Corrado Augias e la foto di Fortuna Loffredo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-05-07

L’editorialista si difende su Repubblica dopo le polemiche sulla frase a Ballarò sui fatti di Caivano

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Corrado Augias si difende su Repubblica dopo le polemiche scaturite dalla frase su Fortuna Loffredo e i suoi capelli pronunciata a Ballarò, che ha scatenato polemiche e una minaccia di querela per diffamazione da parte dei genitori della bambina morta.

Scrive Augias:

Per alcune generazioni i figli hanno vissuto meglio dei genitori, l’ascensore sociale ha funzionato, è cresciuto il livello dell’istruzione, dell’alimentazione, il benessere. L’agguato è che di questo diffuso desiderio, della spinta che rappresentava, dei sacrifici che milioni di persone erano disposte ad affrontare perché si realizzasse, si è prontamente impadronita la pubblicità, motore dei nostri consumi, arbitra delle nostre scelte. Così l’infanzia si è nuovamente inabissata. Perché la pubblicità, e la moda che gli è compagna, vogliono che tutti consumino, di più e il più in fretta possibile, vogliono consumatrici in erba, non importa di quale età o condizione, le bambine meglio dei bambini perché il modello femminile ha bisogno di più complementi, vuole trucchi, abiti, scarpette, accessori; vuole atteggiamenti e sorrisi, compresi quelli ammiccanti da esibire durante una sfilata di modelle decenni che sembrano uscite da un catalogo di Barbie, la bambolina d’età non a caso indefinita. Privati della loro essenza infantile i bambini rischiano di essere percepiti da una mente malata, o solo abietta, come merce, cose da usare a piacimento. Nel 1996 a Boulder, Colorado, venne trovato nella cantina della casa di famiglia, il cadavere di JonBenét Patricia Ramsey, sei anni. Era molto graziosa, avrebbe potuto continuare a lungo a giocare con indosso un grembiule sporco di terra e le ginocchia sbucciate.
Invece i genitori l’avevano spinta a fare la modella, partecipava ai concorsi di bellezza dove del resto arrivava spesso prima. Molti l’avevano notata, compreso il suo assassino. Non c’è solo l’agguato della pubblicità o della moda ma anche quello degli orchi che aspettano le loro vittime nel buio delle loro menti ottenebrate e possono nascondersi ovunque: in un sobborgo o in una sacrestia. La tragedia di JonBenét accadeva in quello strano paese che sono gli Stati Uniti dove la religiosità è molto intensa, quando c’è, ma può anche essere del tutto assente. Noi siamo un paese diverso – forse ancora più strano – nel quale il senso del sacro può esserci e non esserci nello stesso tempo, ridursi a sembianza insignificante, idolo, soprammobile, si tratti di una madonna o di un santo: coltiviamo la banalità del sacro. Questo complica la lettura dei fatti, aumenta lo stridore tra elementi che non dovrebbero essere così vicini. La foto di Fortuna e di sua madre raccontava questa storia, racchiudeva lo strazio di ogni infanzia interrotta per fretta, ingenuo desiderio di rivalsa, speranza, sogno. Mentre l’orco, subito fuori della porta, aspettava il suo momento. Nessun adulto a Caivano ha mai denunciato l’orco, solo altri bambini. Nel 1968 Elsa Morante pubblicò una bella raccolta di poesie dal titolo “Il mondo salvato dai ragazzini”. Appunto.

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