Fact checking
La scenetta della scissione nel M5S (che vota Salvini per tenersi la poltrona)
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2019-08-06
Anche ieri i cosiddetti dissidenti grillini non hanno avuto il coraggio di votare contro il governo ma sono usciti dall’Aula aiutando l’esecutivo. Eppure c’è ancora chi crede alle loro buffonate
Ieri durante il voto per il decreto sicurezza bis il MoVimento 5 Stelle ha registrato cinque defezioni: quelle di Elena Fattori, Virginia La Mura, Michela Montevecchi, Lello Ciampolillo e Matteo Mantero. I cinque senatori dissidenti però non hanno votato contro la fiducia, ma sono usciti dall’Aula al momento del voto, aiutando oggettivamente così il governo che ha visto abbassare il quorum per la votazione.
La scenetta della scissione nel M5S (che vota Salvini per tenersi la poltrona)
E sono stati rimpiazzati da altre grosse personalità che il M5S ha portato in parlamento per moralizzarlo, come Maurizio Buccarella, nientepopodimenoché avvocato cacciato dai grillini perché si è tenuto i soldi che doveva donare al fondo per il microcredito annullando bonifici: è uno di quelli che secondo Di Maio si sarebbe dimesso una volta eletto e infatti è ancora lì a portare a casa la pagnotta e a fornire una stampella al governo quando necessario (e pensare che era uno che faceva opposizione a Grillo sull’immigrazione).
Forza Italia era in Aula ma non ha partecipato al voto. Fratelli d’Italia ha scelto l’astensione. Con il nuovo regolamento del Senato, entrato in vigore in questa legislatura, i loro senatori non sono stati conteggiati in quello che impropriamente viene chiamato quorum, cioè la maggioranza per approvare la fiducia. Non lo sapevano? Oppure lo sapevano e in questo modo hanno dato comunque una mano al governo?
Una stampella di riserva il governo ce l’ha comunque: i cosiddetti «totiani», vicini a Giovanni Toti e quindi a Matteo Salvini, avevano pensato di lasciare l’Aula ma poi, con la conta, non è più stato necessario. Infine c’è Alberto Airola, ribelle pentito che alla fine ha votato sì citando Rino Formica, «la politica è sangue e merda». A questo punto è evidente che ha scelto la seconda.
La scissione nel M5S potrebbe essere decisivAHAHAHAHAHAHAH
Ciò nonostante, c’è chi, come Emanuele Buzzi sul Corriere della Sera, che racconta la favola di un MoVimento 5 Stelle diviso, “teso tra due spinte contrapposte, rese ancor più plastiche pubblicamente dallo strappo di Max Bugani nei confronti di Luigi Di Maio“.
Da una parte c’è l’ala governista con il desiderio di andare avanti con l’esperienza di governo, dall’altra un gruppo movimentista di big e attivisti che chiede un cambio ai vertici e manifesta il desiderio di tornare al voto e, molto probabilmente, all’opposizione. E in entrambe le fila c’è chi evoca — un po’ come minaccia, un po’ come spettro— l’idea di rifondare i Cinque Stelle. Ognuno con modi e metodi diversi. Anche con nuovi progetti.
Insomma, la guerriglia interna è destinata a durare. Molti esponenti della fronda vedono in Alessandro Di Battista l’unica alternativa a Luigi Di Maio, ma la contrapposizione al momento è solo a colpi di fioretto. E c’è anche chi prova a mediare ed evitare strappi. Roberto Fico rimane in stand by, osserva, e continua a pungere Matteo Salvini (l’ultima stoccata nel tardo pomeriggio sulla Terra dei fuochi). Davide Casaleggio ieri ha incontrato proprio Bugani: al centro le tensioni ai vertici del Movimento e il ruolo del consigliere bolognese nell’associazione Rousseau (di cui Bugani è socio).
Si tratta con tutta evidenza di una serie infinita di fregnacce. Se il M5S torna al voto, metà dei parlamentari rischia di tornarsene a casa e non mettere più piede in parlamento. A parte quelli che non sono ricandidabili perché al secondo mandato e quindi non hanno nessuna speranza di essere ricandidati nel M5S (ed ecco perché stanno cercando di riciclarsi come ribelli: per rimediare altre candidature con altri partiti: chissà quanti fessi ci cascheranno). Non a caso chi si agita è Max Bugani, che non ha più incarichi, o Alessandro Di Battista, che è fuori dal Parlamento e ci rientra solo con le elezioni. C’è chi è arrivato ad essere terza carica dello Stato in questa legislatura: vi pare che si mette a sottilizzare su quanto sia fascista il governo che appoggia?
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