Claudio Giardiello: chi è l'uomo della sparatoria al tribunale di Milano

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-04-09

Il fallimento dell’Immobiliare Magenta alla base del processo per bancarotta fraudolenta. Probabilmente l’uomo è entrato con il suo legale dall’ingresso riservato agli avvocati. «Era un imprenditore distinto, educato, ma si era convinto di essere vittima di una truffa da parte dei soci». La storia del Conte Tacchia

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Si chiama Claudio Giardiello, è nato a Benevento il 6 marzo del 1958 e risiede in Brianza. Lui è l’uomo accusato di aver sparato oggi al tribunale di Milano uccidendo quattro persone tra cui il magistrato Ferdinando Ciampi e  l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, mentre sono rimasti feriti i coimputati Giorgio Erba e Davide Limongelli, zio e nipote. L’uomo aveva interessi nel settore dell’edilizia, e la sua Immobiliare Magenta, posseduta al 55% e al 30% da Davide Limongelli (il terzo socio è Giovanni Scarpa) era stata dichiarata fallita il 13 marzo 2008. Il curatore fallimentare nominato dal Tribunale si chiama Walter Marazzani. Nel novembre del 2006 era stato depositato un atto di sequestro delle quote di partecipazione di Limongelli e di Scarpa, mentre nel giugno e nel novembre del 2007 erano stati depositati atti di sequestro delle quote di Giardiello. La foto di Claudio Giardiello è stata pubblicata dal Corriere della Sera nell’edizione on line. Secondo le ipotesi degli investigatori Giardiello sarebbe entrato con un falso tesserino dall’entrata degli avvocati.

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La foto di Claudio Giardiello sul Corriere della Sera

CLAUDIO GIARDIELLO: CHI È L’UOMO ACCUSATO DELLA SPARATORIA AL TRIBUNALE DI MILANO
L’udienza del processo era stata fissata nella stessa aula dove era previsto l’inizio di un altro procedimento, sempre per bancarotta, ovvero quello del gruppo di call center Eutelia-Agile. I due feriti, Davide Limongelli (in passato suo socio nella Immobiliare Magenta) e lo zio Giorgio Erba, erano o coimputati o testimoni nel processo sul fallimento dell’immobiliare.  Lo sparatore è rimasto a lungo all’interno del Palazzo Giustizia, che è stato evacuato. Claudio Giardiello avrebbe puntato la pistola contro il pm che si trovava in aula, prima di sparare alla prima vittima. È quanto ha riferito un avvocato che era in aula, che si trovava in Tribunale quando è avvenuta la sparatoria e ha assistito alla scena. Giardiello è riuscito a far perdere le sue tracce e a fuggire in moto. L’uomo è stato arrestato poco dopo dai carabinieri nella zona di Vimercate. A riferire del suo arresto è stato lo stesso ministro dell’Interno, Angelino Alfano, oggi a Milano per partecipare ad una riunione del Comitato per la Sicurezza. La riunione del Comitato è stata immediatamente sospesa. La sezione fallimentare del tribunale di Milano è la più importante d’Italia. Il giudice Fernando Ciampi, dopo l’uscita di scena dell’ex presidente Bartolomeo Quatraro (oggi a Novara), nel 2009 era stato chiamato a guidare la sezione ad interim. Ciampi aveva fama di intransigente. “Non so nulla ma certo dovrebbe essere impossibile entrare in un Tribunale e sparare. Ho saputo dell’uccisione di un collega, una cosa che mi sconvolge”, ha commentato il presidente dell’autorità Anticorruzione Raffaele Cantone. L’ex magistrato Gherardo Colombo, che ha trascorso l’intera sua carriera a Palazzo di Giustizia di Milano, si è detto “frastornato e sconvolto”. “Non dico che vi sia una correlazione diretta, ma vi è un clima contro la magistratura che certamente non contribuisce”. I testimoni della strage in tribunale a Milano raccontano di momenti di terrore e panico vissuti nei corridoi, negli uffici e nelle aule del palazzo di giustizia. Una dipendente racconta di aver visto a un certo punto l’omicida accucciato dietro una panca al secondo piano del palazzo. Nei concitati momenti degli spari e poi della ‘caccia’ al killer, alcuni avvocati si sono invece chiusi a chiave nelle aule d’udienza con i cancellieri e i magistrati.

Il video del Giornale sulla sparatoria al tribunale di Milano


LA FUGA IN MOTO E L’ARRESTO A VIMERCATE

«Ho visto colpire delle persone. Ho visto morire un testimone davanti a me», dice il pm di Milano Luigi Orsi, che oggi si trovava in udienza quando Claudio Giardiello ha sparato. Luigi Orsi, uno dei sostituti procuratori più stimati della Procura di Milano esperto in reati economico-finanziari. A quanto pare subito dopo i primi spari sono intervenuti i carabinieri, arrivati al secondo piano nell’aula da dove provenivano i rumori. Il tribunale è stato evacuato piuttosto velocemente, ma a quanto pare l’omicida nel frattempo è riuscito a fuggire con una moto e ad arrivare fino a Vimercate, a una ventina di chilometri dal luogo della sparatoria, dove è stato arrestato dai carabinieri di Monza. Come è entrata la pistola in tribunale? Giardiello potrebbe avere evitato i controlli presenti ad ogni ingresso del Palazzo di Giustizia semplicemente entrando insieme al suo legale. Solo così, al momento, troverebbe una giustificazione il fatto che l’uomo possa essere entrato armato in un’aula di giustizia.«Probabilmente -spiega Valerio Maraniello, ex legale di Claudio Giardiello- potrebbe essere entrato insieme all’avvocato e quindi avrebbe evitato i controlli presenti in tutti gli ingressi». La presenza dell’arma portata con sé fa ipotizzare che l’uomo abbia pianificato la sua azione: secondo quanto trapela, Giardiello prima ha colpito a morte il giudice, quindi si è diretto verso l’aula e ha rifatto fuoco sparando all’avvocato dopo aver revocato il mandato al legale che da più tempo lo rappresentava e con il quale, proprio in aula, in mattinata, avrebbe avuto un diverbio. Quindi ha sparato verso i suoi coimputati che lui riteneva causa dei suoi guai. «Era una persona particolare, inquietante ma non avrei mai immaginato che fosse capace di una cosa del genere», dice sempre Maraniello. «Era un imprenditore distinto, educato, ma si era convinto di essere vittima di una truffa da parte dei soci coimputati nel processo in corso», aggiunge il legale. L’immobiliare si occupava di mediazione e proprio rispetto al fallimento della stessa sarebbe legata l’azione di oggi.  Claudio Giardiello si trova nella caserma della compagnia dei carabinieri di Vimercate (Monza e Brianza). L’uomo viene sentito dagli investigatori che stanno ricostruendo la dinamica dell’accaduto. Giardiello, residente a Brugherio, viveva da qualche tempo a Garbagnate Milanese.
 
