Perché la Libia può far perdere le elezioni a Salvini

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-04-12

Per la Lega c’è un complotto francese per destabilizzare il nostro governo tramite un’invasione organizzata di profughi. Ma la Lega dimentica che tra gli sponsor di Haftar c’è anche la Russia dell’amico Putin. E soprattutto che la Libia non è già ora un porto sicuro, figuriamoci con un conflitto aperto in atto

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«Io ho il dubbio legittimo che sia in corso un tentativo di destabilizzare il governo italiano magari provocando un’ondata di profughi verso l’Italia», così l’eurodeputato leghista (ex M5S) Marco Zanni ha spiegato quello che sta succedendo in Libia. Zanni è il responsabile Esteri della delegazione della Lega all’Europarlamento ma anche Salvini nutre gli stessi dubbi. Questa mattina al Gr1 il ministro dell’Interno ha dichiarato di avere il timore che «qualcuno per interessi economici e egoismi nazionali stia giocando alla guerra, che è un gioco molto pericoloso» sottolineando che «io e altri colleghi stiamo cercando di puntare alla pace e al dialogo parlando con tutti».

La Lega e l’invasione di profughi dalla Libia

Sta forse parlando della Francia? Salvini non lo dice esplicitamente ma la risposta successiva è stata questa: «mi sembra evidente che chi ha interesse a destabilizzare l’area e l’ha già fatto negli anni passati per interessi economici e non per i diritti umani, sia chiaramente oltreconfine». Unendo le dichiarazioni di Salvini e di Zanni viene così fuori che la posizione della Lega sulla guerra in Libia è che la Francia stia soffiando sul fuoco per difendere i suoi interessi economici e per destabilizzare il governo italiano.

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Ma sia Zanni che Salvini dimenticano qualche dettaglio. Perché Haftar non è sostenuto solo dai francesi, ma anche da Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto ma anche dalla Russia di Putin, ovvero uno dei principali alleati della Lega sullo scacchiere internazionale. Sebbene infatti il Cremlino abbia ribadito di non dare sostegno ad Haftar gli analisti sono concordi nel ritenere il generale che da Bengasi comanda su tutta la Cirenaica l’uomo sul quale ha puntato Mosca. Non apertamente, ma sono già stati individuati in Cirenaica movimenti di mercenari russi. In questi ultimi giorni una delegazione del governo di Bengasi s è recato prima a Parigi e poi a Roma, ed è di ieri pomeriggio la notizia che Haftar farà una visita “non ufficiale” a Mosca. La Libia potrebbe essere una nuova Siria, solo che Putin non ha ancora mostrato le sue carte in attesa di poter assumere – anche con la complicità delle ambiguità europee e della “fuga” degli USA – il ruolo guida nell’eventuale transizione. Certo sarebbe imbarazzante per Salvini (e un po’ anche per Macron, ma per altre ragioni) dover avere a che fare con Putin a Sud del nostro confine.

La guerra in Libia farà aprire i porti a Salvini

Il timore della Lega non è la guerra, ma le conseguenze di una guerra in Libia. Il problema è la presunta invasione. Invasione che – stando alle numerosissime dichiarazioni della Lega e di Salvini in materia – in realtà è già in atto o sarebbe avvenuta negli anni passati. Ma dal momento che si tratta di un argomento cui gli italiani hanno dimostrato di prestare orecchio e di gradire (almeno sotto l’aspetto dei consensi elettorali). Con la guerra però cambia tutto, perché le persone nei lager libici potrebbero riuscire a scappare, perché le motovedette di Tripoli potrebbero non essere in grado di prendere il mare e di fare il “loro lavoro” riportando i migranti a terra. E perché è del tutto evidente che la Libia non è più un porto sicuro.

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Cosa succederà alla zona SAR libica? Lo spiega oggi sul Fatto Quotidiano il segretariato dell’IMO, l’Organizzazione marittima internazionale che si occupa di certificare le zone di ricerca e soccorso marittimo. Sono i singoli stati in realtà ad “autocertificare” le rispettive zone SAR quindi fintanto che la Libia non comunicherà l’intenzione di non mantenere più la sua zona SAR (ad esempio perché impossibilitata dal conflitto come è successo nel 2011) l’IMO non ha il potere di toglierla. Finché la Libia non rinuncia le cose rimarranno come sono ora, ovvero in base agli accordi presi durante il governo Gentiloni. «Il segretariato dell’Imo osserva con preoccupazione i recenti sviluppi sulle questioni umanitarie che riguardano la Libia. Ma non siamo nella posizione di verificare la situazione all’interno di tale paese» così l’IMO al Fatto.

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Insomma la Libia potrebbe avere la zona SAR anche se non è un porto sicuro, ed è quello che succede tutt’ora. Ma questo non preoccupa Salvini che si sta già preparando a respingere l’invasione. Ieri 90 migranti (74 secondo il cruscotto giornaliero del Ministero dell’Interno) sono sbarcati a Lampedusa. Subito Salvini ha fatto sapere che «il Viminale è al lavoro per espellere i 90 migranti a bordo del barcone intercettato dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera al largo della Sicilia». Secondo il ministro dell’Interno quelle 90 persone saranno rispedite a casa “nelle prossime ore“. Anzi, i migranti sarebbero stati fatti sbarcare con il solo scopo di velocizzare le procedure di espulsione. Ma Salvini sa che non è così, perché per le verifiche delle identità dei migranti servono giorni, perché le persone sbarcate potrebbero presentare richiesta d’asilo e serviranno mesi per istruire la pratica. E soprattutto perché i rimpatri non sono una cosa immediata, dipendono dagli accordi bilaterali con i paesi di provenienza. Salvini aveva promesso 600mila rimpatri, ma era una balla e lo scorso anno ne sono stati “rimandati a casa” poco più di seimila. Se venisse fuori che anche la promessa dei porti chiusi era una balla Salvini rischierebbe davvero di perdere voti. E questo non può succedere. Ecco che ritorna l’invasione.

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