Segregata in casa e violentata per tre giorni da compagno: l’uomo è stato arrestato

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-12-10

E accaduto a Civitavecchia. La donna è riuscita a fuggire e l’uomo ha provato a costruirsi un alibi facilmente smentito dai Carabinieri

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Ha provato anche a crearsi un alibi, inviandosi dal telefono della donna alcuni messaggi Whatsapp. Peccato per lui, però, che negli orari di invio la sua compagna fosse già arrivata in ospedale (senza smartphone) per ricevere le cure del personale medico dopo le violenze e i soprusi subiti nel corso dei tre giorni precedenti. E così è finito in manette un uomo di 39 anni di Civitavecchia – già noto alle forze dell’ordine – per aver maltrattato, colpito, picchiato, stuprato e ferito con un coltello quella donna che, solo qualche giorno prima, aveva iniziato la sua convivenza con lui.

Civitavecchia, donna sequestrata e violentata dal compagno per 3 giorni

La coppia aveva iniziato la propria convivenza solo qualche giorno fa. E immediatamente sono iniziati i problemi per la donna. Fino alla metà della scorsa settimana, quando l’uomo l’ha segregata in casa, picchiandola e ferendola a un braccio con un coltello. Una vera tortura (con gli oggetti ritrovati dai carabinieri che hanno effettuato il sopralluogo all’interno dell’abitazione) a cui si legavano anche episodi di continua violenza sessuale. Poi, sabato scorso, la vittima è riuscita a sfruttare un momento di assenza del suo compagno, uscendo da quella casa in cui era stata rinchiusa.

A chiamare i carabinieri è stato il titolare di un negozio di zona a cui la 36enne si era rivolta per chiedere aiuto. L’arrivo delle forze dell’ordine, il tragico racconto e poi il trasferimento in ospedale per ricevere tutte le cure del caso. La donna ha parlato di violenze sessuali ripetute e maltrattamenti di ogni tipo: dalle ferite sugli arti superiori con la lama di un coltello da cucina, ai colpi ai fianchi e al volto. E non solo: l’uomo l’avrebbe anche legata al letto con del nastro adesivo prima di sfregarle gli occhi con il peperoncino. Poi gli stupri.

Poi quel sabato di liberazione. Ma l’uomo, rientrato nella notte in quell’abitazione, ha provato a crearsi un alibi: ha preso il telefono della donna (che era fuggita da quella casa degli orrori senza) e ha iniziato a inviare al proprio telefono messaggi minatori. Secondo la sua idea, infatti, questo lo avrebbe scagionato. Ma gli orari dell’invio di quei messaggi combaciavano con quelli della presenza della 36enne in ospedale per ricevere le cure. Alla fine, dunque, il 39enne è finito in manette e dovrà rispondere delle accuse di sequestro di persona, lesioni personali continuate e pluriaggravate e violenza sessuale.

Lo spettro dell’Italia

Una storia tragica e cruda, spettro di quella violenza sulle donne che per molti – anche all’interno della politica nostrana – non sembra essere un problema di rilievo. Eppure i numeri parlano chiaro: storia come quella accaduta a Civitavecchia la scorsa settimana, sono sempre più frequenti e in alcuni casi la diretta conseguenza è il femminicidio. Perché per questa donna, nonostante il dolore e i traumi (fisici e psicologici) subiti nel corso di quei terribili e infiniti tre giorni, si può parlare (estremizzando il concetto e paragonandolo ad altre tragedie) di storia a lieto fine. Ma in un Paese civile tutto ciò non dovrebbe accadere.

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