Aflatossina e Grana Padano: l'inchiesta di Brescia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2016-03-17

Il latte con aflatossine è stato utilizzato da cinque caseifici bresciani per preparare forme di formaggio che avrebbe dovuto avere il marchio Grana Padano, ma il direttore del consorzio ha spiegato che «ogni forma di Grana oggi in commercio è totalmente sicura»

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Trenta persone iscritte nel registro degli indagati per i reati di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari. Ma nessun rischio per chi compra Grana Padano. Sono allevatori e titolari di caseifici sospettati di aver mischiato latte sano con quello contaminato dall’aflatossina. Il latte con valori di aflatossine fuori dalla norma sarebbe stato utilizzato in particolare per produrre formaggi. I valori superavano da 5 a 160 volte quelli imposti dalla legge. Le aflatossine sono micotossine, ovvero tossine di natura microbica prodotte da alcune specie fungine che appartengono alla classe degli Ascomiceti e al genere Aspergillus (Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus) e da alcuni tipi di muffa.
 

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Aflatossine e Grana Padano: l’infografica del Corriere

Aflatossina e Grana Padano: l’inchiesta di Brescia

Il latte con aflatossine è stato utilizzato da cinque caseifici bresciani per preparare forme di formaggio che avrebbe dovuto avere il marchio Grana Padano, ma il direttore del consorzio, Stefano Berni ha spiegato che «ogni forma di Grana oggi in commercio è totalmente sicura» e che il formaggio prodotto con il latte incriminato è tutto stoccato nei magazzini, in attesa di subire rigorosi controlli sanitari. Sono state sequestrate settemila forme di formaggio, ma, come spiega il Consorzio, le forme commercializzate annualmente sono 4,6 milioni. “Da questa vicenda – continua Berni – il Consorzio Grana Padano è il primo ad essere danneggiato. Un danno provocato da pochi soggetti che avrebbero voluto fare i furbi. Chiaro che nei loro confronti agiremo con rigore e fermezza” annuncia il direttore del Consorzio. “Il consumatore e la sua tutela – precisa il direttore del Consorzio – sono e resteranno sempre il faro-guida delle azioni del Consorzio e anche questa solerte, tempestiva e lodevole iniziativa conferma che l’Italia è tra i primi Paesi al mondo, se non addirittura il primo, nella sicurezza alimentare”. “Il Consorzio – dice Berni al Corriere della Sera – ringrazia la Procura di Brescia, il magistrato incaricato Cassiani e i Nas per l’operazione di pulizia che stanno svolgendo, e manifesta ogni disponibilità per colpire chi, consapevolmente, si è reso responsabile di questo reato”. Come è potuto accadere? In una trentina di stalle del bresciano, del cremonese e del mantovano è stato prodotto latte che veniva da mucche che da settembre in poi hanno mangiato mais locale, che era contaminato dall’aflatossina B1. Gli allevatori lo sapevano e la maggior parte di loro ha buttato il latte: qualcuno lo ha invece venduto lo stesso, e qualche caseificio l’ha comprato sottocosto e mischiato con latte non contaminato.

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Aflatossina e grana padano: l’inchiesta di Brescia

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