Virginia Raggi e il solito complotto dell'emergenza monnezza

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-05-09

La giunta torna a lavorare di fantasia come ai bei tempi del Frigogate. Evocando sabotaggi e complotti invece di assumersi le sue responsabilità. E a ricordargliele stavolta c’è un personaggio a sorpresa

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«Complotto? Per favore, questa non la beve nessuno. Basta parlare con gli operai della municipalizzata e farsi spiegare come funziona il ciclo dei rifiuti. A Roma non esistono inceneritori, e quindi il ciclo compie un altro percorso, se si inceppa un minimo il meccanismo accade ciò che stiamo vedendo in questi giorni. È così da anni». È Paola Muraro, ex assessora all’ambiente di Roma con la Giunta Raggi, a demolire il complottismo della sindaca e di Luigi Di Maio sull’emergenza rifiuti che per il suo successore Pinuccia Montanari invece non esiste.

Virginia Raggi e il solito complotto dell’emergenza monnezza

L’intervista rilasciata dalla Muraro al Messaggero, in cui l’ex AMA fa a pezzi la giunta e la politica della Montanari, dà però l’esatta dimensione dell’incapacità della sindaca nello scegliere i collaboratori: esattamente come Berdini, l’ex assessora si sta vendicando della sua defenestrazione dalla giunta Raggi, dimostrando così la sua (nulla) fedeltà al progetto dei 5 Stelle ma dicendo anche cose molto interessanti riguardo la politica ambientale grillina e la sua incapacità nel risolvere i problemi attuali della città. Un’amministrazione che per prendere una qualsivoglia iniziativa rispetto all’interdittiva antimafia sugli impianti Colari ha dovuto far scomodare Prefetto, Regione e l’Autorita anticorruzione. E che oggi, con la sua assessora responsabile, sostiene che non ci sia emergenza ma che ci sono “criticità”, dimostrando di avere più talento nei giochi di parole che nella risoluzione dei problemi.

Le linee perché si fermano?
«Perché mancano le gru, i polipi per i rifiuti, non si fa la manutenzione straordinaria. E nessuno ha sollecitato Ama».
Vuole dire che se lei fosse ancora assessore non ci sarebbe stata questa emergenza?
«Non mi sarei bevuta la storia del sabotaggio, la commissione ecomafia già nel 2015 diceva che servivano alcune macchine per non bloccare il ciclo. La linea si ferma per 40mila euro, costano così queste macchine. Può essere possibile?».
Nessun sabotaggio dunque?
«No, semmai è in corso quello dei dirigenti di Ama. Le racconto un retroscena». Prego. «Mi sono dimessa il 12 dicembre: la mattina feci un sopralluogo e vidi che le macchine erano ferme da luglio. Ora io mi chiedo: si possono nominare ai vertici di Ama gli stessi dirigenti che sono indagati per la gestione di questi impianti? Io ho fatto un passo indietro. O meglio mi hanno tolto di mezzo perché conoscevo la macchina e davo fastidio».

Ora, sarebbe inutile far notare a Muraro che l’inventrice dei complotti dei frigoriferi non dovrebbe fare l’anticomplottista con le fregnacce altrui. Tuttavia lo stato del TMB Nuovo Salario, certificato ieri dalla CGIL, dovrebbe invitare alla prudenza anche chi getta acqua sul fuoco per convenienza politica.

