Cultura e scienze
A che punto siamo con il vaccino universale contro l'influenza
Giovanni Drogo 26/08/2015
Due gruppi di ricerca hanno annunciato di essere “molto vicini” alla scoperta del vaccino che ci difenderà dall’influenza. I test sugli animali sono incoraggianti ma è ancora presto per cantare vittoria
Il vaccino per l’influenza è quella cosa di cui si inizia a parlare verso la fine dell’estate. Non appena i giornali hanno finito di dispensare consigli su come difendersi dal caldo scatta la corsa ad illustrare le caratteristiche del nuovo vaccino contro l’influenza. Chi deve farlo assolutamente, chi è meglio che non lo faccia, chi ci guadagna (Big Pharma ovviamente) perché tanto non serve a niente (come scrive un illustre omeopata), quali sono gli effetti collaterali e ovviamente l’immancabile falso allarme.
PERCHÉ DOBBIAMO VACCINARCI OGNI ANNO?
Il problema principale dell’influenza è che il virus dell’influenza è – come spiega New Scientist – in grado di ingannare il nostro sistema immunitario in modo tale che non riusciamo mai ad “imparare” come difenderci dal virus e diventarne completamente immuni. Il virus dell’influenza si evolve in modo così rapido che il nostro sistema immunitario per ogni nuova variante deve ricominciare da capo a costruire le sue difese immunitarie specifiche, che con ogni probabilità serviranno poco o nulla contro la successiva variante del virus che è in grado di apportare piccole modifiche a due proteine specifiche (la emoagglutinina e la neuramidasi) che consentono al virus di sopravvivere all’attacco degli anticopri. Le cose peggiorano ulteriormente quando l’emoagglutinina del virus dell’influenza muta e acquisisce una nuova molecola di emoagglutinina (ad esempio scambiando i geni con l’influenza di altre specie animali (uccelli, polli, maiali e così via). Il nostro organismo si trova così completamente impreparato a fronteggiare la minaccia di questo nuovo ceppo virale e i virologi iniziano allora a parlare di pandemia. Per produrre un vaccino efficace ogni anni gli studiosi monitorano i diversi ceppi virali per scoprire quale sarà quello “dominante” durante l’anno ed elaborare un vaccino che conterrà la forma inattivata del virus con le proteine specifiche per insegnare al nostro sistema immunitario a difendersi dall’influenza. Questa procedura però ha i suoi limiti: ogni hanno i ricercatori lottano contro il tempo nel tentativo di produrre un vaccino prima che arrivi la stagione dell’influenza, ma il vaccino prodotto sarà sempre meno efficace con il passare del tempo e quindi per questo siamo costretti a vaccinarci una volta all’anno. Le cose però potrebbero cambiare se invece che rincorrere la mutazione di alcune proteine si riuscisse a produrre un vaccino in grado di far imparare al nostro sistema immunitario a difendersi non da quelle proteine che mutano in continuazione ma da quelle – più “stabili” – meno soggette a mutazioni che consentono al virus di riprodursi e quindi di diffondere l’infezione. Un vaccino del genere sarebbe universale, ovvero sarebbe teoricamente in grado di difenderci da tutti i ceppi influenzali, eliminando anche la necessità di farci vaccinare una volta all’anno. E un vaccino, contrariamente a quanto dicono i vari ciarlatani, serve perché l’influenza uccide davvero, e non è un bel modo di morire.
LA SPERIMENTAZIONE DEL VACCINO SUGLI ANIMALI
Nel 2009 due gruppi di ricerca annunciarono di aver trovato un punto debole del virus dell’influenza. Ora a quanto pare i due team (uno è lo Scripps research institute di La Jolla in Californa in collaborazione con l’olandese Crucell Vaccine Institutedi Leida e il secondo lo US National Institutes of Health in Bethesda nel Maryland) sono molto vicini alla realizzazione di un vaccino in grado di attaccare le molecole che consentono al virus di replicarsi all’interno dell’organismo. Sebbene si tratti ancora di test in laboratorio su animali i risultati sono incoraggianti, il modello di vaccino dello Scripps è riuscito a immunizzare i topi contro dosi letali di influenza H5N1 ma nelle scimmie – alle quali era stato iniettata una dose non letale – ha solo prodotto un abbassamento della febbre e la produzione di anticorpi contro altre forme influenzali. Anche il vaccino del National Institutes ha consentito la sopravvivenza di tutti i topi vaccinati ma solo di quattro furetti (su sei). Il problema è che i furetti si sono ammalati (il che significa che il vaccino non contrasta l’infezione), l’aspetto positivo è che il vaccino li ha tenuti in vita. È ancora presto per annunciare il vaccino universale contro l’influenza come fanno certi giornali ma la strada intrapresa undici anni fa sembra al momento essere quella giusta.