Chi vincerà la guerra tra Chiara Appendino e Maria Elena Boschi sui 61 milioni di euro di Torino

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-04-03

Il Comune di Torino chiede la restituzione di 61 milioni di euro allo Stato. Maria Elena Boschi chiude la questione e dice che quei soldi “non sono dovuti” ma così facendo in un colpo solo mette in difficoltà il PD locale (che aveva promosso il ricorso al Consiglio di Stato) e compatta la città sulla posizione della sindaca del MoVimento 5 Stelle.

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Chiara Appendino vuole 61 milioni euro dal Governo. Sono i soldi che due sentenze, una del TAR e una del Consiglio di Stato nel 2015, hanno riconosciuto che Comune di Torino avanza dallo Stato centrale. Fu l’ex sindaco Piero Fassino a promuovere i ricorsi del Comune contro lo Stato per ottenere la restituzione dell’Ici del 2012 e dei mancati versamenti da parte dell’amministrazione centrale al Comune di Torino nel 2013, 2014 e 2015. Il sottosegretario Maria Elena Boschi, che è dello stesso partito di Fassino, invece sostiene che quei denari – in virtù di un accordo con l’Anci – non sono dovuti e che quindi le richieste di Appendino non possono essere accolte.
 

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Maria Elena Boschi a Sky

Maria Elena Boschi e i soldi che lo Stato “non deve” al Comune di Torino

Ospite ieri del programma “L’Intervista” condotto da Maria Latella a SkyTg24 la sottosegretaria Boschi ha chiuso la porta ad ogni possibilità di rimborso del denaro del Fondo perequativo Imu-Ici: «La sindaca Chiara Appendino sa bene che quei 61 milioni non sono dovuti al comune di Torino che, come altri comuni, ha in qualche modo ottenuto le risorse dovute, attraverso un accordo con l’Anci, che riguarda tutti i comuni in generale». Insomma lo Stato non deve niente a Torino perché un accordo tra Governo e associazione dei comuni ha superato, secondo la Boschi, la sentenza del Consiglio di Stato che imponeva la restituzione dei fondi che non sono stati trasferiti alle amministrazioni locali quando nel 2012 nel passaggio dall’Ici all’Imu il Ministero dell’Economia commise alcuni errori di valutazione rispetto al gettito dell’Ici (sottostimandola) e dell’Imu (sovrastimandola). La Boschi si riferisce ad un accordo che il Governo ha stipulato con 3000 Comuni italiani che hanno presentato il ricorso dell’Anci e ai quali lo Stato ha accordato di restituire 300 milioni di euro in un arco temporale di dieci anni. La partita quindi, secondo il sottosegretario del Governo Gentiloni sarebbe conclusa e Torino avrebbe già ottenuto qualche milione di euro. In realtà secondo quanto spiega il Presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani e sindaco di Bari Antonio De Caro (anche lui del Partito Democratico) il Comune di Torino non rientra nel novero di quelli che hanno stipulato l’accordo con lo Stato e quindi la questione dei 61 milioni di euro rimane più che mai aperta perché riguarda la sottostima dell’Ici.
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I Comuni che si sono accordati con il Governo avevano presentato invece un secondo ricorso contro l’utilizzo da parte dei tecnici del Ministero di uno strumento di calcolo chiamato “check” al posto dei consuntivi presentati dai Comuni. Questo strumento però non è stato utilizzato nel caso di Torino ed è per questo che la città amministrata all’epoca da Fassino non si era unita al ricorso Anci e per questo in questi giorni Appendino è tornata a chiedere la restituzione di quei soldi allo Stato Centrale. E chi era il presidente di Anci all’epoca dei ricorsi? Proprio l’ex sindaco di Torino Piero Fassino. C’è da dire che la città sabauda non è l’unica a rivendicare un credito nei confronti dello Stato: in Veneto Padova rivendica la restituzione di una cinquantina di milioni (diritto riconosciuto da una sentenza del Tar del Lazio del 20 febbraio 2017) mentre in Puglia Lecce ha già ottenuto il trasferimento dei 13 milioni richiesti. Ed è proprio su questo punto che la sindaca Appendino torna ad insistere ravvisando una disparità di trattamento tra Torino e Lecce e annunciando la presentazione di un nuovo ricorso al Consiglio di Stato per stabilire l’esatta entità dei risarcimenti:

