Economia

Tutti i prossimi Mercatone Uno che aspettano Di Maio

Giovanni Drogo 28/05/2019

Il bisministro e vicepremier è “sotto processo” da parte dei pentastellati perché ha perso le elezioni europee. Ma il M5S non ha nulla da dire invece sulla gestione “assente” di Di Maio per quanto riguarda i tavoli di crisi industriale? Al MISE ce ne sono 138 aperti ma tra campagne elettorali e doppi incarichi non sembra che Di Maio sia in grado di affrontare tutti i dossier

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Da quando è stato nominato ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo Economico non è che Luigi Di Maio abbia brillato per la capacità di risolvere in maniera tempestiva ed efficace le tante crisi aziendali del nostro Paese. Nel MoVimento 5 Stelle forse c’era pure qualcuno che pensava che il Capo Politico stesse lavorando sodo per conquistare una valanga di voti. Ora che è chiaro a tutti (dopo le regionali e dopo le europee) che Di Maio i voti li ha persi si scopre che al MISE c’è parecchio lavoro arretrato.

Non c’è solo Mercatone Uno: tutte le crisi aziendali che Di Maio non sta affrontando

A far esplodere la bomba è stata la comunicazione via WhatsApp con la quale i 1.800 dipendenti della Mercatone Uno sono venuti a sapere del loro licenziamento. Ma il crack di quella che viene chiamata “l’Ikea italiana” non è l’unico tavolo di crisi aperto al MISE per le aziende italiane in difficoltà. A inizio gennaio l’ANSA informava che complessivamente i dossier aperti sul tavolo del bisministro comprendevano 138 tavoli di crisi per un totale di 210 mila dipendenti coinvolti, senza contare i lavoratori dell’indotto. Si va da Alitalia a Piaggio Aerospace passando per la Sider Alloys – l’ex Alcoa di Portovesme – e le Acciaierie di Terni. Ma ci sono anche Bombardier, Ferrosud, Gruppo Natuzzi, Blutec. E il Ministero non sembra per ora interessato alle sorti degli ex dipendenti Valtur.

di maio mercatone uno tavoli di crisi - 1

Cosa sta facendo Di Maio per trovare una soluzione? Non molto, visto che Mercatone Uno gli è scoppiato letteralmente sotto il naso. Nessuno sta dicendo che la crisi dell’azienda è colpa del vicepremier ma senz’altro è mancata la vigilanza. E così si potrebbe dire per altre crisi aziendali. La ragione va cercata anche nella cacciata del responsabile della task force di gestione delle crisi aziendali. Al suo arrivo al Ministero Di Maio ha defenestrato – non rinnovando il contratto – Giampiero Castano, uno che era lì da 11 anni e che aveva lavorato con otto ministri diversi. Comprensibile che nel passaggio delle consegne qualcosa si sia perso, in fondo ci sono vertenze che si trascinano da anni ed è difficile recuperare tutto il pregresso in tempi brevi. Anche perché ora a presiedere i tavoli di lavoro c’è il Vice Capo di Gabinetto Giorgio Girgis Sorial ingegnere con Master in Business Admnistration che soprattutto è un ex deputato M5S trombato alle ultime elezioni.

Sindacati e lavoratori non riescono a parlare con il Ministero

Anche qui niente di male, in fondo un ministro ha tutto il diritto di circondarsi di persone di sua scelta. Il problema però è che ultimamente il MISE è sembrato fin troppo assente. Ad esempio ad inizio maggio il leader della FIM-CISL Marco Bentivogli parlando dell’ex-Alcoa ha detto che Di Maio non si era nemmeno presentato all’incontro con i lavoratori perché era impegnato a fare campagna elettorale. A febbraio sempre Bentivogli si lamentava della difficoltà di avere un’interlocuzione con il Ministero: «oggi a fatica ti rispondono al telefono».

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Non si tratta di un caso isolato. Qualche giorno fa i lavoratori Aferpi e Piombino Logistics hanno diramato un comunicato dove facevano notare come «a quasi un anno dall’arrivo del nuovo Gruppo Jindal ribadiamo per l’ennesima volta che è inconcepibile che non si sia ancora fatto un incontro da parte dei massimi vertici del Governo con i massimi vertici della nuova proprietà» per valutare il progetto di rilancio dell’area. E forse il problema è tutto qui: al MISE Di Maio latita e non è il solo visto che Salvini invece non si fa vedere spesso dalle parti del Viminale. I lavoratori, soprattutto quelli sull’orlo del licenziamento o in cassa integrazione potrebbero però iniziare a chiedersi cosa stia facendo Di Maio per il Paese, perché loro magari i voti al M5S li hanno dati, ma senza ottenere nulla in cambio.

Leggi sull’argomento: Cosa vuole fare Salvini con la ricchezza privata italiana?

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