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La Dichiarazione di Italia, Malta, Cipro e Grecia: delusione per il meccanismo di ricollocamento delle persone migranti
neXtQuotidiano 13/11/2022
I ministri dell’Interno di Italia, Malta, Cipro e il ministro della migrazione e dell’asilo della Grecia hanno firmato una dichiarazione congiunta sui flussi migratori
I ministri dell’Interno di Italia, Malta, Cipro e il ministro della migrazione e dell’asilo della Grecia hanno firmato una dichiarazione congiunta sui flussi migratori in quanto «Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale». Questo determina, come si legge nella dichiarazione, che questi Paesi «si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’Unione europea».
Dichiarazione congiunta sui flussi migratori, il “meccanismo di relocation” delle persone migranti non soddisfa Italia, Malta, Cipro, Grecia
In particolare, la dichiarazione congiunta definisce «increscioso e deludente» il modo in cui il meccanismo di relocation temporaneo e volontario, approvato il 10 giugno 2022, è stato applicato dalla maggior parte dei Paesi europei. «Il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno. Inoltre, a tutt’oggi il meccanismo si è dimostrato lento nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato» si legge nella dichiarazione congiunta pubblicata ieri.
I Paesi che hanno sottoscritto la Dichiarazione congiunta non possono essere «gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private». Nella Dichiarazione si legge infatti che il «modus operandi» delle «navi private», quindi quelle delle ong, «non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata. Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera».
Un portavoce del ministero dell’Interno spagnolo ha detto all’ANSA che la Spagna «condivide con i suoi partner mediterranei la necessità di istituire un meccanismo per un’equa distribuzione delle responsabilità tra i Paesi dell’Unione europea in materia di migrazioni» ma «non può sostenere proposte che premierebbero i Paesi che non rispettano i loro obblighi in termini di diritto marittimo internazionale e che andrebbero a discapito di quelli che, come la Spagna, rispettano i loro obblighi internazionali e salvano vite con risorse pubbliche».