Gli esiti delle due sentenze dei giudici amministrativi certificano la correttezza dei calcoli effettuati dai nostri uffici. Per questa ragione abbiamo deciso di rimettere la questione al Consiglio di Stato con un ricorso di ottemperanza che sarà notificato nei prossimi giorni ai ministeri. Come sono state trovate soluzioni transattive per altri comuni come Lecce, tramite l’inserimento di un emendamento specifico nella finanziaria, ci saremmo aspettati lo stesso trattamento per Torino. Chiediamo niente di più e niente di meno di ciò che ci è dovuto.

A complicare le cose per il Partito Democratico e Maria Elena Boschi c’è il fatto che Piero Fassino è tornato sostenere le ragioni della sua città – e quindi quelle dell’attuale amministrazione – spiegando che in forza di quelle due sentenze Torino “ha il diritto di veder restituite somme indebitamente trattenute dallo Stato”. Fassino però precisa che «non avendo tuttavia quelle sentenze definito l’ammontare, la modalità di restituzione non potrà che derivare da un confronto tra l’amministrazione comunale e il Governo, così come già avvenuto per altre città, tra cui Lecce». Anche il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino pur senza voler fare entrare la Regione nella diatriba tra Governo ed enti locali ritiene che la strada dell’accordo tra Comune e Governo sia ancora praticabile e soprattutto quella che garantisca di poter sanare la situazione consentendo al Comune di utilizzare quei fondi per finanziare i servizi ai cittadini.
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Chiara Appendino vince la battaglia dei consensi

Il muro innalzato da Maria Elena Boschi e da una parte del Partito Democratico contro le richieste di Chiara Appendino però rischia di dare una mano alla sindaca del 5 Stelle. Se in queste settimane il MoVimento 5 Stelle torinese è stato attaccato perché la Appendino non ha fatto che dare seguito al programma di Fassino “tradendo” alcune delle promesse fatte in campagna elettorale quando si era proposta come alternativa al sistema di governo del centro sinistra la lotta contro la Boschi ha compattato la cittadinanza sulla posizione della sindaca. Non sono solo Fassino e Chiamparino a sostenere le ragioni di Appendino ma anche le istituzioni culturali cittadine. Dal Museo Egizio al Teatro Stabile passando per il Teatro Regio e la Fondazione Musei i vari presidenti e direttori si sono schierati con la Appendino. I soldi che la città avanza da Roma potrebbero infatti essere utilizzati anche per finanziare le iniziative culturali cittadine, una voce di bilancio che quest’anno con un consistente taglio da 6 milioni di euro è passata da 21 a 15 milioni di euro. Tagli che ad essere precisi sono stati fatti dalla stessa Appendino ma dei quali, ora che c’è la possibilità di recuperare qualche milione di euro dallo Stato, tutti sembrano aver dimenticato la paternità. Ed in fondo al di là che un eventuale accordo con lo Stato possa ridurre notevolmente le pretese economiche di Torino il vero successo di Appendino è stato quello di aver messo la Boschi contro alcuni esponenti del suo stesso partito (quelli che rivendicano di aver vinto i ricorsi contro lo Stato) e soprattutto di essere riuscita ad aumentare il consenso e il sostegno in città.  Sotto questo aspetto senza dubbio la strategia della Appendino si è mostrata più lungimirante di quella di Maria Elena Boschi e del PD nazionale che chiudendo ad ogni possibilità di dialogo ha fatto un grande favore politico alla sindaca e al MoVimento 5 Stelle che può così accreditarsi come vero difensore delle istanze dei torinesi. Poco importa che ora il Comune di Torino dovrà difendersi da un ricorso al Tar presentato dal PD cittadino contro l‘utilizzo degli oneri urbanistici per fare fronte alla spesa corrente, quella è un’altra battaglia.
 

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