Attualità

Alberto Stasi, per forza colpevole

Alessandro D'Amato 18/12/2014

La sentenza in secondo grado condanna il fidanzato per l’uccisione di Chiara Poggi. In un iter giudiziario per niente limpido

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La terza volta è quella giusta per la condanna. Alberto Stasi ha ucciso Chiara Poggi, sentenzia il tribunale che chiude, per ora e in attesa di un ultimo atto in Cassazione (che però potrebbe anche portare a  una nuova ripetizione del processo) la vicenda di Garlasco trovando un colpevole dopo due assoluzioni in primo e secondo grado. Sedici anni appena, per il ragazzo che avrebbe ucciso la fidanzata, e tanti dubbi soprattutto sul modo in cui si è arrivati a questa sentenza. Dopo sette anni: Il 13 agosto 2007 Chiara Poggi, 26 anni, viene uccisa a casa a Garlasco (Pavia). A dare l’allarme è il fidanzato Alberto Stasi. Una settimana dopo Stasi riceve un avviso digaranzia per omicidio volontario. Il 24 settembre il pm decide il fermo: sui pedali di una bici del ragazzo vengono trovate tracce di Dna di Chiara. Il 28 settembre il gip non convalida il fermo. Il 9 aprile 2009 inizia il processo con rito abbreviato. Il 17 dicembre Stasi è assolto. Nel 2011 parte l’appello. I giudici negano la riapertura del dibattimento e il 6 dicembre la Corte d’Assise d’Appello conferma l’assoluzione. Il 18 aprile 2013 la Cassazione annulla il processo di secondo grado e rinvia gli atti a Milano. Fino alla condanna a sedici anni di oggi, a cui si arriva per sottrazione: di norma Stasi rischiava la pena di trent’anni (la richiesta del pubblico ministero), ma senza l’aggravante della crudeltà, che la corte non ha riconosciuto pur negando, ad esempio, le attenuanti generiche, si arrivava a 24. Avendo poi scelto la difesa il rito abbreviato, che ha portato alla chiusura del processo con maggiore velocità, ha diritto allo sconto di un terzo della pena, ovvero di altri otto anni. E così, i sedici anni sono spiegati senza pensare, complottisticamente, a chissà quali sconti mollati a causa dell’incertezza della sentenza.

Alberto Stasi colpevole: le nuove prove in giudizio 


ALBERTO STASI: LE NUOVE PROVE IN GIUDIZIO
Alcuni elementi sono stati alla base di questa sentenza. Il procuratore e la parte civile hanno ricominciato il lavoro da capo, dopo che la Cassazione ha annullato la sentenza in secondo grado con rinvio, addirittura elencando quali prove bisognava riconsiderare alla luce dei fatti. Il primo è quello della camminata e della mancanza di macchie di sangue sulle scarpe. La difesa di Stasi aveva sempre detto che le macchie c’erano, ma erano state cancellate dall’utilizzo successivo delle calzature prima del sequestro dei carabinieri. Racconta il Corriere come è caduta, agli occhi della corte, l’obiezione:

Nel processo che si è concluso ieri c’è stata però una differenza fondamentale: il perito ha riprodotto l’ambiente calpestato da Alberto compresi i due gradini della scala che porta in cantina, dove Chiara è stata trovata morta. Su quei gradini c’era molto sangue. Ovvio che la prova ha dato risultati meno favorevoli all’imputato. Praticamente impossibile non sporcarsi le scarpe, a questo punto. Tanto più che stavolta gli esperimenti sono stati condotti anche sui tappetini della macchina. Tutti positivi al test della ricerca del sangue perché Alberto ci ha messo i piedi sopra appena uscito dalla villetta di Garlasco, quindi senza aver usato le scarpe e senza avere possibilità di rilasciare le macchie ematiche prima di consegnarle agli inquirenti.

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Le foto del pavimento insanguinato di casa Poggi


Poi ci sono i graffi sul braccio di Stasi, testimoniati dai carabinieri che hanno visto il ragazzo la prima volta dopo l’allarme dato per la morte di Chiara, che però non vennero messi a verbale. E la questione delle biciclette:

Nell’appello bis il colpo di scena: Gian Luigi Tizzoni, l’avvocato della famiglia Poggi, scopre che c’è qualcosa che non quadra sui pedali delle biciclette di Alberto. Quella nera da donna li ha tutti e due puliti, su uno di quella bordeaux sequestrata subito dopo il delitto c’è invece Dna di Chiara. Tizzoni ipotizza uno scambio. Nel dibattimento l’attenzione si sposta soltanto sulla bici bordeaux. Tutti testimoni e i documenti confermano: la bicicletta bordeaux ha pedali che non sono quelli originali. Quindi l’ipotesi d’accusa è che qualcuno abbia smontato da un’altra bicicletta i pedali sporchi del Dna di Chiara per rimontarli su una bici che in quei giorni, subito dopo il delitto, non era sott’accusa perché non «nera da donna» come aveva rivelato la testimone.

