Coronavirus: come proteggersi dall’infezione per via aerea

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-07

Una lettera firmata da 239 scienziati di 32 Paesi e anticipata dal New York Times chiede all’Organizzazione Mondiale della Sanità di inserire la cosiddetta «trasmissione aerea» tra le principali cause di contagio

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Una lettera firmata da 239 scienziati di 32 Paesi e anticipata dal New York Times spiega come una delle vie di contagio potenzialmente più pericolose sia rappresentata dalle goccioline emesse respirando e parlando, che restano a lungo sospese nell’aria e chiede all’Organizzazione Mondiale della Sanità di inserire la cosiddetta «trasmissione aerea» tra le principali cause di contagio da coronavirus. Finora l’Oms ha ritenuto questa ipotesi remota e non scientificamente dimostrata, concentrandosi su raccomandazioni legate al contatto, come il lavarsi spesso le mani. Il Corriere della Sera spiega oggi in una serie di domande e risposte come proteggersi dall’infezione per via aerea:

Che cosa sappiamo di questa possibile forma di trasmissione?
Una persona infetta produce particelle «grandi» (superiori ai 1o micron), che cadono a terra per la forza di gravità — da qui nasce la raccomandazione della distanza minima di un metro—e i cosiddetti droplet, goccioline di minuscole dimensioni trasportate dalle molecole presenti nell’ambiente. Secondo i firmatari della petizione, queste piccolissime particelle infette, in grandi  quantità, potrebbero essere un importante veicolo di contagio: si tratta di un’evidenza scientifica — sottolineano — di cui è necessario prendere atto.

Il rischio riguarda solo gli spazi interni? 
Sì, all’esterno le goccioline emesse parlando si disperdono velocemente. Nei luoghi  chiusi, con poco ricambio d’aria, può esserci invece il rischio di un accumulo di carica virale. Le probabilità di contagio dipendono anche dal tempo di permanenza delle persone. Ne è un esempio quanto accaduto il 10 marzo a  Mount Vernon, nello Stato di Washington: le prove di un coro si sono trasformate in una tragedia, a causa di un solo positivo che ha contagiato 53 persone (su 61), di cui due sono morte. La situazione  può essere stata aggravata dall’azione di cantare, che comporta un’emissione di  goccioline superiore rispetto al semplice parlare.

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Coronavirus: come ci si ammala (La Repubblica, 4 marzo 2020)

Le mascherine possono proteggerci dalla trasmissione aerea?
Secondo gli autori del documento, coordinati da Giorgio Buonanno e Lidia Morawska della Queensland University of Technology di Brisbane (Australia), le mascherine chirurgiche assicurano una protezione parziale, ma non azzerano il rischio del contagio tramite le goccioline volatili. I sistemi per rendere sicuri gli ambienti chiusi potrebbero essere: ricambio frequente dell’aria tramite sistemi meccanici, valutazione del tempo massimo di permanenza delle persone  in un determinato ambiente  senza che il rischio di contagio diventi elevato, sistemi di protezione individuale efficaci (le mascherine N95, FFP2, FFP3, in particolare per il personale sanitario), raccomandazioni pratiche per i presenti, come per esempio parlare a bassa voce per ridurre le emissioni di particelle. Infine i responsabili di locali, scuole, ospedali, residenze per anziani e altri spazi circoscritti andrebbero adeguatamente informati su come prevenire la trasmissione aerea del coronavirus. Le mascherine chirurgiche vanno bene per tutti coloro che non lavorano in ospedale, ma vanno sostituite spesso (ogni 6-8 ore) e indossate correttamente, coprendo bocca e naso. Secondo alcuni esperti potrebbero rappresentare, in vista della riapertura delle scuole, una soluzione alternativa a separatori in plexiglas e aule dimezzate.

EDIT 9 luglio: La risposta dell’OMS sulla questione dell’infezione per via aerea posta nella lettera dei 239 scienziati:

“Stiamo collaborando con molti dei firmatari della lettera. Ci sono evidenze su questo tema e crediamo di dover essere aperti e studiare queste evidenze per comprenderne le implicazioni sulle modalità di trasmissione e sulle precauzioni da prendere. Ci sono alcune specifiche condizioni in cui non si può escludere la trasmissione aerea, soprattutto in luoghi molto affollati, chiusi. Ma le evidenze vanno raccolte e studiate”. Lo ha sottolineato Benedetta Allegranzi, responsabile tecnico dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sul controllo delle infezioni, in conferenza stampa a Ginevra, rispondendo a una domanda sulla lettera inviata all’Oms da 239 ricercatori in cui si chiede di rivedere le posizioni sulla trasmissione del coronavirus. “Da aprile – ha precisato Maria Van Kerkhove, a capo del gruppo tecnico per il coronavirus dell’Oms – stiamo collaborando con molti degli esperti che hanno firmato questa missiva. Sono esperti in varie discipline, come l’ingegneria, che ci potranno aiutare ad esempio nel comprendere l’importanza della ventilazione negli ambienti. Stiamo studiando e tenendo in considerazione ogni possibile via di contagio, quella aerea, quella via aerosol, quella da madre a figlio. Questo è un patogeno respiratorio ma non escludiamo nessuna possibilità, continuiamo a studiare le evidenze”.

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