Cultura e scienze

Che cos'è la febbre del Nilo

Luca Conforti 26/08/2015

Due lodigiani sono ricoverati nel reparto di malattie infettive e tropicali dell’ospedale di Sant’Angelo Lodigiano colpiti dalla febbre del Nilo occidentale, virus trasmesso dalle zanzare notturne “padane” culex pipiens ma originario dell’Egitto

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Due lodigiani sono ricoverati nel reparto di malattie infettive e tropicali dell’ospedale di Sant’Angelo Lodigiano colpiti dalla febbre del Nilo occidentale, virus trasmesso dalle zanzare notturne “padane” culex pipiens ma originario dell’Egitto. Erano arrivati nei giorni scorsi in ospedale con febbre alta e stato confusionale, in gravi condizioni, e sono stati sottoposti a complessi esami radiodiagnostici e sierologici che hanno accertato la malattia. Si tratta dei primi casi accertati in provincia di Lodi dopo che comunque gli ospedali si erano attivati con la diagnosi a seguito di episodi nelle vicine province di Pavia, Cremona e Mantova.
 
CHE COS’È LA FEBBRE DEL NILO
La malattia può non venire riconosciuta, nei casi meno gravi, e vissuta dal paziente come un’influenza che dura circa una settimana, ma se non curata in alcuni soggetti può portare a encefalite, coma e morte. Un monitoraggio con esami genetici effettuato in luglio dall’Asl lodigiana su alcune zanzare appositamente catturate in luglio ha confermato che erano portatrici del virus. I due pazienti, dei quali non vengono rese note le generalità, non hanno soggiornato all’estero. Ancora incerta la prognosi riguardo a un completo recupero neurologico. Il portale del Centro nazionale di Epidemiologia e Salute Pubblica spiega che la West Nile Fever è una malattia provocata dal virus West Nile (WNV), isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda. I serbatoi sono gli uccelli selvatici e le zanzere Culex, insieme a trapianti e trasfusioni. La febbre del Nilo non is trasmette da persona a persona tramite il contatto con gli infetti, e colpisce anche cavalli, cani, gatti e conigli:

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.
La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.
I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.

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Che cos’è la febbre del Nilo (fonte)


La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.
 
I CASI IN ITALIA
Nel 2009 vennero segnalati casi in sette diverse città italiane: Venezia, Mantova, Ferrara, Rovigo, Modena, Reggio Emilia e Bologna. Qui un video che racconta l’accaduto:

Altri casi vennero segnalati due anni fa nel modenese. Il prof. Giorgio Palù, dell’Università di Padova, ha isolato per la prima volta in Italia il virus da un donatore di sangue non colpito dalla malattia. Ciò gli ha permesso di metterlo a confronto con altri ceppi virali isolati in Europa negli anni passati. “Il nuovo ceppo che sta circolando in Italia – diceva Palù nel 2013 – è molto simile a quello isolato nel 1998; ma ha acquisito nuove mutazioni, per cui è diventato più virulento e si diffonde più rapidamente”.

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