito che non appare ancora ben delineato. Perché sono centinaia i documenti trafugati ma soltanto una minima parte è stata resa pubblica. (Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera, 5 novembre 2015)
E la storia sarebbe ancora più grossa. Perché sempre tra i documenti trafugati ci sarebbero dossier sulle vite di uomini della Chiesa, comprendenti anche particolari non propriamente edificanti. Tutti documenti che però non farebbero parte dei documenti utilizzati per i due libri di Fittipaldi e Nuzzi che hanno fatto incazzare il Papa. E i conti secretati dello IOR nasconderebbero anche altri proventi illeciti.
L’indagine sullo IOR
Lo Ior (Istituto per le opere di religione) risponde direttamente al papa ed ha un patrimonio di 5 miliardi di euro. Formalmente lo Ior non fa parte della Santa Sede, anche se la sua sede è nella Città del Vaticano ed è stato creato con un chirografo (documento autografo) papale. La distinzione è sottile, ma reale, nel senso che i fondi in esso depositati non sono della Santa Sede, esso ha bilanci propri ed una sua amministrazione. Per la banca vaticana, intanto, si avvia a chiusura l’inchiesta della procura di Roma che ipotizza l’abusiva raccolta di risparmio, abusiva attività bancaria e abusiva attività finanziaria. Gli avvisi di conclusione delle indagini saranno notificati all’ex direttore generale Paolo Cipriani e al suo vice Massimo Tulli: secondo i pm, l’istituto ha operato in Italia per 40 anni, fino al 2011, senza l’autorizzazione della Banca d’Italia. Oltretevere è aperto poi un altro fronte d’inchiesta, rivelato martedì dalla Reuteurs e ieri confermato da Lombardi: l’Ufficio del Promotore di Giustizia, a seguito di un rapporto dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif) sta indagando da febbraio su “operazioni di compravendita di titoli e transazioni riconoducibili a Giampietro Nattino”, presidente di Banca Finnat Euramerica Spa, che ieri ha ribadito la propria “massima correttezza”. L’Ufficio, ha riferito il portavoce vaticano, ®ha richiesto la collaborazione dell’autorità giudiziaria italiana e svizzera mediante lettere rogatorie inoltrate il 7 agosto 2015. Il sospetto è che il banchiere abbia usato conti dell’Apsa, che amministra il patrimonio della Santa Sede, per transazioni personali con un saldo di oltre due milioni di euro poi spostati in Svizzera.