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Le foto della CGIL al TMB Nuovo Salario

L’emergenza rifiuti che non c’è

E se non bastano le foto basta un rapido screening delle zone della città in emergenza. Ci sono i video dei cittadini girati in via Tovaglieri, ci sono le segnalazioni da Roma Est, dalla Balduina, da Boccea, da Pietralata, da Centocelle, da Tor Tre Teste. C’è soprattutto la consapevolezza che se questa è la situazione in maggio, a luglio, quando i macchinari che ricevono i rifiuti saranno chiusi per manutenzione, peggiorerà. In tutto ciò l’AMA, racconta oggi Il Messaggero, fa quel che può:

Oltre a turni straordinari e aumentare l’attività degli impianti Tmb, l’Ama (che conta di chiudere l’allarme entro domenica) sta incrementando l’invio di rifiuti trattati all’estero: finora partiva un treno alla settimana in direzione Austria, con una capacità di 700 tonnellate. Ora siamo passati a due, con la prospettiva di salire a tre convogli a partire dalla prossima settimana. Un grande sforzo per la municipalizzata, non soltanto sul piano organizzativo: ogni spedizione ferroviaria costa circa 100mila euro all’Ama, che vedrà inevitabilmente triplicarsi questa voce di spesa.

Un ciclo fragile

La verità è che quello romano è un ciclo dei rifiuti talmente fragile che basta un imprevisto per mandarlo in tilt. La Capitale produce infatti ogni giorno oltre 2.700 tonnellate di indifferenziata: materiale che deve entrare negli impianti per trasformarsi in “cdr”, combustibile da rifiuti che a sua volta produrrà energia negli inceneritori. Quando tutto fila liscio, i quattro impianti della Capitale riescono a trattarne 2.200. Il resto prende la strada di altri comuni e regioni (Frosinone, Aprilia, Aielli in Abruzzo) o addirittura va all’estero (70mila tonnellate all’anno in Austria).

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Le foto delle zone in emergenza (Repubblica Roma, 9 maggio 2017)

Poi accade l’imprevisto del tutto previsto. Ovvero, nell’occasione, negli impianti di smaltimento del TMB del Colari durante febbraio e marzo la raccolta dei rifiuti è andata a rilento perché i cancelli, come nel giugno scorso, hanno cominciato a chiudersi e riaprirsi a comando: così il consorzio sperava di ottenere il pagamento che gli spetta per gli accordi con il Comune ma impedito dall’interdittiva. Dopo la conferma del Consiglio di Stato, un’azienda pubblica come Ama non poteva pagare i servizi di Colari e dunque i due impianti di Malagrotta si sono bloccati perché il consorzio non poteva a sua volta pagare stipendi e fornitori. Senza quei due impianti, però, Roma è andata in emergenza (è già in crisi) perché non sa dove trattare 1.200 delle 3.000 tonnellate di  indifferenziato prodotte ogni giorno.

Cosa è successo ai rifiuti di Roma

La sindaca avrebbe dovuto fare quello che consigliava l’ex amministratore unico di AMA Daniele Fortini già a giugno: commissariare il Colari e continuare a utilizzare i suoi impianti. Per farlo ha atteso che la Regione verificasse lo stato degli impianti e l’ANAC desse il via libera, anche perché la Raggi ha ormai ben presente cosa significa muoversi senza l’ok degli altri enti che sovrintendono alle decisioni: si finisce a doversi giustificare da Pignatone.

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La monnezza a Roma e il ciclo dei rifiuti (Corriere della Sera, 23 giugno 2016)

Dopo le carte firmate dalla sindaca il prefetto è passato al commissariamento del Colari: ma a questo punto tutti gli impianti erano già pieni e si deve procedere allo smaltimento di quanto si trova lì prima di poter svuotare le strade.  Da qui l’emergenza rifiuti e la provocazione di Matteo Renzi che ha annunciato l’invio di volontari per ripulire una città sporca. Intanto l’AMA ha denunciato un sabotaggio a causa del blocco di un escavatore cingolato per colpa di una tanica di plastica che bloccava il macchinario. E la giunta, con ancora in testa la Montanari, ne ha approfittato per far partire la caccia alle streghe. Forse dimenticando che se un macchinario all’interno di un impianto AMA va in tilt a causa di un atto criminale non si deve andare tanto lontano per cercare il responsabile. E soprattutto, dimenticando che se basta una tanica di plastica per finire in emergenza il problema è a monte. E il pesce puzza dalla testa.

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