Luigi Di Maio non capisce gli immunodepressi ma crede a Salvini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-07-07

Fantasmagorica intervista del leader 5 Stelle: i soldi della Lega? E allora Pittella? Gli immunodepressi? E come può un modulo attentare alla loro vita? Le domande e le risposte che mancano nell’intervista a Repubblica

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Luigi Di Maio rilascia oggi una fantasmagorica intervista ad Annalisa Cuzzocrea su Repubblica in cui tira fuori un paio di dichiarazioni capolavoro sulle questioni di attualità. In primo luogo Di Maio fa sapere che «La questione delle correnti nella magistratura è stata affrontata da tutti. L’opposizione che ora si scandalizza, nelle linee guida del 2014 parlava della necessità di superarle», difendendo così la posizione del sottosegretario leghista Jacopo Morrone che ieri è stato criticato dai magistrati mentre le opposizioni chiedevano le sue dimissioni.

Luigi Di Maio crede a Salvini?

Poi Di Maio affronta la vicenda dei soldi della Lega con una risposta che si potrebbe sintetizzare con un ‘E allora Pittella?’: «La questione va affrontata per quello che è: la magistratura ha tutti gli strumenti per trovare quei soldi qualora ci siano. Salvini ha detto che sono stati spesi. Io non ho nessun imbarazzo perché questa storia riguarda i tempi in cui la Lega era guidata da Umberto Bossi. Perché non mi chiede dell’inchiesta sul governatore della Basilicata Pittella? Bisogna spezzare il legame tra politica e manager della sanità. Lo abbiamo detto in campagna elettorale e lo faremo: la salute dei cittadini non sarà mai più merce di scambio».

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Riguardo la risposta di Di Maio è giusto ricordare come sono andate le cose. In primo luogo, ricorda l’Espresso che Salvini ha utilizzato quei soldi:

Salvini ha sempre sostenuto che di quei 48 milioni non ha mai visto uno spicciolo. I report interni del Carroccio però smentiscono il ministro dell’Interno e segretario del partito. E dimostrano l’esistenza di un filo diretto tra la truffa architettata dalla coppia Belsito-Bossi e i suoi successori. Tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati.

A fine 2013, cioè al termine del mandato di segretario, Bobo Maroni ha incassato 12,9 milioni di euro. Rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato. Quando Salvini subentra a Maroni poco cambia. Il nuovo segretario incassa 820 mila euro per le elezioni regionali del 2010.

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La carta che accusa Salvini e Maroni (La Repubblica, 4 luglio 2018)

In più, Di Maio dovrebbe ricordare che c’è una carta che accusa gli stessi Salvini e Maroni. Si tratta di un dossier depositato in procura sul quale sta lavorando la Finanza, proviene dalle memorie difensive di Bossi e Belsito e sostiene che Maroni e Salvini presero in carico nel loro ruolo di segretari almeno una parte dei soldi ai quali danno la caccia, anche all’estero, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Genova.

Sono i “mastrini” ovvero i prospetti delle operazioni di dare e avere del conto ufficiale del Carroccio. In particolare contengono le annotazioni dei rimborsi ottenuti dalla Lega che chiariscono come Maroni e Salvini incassarono quote dei rimborsi dell’epoca di Bossi. Nel dettaglio: il 31 luglio e il 27 ottobre del 2014, il segretario Salvini incamera i rimborsi per le elezioni regionali del 2010 per oltre 800 mila euro. Il documento indica Salvini, non ancora segretario (lo diventerà il 7 dicembre di quell’anno), come referente di rimborsi incassati anche nel luglio del 2013 per le elezioni della Camera.

Complessivamente sono 851.601,64 euro. Certo non sono i 12 milioni e 946 mila euro finiti nelle casse della Lega (sempre per rimborsi rientranti nel periodo della truffa compiuta da Bossi e Belsito) quando il segretario era Roberto Maroni, ma secondo la procura sono comunque sufficienti per sostenere che l’attuale segretario della Lega incassò e amministrò una fetta di denaro che la Finanza sta cercando di ritrovare.

Il ministro è padronissimo di credere a chi vuole. La realtà dei fatti è però questa.

Di Maio, i “reati penali” e i bambini immunodepressi

Ma c’è un’altra risposta meravigliosa di Di Maio riguardo l’attualità politica. Ed è questa:

Sui vaccini. perfino una vostra senatrice, Elena Fattori, dice che la sola autocertificazione per andare a scuola mette a rischio i bambini immunodepressi.
«Non ho capito come un modulo possa attentare alla salute di un bambino immunodepresso. La dichiarazione mendace in questi casi è un reato penale. L’unica cosa che ha fatto Giulia Grillo è cercare di semplificare la procedura per permettere ai bambini vaccinati di andare a scuola. Ai parlamentari dico di scrivere meno post e fare più leggi».

Ora, a parte il meraviglioso “reato penale”, che è un’assurdità logica come ben dovrebbe sapere uno studente di giurisprudenza (il reato è sempre penale: non esiste il reato civile o amministrativo), il problema degli immunodepressi non è complicatissimo da capire: i bambini immunodepressi sono quelli che per ragioni di salute non possono vaccinarsi. Si troveranno in classe bambini non vaccinati e quindi potenzialmente portatori di malattie anche mortali (nei primi cinque mesi del 2018 sono stati registrati 1.716 casi di morbillo e 4 decessi).

Rispondendo ad una domanda del giornalista di RaiNews 24 Gerardo D’Amico sulla sorte di questi studenti più “fragili” durante la conferenza stampa sul decreto Lorenzin, il ministro dell’Istruzione Bussetti ha dato una non risposta spiegando che la scuola italiana già prevede delle soluzioni per i ragazzi malati come la scuola in ospedale o la scuola parentale «forme di organizzazione che consentono ai ragazzi di seguire il loro percorso scolastico come se fossero in aula senza abbandonarlo». Non si capisce se Bussetti non ha capito la domanda oppure se sta proponendo di fare quello che già propose la senatrice M5S Elena Fattori. Ovvero di tenere a casa i bambini malati fino a tre anni. Sì, non si tratta di un’omonimia: è la stessa Fattori che ieri ha detto il contrario.

Leggi sull’argomento: Sui vaccini obbligatori il governo sta dalla parte dei novax (e dimentica i bambini immunodepressi)

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