Fact checking
Ardima Srl: davvero Di Maio non sapeva delle vertenze?
Giovanni Drogo 30/11/2018
Luigi Di Maio ha mentito quando ha detto non sapere che c’erano delle cause intentato contro l’azienda di famiglia. Le prove sono in un documento allegato all’atto notarile di costituzione della società di cui il vicepremier è socio al 50% con la sorella
L’unico aspetto davvero politicamente rilevante della vicenda che vede coinvolta la famiglia di Luigi Di Maio è se il ministro del Lavoro sapesse o meno di quello che succedeva all’interno della Ardima Costruzioni di Paolina Esposito (la madre del vicepremier). Fino ad ora la linea di difesa del Capo Politico del M5S è stata quella di non aver mai saputo nulla. Se le cose stessero così allora, con buona pace di chi vorrebbe far ricadere su Di Maio le colpe dei genitori e la schadenfreude di alcuni, non ci sarebbe molto da dire se non quello di far notare come la macchina del fango del MoVimento e il metodo di far pagare ai figli le colpe dei padri sia diventato purtroppo un modo di fare politica.
Quello che succedeva nell’azienda del padre
Diverso sarebbe ovviamente se Di Maio, in qualità di socio al 50% della Ardima Srl (società nata nel 2012), fosse stato a conoscenza di quanto accadeva nell’azienda del padre gestita dalla madre. Sappiamo, perché lo ha scritto lui stesso, che la Ardima Srl è nata in seguito al conferimento – Di Maio la definì banalmente “fusione aziendale” – della vecchia società di famiglia nell’Ardima Srl. All’epoca Di Maio doveva difendersi da un articolo del giornale dove lo si accusava di aver utilizzato il suo reddito da parlamentare per “rimpolpare” l’azienda. Ma le cose stavano diversamente perché il capitale sociale della ditta di Di Maio è appunto il “conferimento” di quella della madre. In parole povere «siccome la vecchia azienda che è confluita in Ardima Srl aveva mezzi, macchinari e un fatturato costante nei tre anni precedenti, il valore che le è stato riconosciuto è di 80.200 euro».
Di Maio ha anche spiegato che nella documentazione patrimoniale relativa al 2013 (il suo primo anno da deputato) non era indicata la sua partecipazione nella Ardima Srl perché l’azienda non era operante. A partire dal 2014 – come è possibile vedere sul sito della Camera – Di Maio indicherà sempre la sua partecipazione al 50% nella ditta in società con la sorella Rosalba. Ora, qualcuno potrebbe sollevare il dubbio che è impossibile che Di Maio non sapesse di quanto accadeva nella ditta di famiglia dal momento che questa è confluita – con mezzi, materiali e macchinari – nella sua.
Il documento che dimostra che Di Maio sapeva delle vertenze
Sappiamo dalle testimonianze raccolte dalle Iene che i lavoratori assunti in nero hanno intentato causa contro la Ardima Costruzioni e che queste cause sono passate in capo alla Ardima Srl. A questo punto Di Maio era già entrato in politica e quindi assume notevole interesse il fatto che fosse o meno a conoscenza dell’accaduto. Il Partito Democratico ha pubblicato oggi un documento allegato all’atto notarile con il quale è stata costituita la Ardima Srl che dimostrebbe come l’allora vicepresidente della Camera non potesse essere all’oscuro dell’esistenza di alcune vertenze.
Il documento è un atto di donazione d’azienda che attesta la situazione patrimoniale della Ardima Costruzioni di Paolina Esposito al 31 dicembre 2013 (Di Maio venne eletto nel marzo 2013 e assunse l’incarico di vicepresidente di Montecitorio il 21 marzo dello stesso anno). In quel documento vengono elencati i mezzi e i macchinari di proprietà dell’azienda, il nome del cantiere a quel momento in corso, i fornitori e anche l’esistenza di un fondo rischi ed oneri per le vertenze lavoratori dipendenti. Si tratta di accantonamenti, soldi messi da parte per far fronte alle vertenze con i dipendenti. Una di queste cause risultava essere ancora pendente nel 2014, quando iniziò ufficialmente la gestione dei fratelli Di Maio. Secondo Carmelo Miceli del PD quindi «è evidente ed è documentale che Luigi Di Maio quando costituisce la società sapeva: sapeva della vertenza e ha continuato a resistere nella vertenza contro quei lavoratori che gli chiedevano semplicemente di essere regolarizzati». A questo punto quindi la responsabilità non è più solo del padre e Di Maio non può dire che non ne sapeva nulla. Se sapeva dei macchinari e dei mezzi – come ha detto di sapere – sapeva anche dell’esistenza delle vertenze.