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Le scuse comiche dei renziani per non partecipare al CDM sulla nomina di Ignazio Visco

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-10-28

«Non importa, sai, c’avevo judo»: le giustificazioni di MEB, Delrio, Martina e Lotti per l’assenza di ieri sono particolarmente curiose. Ma nascondono la nuova strategia del segretario per la campagna elettorale in arrivo. Anche se il voto in Sicilia potrebbe rovinare tutto

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C’è chi aveva la fiera dello sci, chi era impegnato nella conferenza programmatica del Partito Democratico a Napoli. C’è chi aveva l’influenza e persino la febbre. Insomma, se Maria Elena Boschi, Graziano Delrio, Luca Lotti e Maurizio Martina erano assenti al Consiglio dei Ministri che ha proceduto alla nomina di Ignazio Visco come governatore della Banca d’Italia avevano tutti dei buoni motivi, e honni soit qui mal y pense. Finisce così nel grottesco la vicenda della guerra di Matteo Renzi a via Nazionale, dopo che il segretario del PD non ha ottenuto la testa del governatore nonostante la mozione “a sorpresa” approvata alla Camera che chiedeva, ma anche no, il suo addio.

Le scuse dei renziani per non partecipare al CDM sulla nomina di Ignazio Visco

E pazienza se l’assenza contemporanea dei magnifici quattro fa gridare al ridicolo in coro l’intera opposizione: a Matteo Renzi non sembra interessare: di certo aiuta a far passare meno sotto i riflettori quella di Maria Elena Boschi, che, secondo le cronache, sarebbe stata chiesta dallo stesso Paolo Gentiloni alla sottosegretaria, proprio per le famose “ragioni di opportunità” che erano state sottolineate in un’interrogazione rivolta al premier e al ministro dell’Economia Padoan da MDP. Anzi, proprio il consiglio di Gentiloni a MEB e la reazione non propriamente accondiscendente della sottosegretaria avrebbe portato alla fine alle assenze degli altri tre. Un’assenza di solidarietà politica che fa oggi scendere ufficialmente il gelo tra Gentiloni e Renzi, ma che non permetterà al segretario del PD di fare altro per mettere in pericolo un governo da lui voluto e da lui benedetto fin dal giorno dell’addio a Palazzo Chigi.

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I ministri che non c’erano il giorno della nomina di Visco (Corriere della Sera, 28 ottobre 2017)


L’intera vicenda ha avuto anche il “merito” di accelerare l’addio del presidente del Senato Pietro Grasso al PD e il suo approdo a MDP. E quindi a fornire quella sensazione di disgregazione che ha portato un giornale come Repubblica a parlare di grande rottura nel PD e di attacco alle istituzioni da parte del segretario.

Una volta qui era tutta campagna elettorale

In maniera forse un po’ esagerata visto che l’obiettivo scoperto di Renzi è invece la campagna elettorale. Una volta approvato il Rosatellum la corsa alle urne è già nei fatti prima della proclamazione del giorno del voto, e per questo Renzi ha deciso di portarsi avanti con il lavoro: visto che la presunta accondiscendenza nei confronti degli istituti di credito è stato uno degli argomenti che ha portato alla perdita di consenso del suo governo fino alla rovina del 4 dicembre, il suo contrattacco serve, nelle sue intenzioni, a rispondere all’offensiva “con i fatti” (cioè le assenze…):

L’onda sarà cavalcata durante l’intera campagna elettorale, anche sulla scia di quanto emergerà nelle prossime settimane dai lavori della Commissioni d’inchiesta sulle banche. È da quel fronte che il fuoco di fila renziano si attende le munizioni più pesanti fino allo scioglimento delle Camere. Soprattutto quando l’organismo presieduto da Pier Ferdinando Casini affronterà il capitolo Mps e banche venete. L’assenza dal Consiglio dei ministri di ieri è stato giusto un segnale, come spiega uno dei ministri protagonisti del forfait.
Ma il clou, dal loro punto di vista, è di là da venire. Già, perché l’obiettivo di Renzi è quello di porsi su questo come su altri argomenti dalla parte «dei cittadini», come va ripetendo da una tappa all’altra del viaggio in treno. Un ritorno al Renzi prima maniera, insomma. Ventre a terra ed elmetto in testa per la lunga e aspra campagna che lo attende. Anche a costo di mettersi in rotta di collisione con chicchessia, dai vertici di Bankitalia all’esecutivo.

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I fronti aperti da Matteo Renzi per la campagna elettorale (La Repubblica, 28 ottobre 2017)


Con uno scoglio, però: quel voto in Sicilia che potrebbe rimescolare le carte all’interno del partito, soprattutto se il candidato Micari dovesse ottenere un risultato elettorale deludente (ovvero arrivare quarto dopo il candidato della sinistra Fava). In quel caso, secondo molti retroscena, i big del partito sarebbero pronti a saltare al collo del segretario per ottenere un cambio di linea o, addirittura, le sue dimissioni. Uno scenario fantapolitico, visto che, come racconta oggi il Messaggero,  ieri in CDM trapelava in alcuni ministri anche uno sconcerto di segno opposto alla meraviglia per l’assenza di Boschi, Letta, Delrio e Martina: l’allarme per non aver ricevuto da Renzi, al pari degli assenti, l’invito a disertare. “E’ il segnale, a pochi mesi dalla compilazione delle liste elettorali, di essere escluso dalla cerchia degli uomini di fiducia del segretario?”.

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