Infine c’è la storia della macchia cancellata di una mano sul corpo di Chiara, che si vede da alcune fotografie del cadavere ma è stata cancellata a causa dell’imperizia dei soccorritori e di chi ha svolto le prime indagini, perché la Poggi è stata spostata e rivoltata prima degli esami:

In questo processo la dottoressa Barbaini ha passato molte ore a guardare e riguardare verbali di sequestro e fotografie. Documenti perduti in una mole impressionante di altre carte ma che hanno rivelato nuovi indizi. Per esempio una delle foto di Chiara sulla scala. Il procuratore generale ha notato l’impronta di una mano insanguinata sul pigiama rosa della ragazza, mai vista da nessuno. E ha avuto la certezza che l’assassino si sia lavato le mani in bagno dove, sul portasapone,sono state trovati sia il Dna di Chiara sia le impronte di Alberto.

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ALBERTO STASI COLPEVOLE: QUELLO CHE NON TORNA
A prescindere dalle opinioni sulla colpevolezza o sull’innocenza di Alberto Stasi, però, di cui parla, tra gli altri, Paolo Berizzi oggi su Repubblica. A partire dalle dichiarazioni rese ieri, prima della sentenza:

«Sono quasi otto anni che sono sottoposto a questa pressione, al centro di questo caso. È accaduto a me e non ad altri. Perché?». Nomina Chiara solo una volta. Per difendersi. «Si sono dimenticati che ero il suo fidanzato…Sono andati avanti a mettermi in mezzo. Sono persino andati a parlare con il mio pediatra…».È il momento più drammatico. Lo Stasi che mimetizza e dissimula, l’esperto di carte che si è studiato tutto il processo, ogni riga di ogni perizia, mette sul tavolo la carta bagnata della disperazione. «Non voglio accusare nessuno…però mi chiedo perché hanno cancellato il mio alibi nel pc? (il riferimento è ai tempi di lavorazione della tesi di laurea: che però come alibi in realtà aveva anche retto, ndr) E perché quest’estate sono stato accusato di avere sostituito i pedali della bicicletta?».

Stasi sottolinea che l’elemento della sostituzione dei pedali è venuto fuori soltanto successivamente rispetto ai primi due processi. Così come quello dei graffi sul braccio, che non è mai menzionato sui verbali. Il che testimonia senza ombra di dubbio che le indagini sull’omicidio furono, come spesso capita, piene di errori ed omissioni anche in presenza di una situazione non difficile da scansionare (omicidio al chiuso, dati rilevabili in una casa, e così via).

Stasi entra nel lessico banale della vulgata come «il biondino dagli occhi di ghiaccio». La memoria collettiva tiene impressa una foto: a braccetto con la mamma di Chiara, il giorno del funerale. Lo sguardo basso, un caldo cane e luiin camicia abbottonata sui polsi. Siamo a un funerale:di che stupirsi? Di nulla se non saltasse fuori, sette anni dopo, che i carabinieri di Garlasco — uno è a processo per falsa testimonianza— si erano dimenticati di fotografare i graffi che Stasi «scopritore», accorso in caserma,aveva sull’avambraccio. «Si sono accaniti conme perché vogliono un colpevole a tutti i costi».Intanto Alberto fa la sua vita, la vita che vaoltre. Si laurea, esce con gli amici, lo fotografanocon la nuova fidanzata. Prende casa e studioa Milano dove gira a testa alta con due assoluzionisul petto. Un giorno di tre anni fa gli apparecchiano una domanda: le capita di pensare che il vero assassino è nell’ombra e forse speranell’impunità? Risposta: «Il pensiero mi sfiora,ma fa i conti con la mia impotenza di piccolocittadino che può solo guardare a chi avrebbedovuto cercare il colpevole altrove».

L’impressione è che, con i suoi richiami e le sue richieste di rivalutare elementi su elementi, la giustizia abbia messo una toppa laddove il lavoro degli inquirenti in primo e secondo grado è stato deficitario. E questo non può che essere una pessima notizia, visto che tutti hanno diritto a un giusto processo. E ancora: nessuno ha ancora capito perché Alberto ha ucciso Chiara, le ricostruzioni sul movente in aula sono state lacunose e deficitarie, spesso sfiorando tematiche sessuali anche molto infamanti per la dignità dell’accusato ma senza certificare alcunché. E un delitto senza un motivo rimane sempre dubbioso. Alberto Stasi è colpevole in attesa della Cassazione. Ma il sistema giudiziario italiano, ancora una volta, non può dirsi innocente.

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