LE AZIENDE DI GIARDIELLO
Nell’ultimo bilancio della Immobiliare Magenta che si riesce a consultare con il sistema telematico della Camera di commercio, quello relativo al 2006, la società di intermediazione immobiliare, ristrutturazioni e costruzioni per conto terzi, risultava avere attivi per 1,5 milioni di euro, con un fatturato di 446 mila euro circa e utili per 2.883 euro. Una società collegata a Immobiliare Magenta, in liquidazione, e nella quale era già cessata la carica di Giardiello risulta poi la Miani Immobiliare srl (Natale Capodicasa il nome del liquidatore). Oltre alla società di Giardiello, la Miani Immobiliare faceva capo per il 75% alla Cisep, società di costruzioni con sede a Cassina de’ Pecchi (Milano) anch’essa dichiarata fallita nel 2008, a gennaio, su provvedimento dell’autorità giudiziaria di Monza (i curatori fallimentari sono Nadia Farina e Luca Brivio). L’azienda faceva capo a Consiglia Di Nuzzo (e con quote minori a Massimo D’Anzuoni). Il nome di Giardiello risulta poi collegato, con cariche recesse, alla Immobiliare Washington 2002 srl in liquidazione di Milano, e alla CaGi. Srl, sempre con sede a Milano. All’imprenditore edile faceva poi capo in passato anche una società in accomandita semplice, la Edil Casa di Brugherio.
 
GIARDIELLO, ALIAS IL CONTE TACCHIA
Un articolo di Walter Galbiati su Repubblica riepiloga la vicenda giudiziaria in cui era finito Giardiello, soprannominato in un documento che poi ha acquisito dignità di prova giudiziaria “Il Conte Tacchia”, ovvero il personaggio interpretato da Enrico Montesano nel film di Corbucci. I guai finanziari di Claudio Giardiello prendono origine da un contenzioso con la Cisep spa, una società con cui condivideva,attraverso la Magenta srl, una partecipazione nella Miani immobiliare. Le liti tra i soci erano legate alla contabilità occulta della partecipata e del giro di affari in nero. Gli amministratori della Miani, società partecipata da quella di Giardiello, si erano accordati per intascare gli anticipi dei contratti preliminari: Giardiello li riscuoteva e li girava ad altri tre amministratori, tenendosi il 25%.

“La prova di tale meccanismo di pagamento è contenuta – scrivono i legali della Cisep nell’atto di denuncia – in un documento, sottoscritto dai signori D’Anzuoni, Tonani, Erba, Giardiello e Limongelli, nel quale viene riepilogata, alla data del 29.9.2005, la situazione degli importi percepiti da ciascuno dei compartecipi dell’accordo, tutti indicati con uno pseudonimo (il sig. Claudio Giardiello è il “Conte Tacchia” e il sig. Davide Limongelli è il “Marchesino”)”.
Il prospetto è chiaro e preciso:
– € 1.355.235,00 dal sig. Claudio Giardiello (il “Conte Tacchia”), il quale ha versato € 393.392,50 all’altro socio della Magenta, sig. Davide Limongelli (il “Marchesino);
– € 1.245.968,03 dal sig. Massimo D’Anzuoni (il “Predatore”);
– € 1.245.968,03 dal sig. Giorgio Erba (il “Comandante”);
– € 1.245.969,02 dal sig. Silvio Tonani (“Tinto Brass”).
Secondo la ricostruzione, i guai tra i soci iniziano quando Giardiello pretende maggiore compensi: “I rapporti tra gli amministratori della società esponente avevano iniziato a deteriorarsi allorquando il sig. Claudio Giardiello, evidentemente non soddisfatto della disponibilità finanziaria procuratagli dal descritto accordo con i signori D’Anzuoni, Erba e Tonani, aveva iniziato ad avanzare insostenibili ed ingiustificate pretese economiche nei confronti degli altri amministratori della Miani. I quali in nessun modo riuscivano a ricondurre a ragione il loro interlocutore, soggetto, peraltro, ad improvvise alterazioni dell’umore e propenso anche all’aggressione pur di farsi ragione”.

Da lì la fine degli affari e dei rapporti. La Miani e la Cisep cercano di regolarizzare la propria posizione col Fisco, mentre la Magenta e Giardiello tentano di scansare l’onere (circa 6 milioni di euro), sostenendo di non essere a conoscenza dell’accordo della spartizione occulta, tanto da aver denunciato alle competenti autorità i comportamenti evasivi. Nessuna società però riesce a sopravvivere allo scontro e finiscono davanti al Tribunale fallimentare.

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