Coronavirus: cosa vuol dire che tutti i contagiati sviluppano gli anticorpi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-05-01

Nei due coronavirus precedenti (la Sars del 2002-3 e la Mers del 2012), i guariti restavano immuni per uno o due anni. C’è una fondata speranza che sia così anche per il virus di oggi. Ma è ancora troppo presto per avere una risposta sicura

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Il 100% dei contagiati dal Coronavirus SARS-COV-2 e malati di COVID-19 sviluppa gli anticorpi. Un gruppo cinese dell’università di Chongqing lo ha osservato in un gruppo di 63 malati, pubblicando i suoi risultati sulla rivista scientifica Nature Medicine. Repubblica spiega oggi che il primo significato di questa scoperta è che la nostra capacità di rintracciare nel sangue esattamente gli anticorpi prodotti contro il Coronavirus si sta affinando, grazie a test molto sensibili e affidabili.

«Addirittura la rilevazione è avvenuta prima che alcuni pazienti diventassero positivi al tampone» nota Sergio Romagnani, professore emerito di Immunologia all’università di Firenze. Questa è una buona premessa per le campagne di screening con i test sierologici, che fino a ieri non raggiungevano la sensibilità del 100%. Non erano cioè capaci di rilevare la presenza degli anticorpi in tutte le persone che erano entrate a contatto con il virus.

I test sierologici ci serviranno per capire quante persone sono state contagiate, inclusi i pazienti non sottoposti al tampone e i positivi asintomatici. Questi ultimi, secondo una stima dell’Istituto superiore di sanità, dovrebbero essere circa il 30% degli infetti. I calcoli basati sulla statistica fatti dal San Raffaele di Milano suggeriscono che il 4% degli italiani sia stato contagiato, con punte del 13% in Lombardia. Ma solo l’indagine sierologica nazionale che partirà il 4 maggio su un campione di 150 mila italiani ci fornirà il dato preciso.

regioni riaperture differenziate 18 maggio
La mappa del contagio regione per regione (Corriere della Sera, primo maggio 2020)

La seconda osservazione che nasce dallo studio di Nature è che gli anticorpi prodotti dal 100% dei pazienti potrebbero dare immunità, cioè proteggere da una nuova infezione. Su questo secondo punto, però, non abbiamo ancora una risposta definitiva.

«La notizia è buona, speriamo che questi anticorpi siano veramente neutralizzanti e protettivi, magari a lungo termine» ha commentato Gianni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Iss. «Ma non è scontato che sia così. Potrebbero essere anticorpi non neutralizzanti, che non offrono cioè la protezione da una nuova infezione» conferma Romagnani.

Gli stessi autori cinesi su Nature Medicine ammettono : «Il nostro studio ha dei limiti». Il primo è il campione piuttosto piccolo di malati analizzati. «L’attività neutralizzante degli anticorpi, poi, resta sconosciuta». Gli anticorpi IgG rilevati sono quelli di lunga durata, ma potrebbero non essere sufficienti ad attivare quella catena di reazioni del sistema immunitario che porta alla distruzione del microrganismo. Nei due coronavirus precedenti (la Sars del 2002-3 e la Mers del 2012), i guariti restavano immuni per uno o due anni. C’è una fondata speranza che sia così anche per il virus di oggi. Ma è ancora troppo presto per avere una risposta sicura.

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