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Zanda-gate: cosa c’è di vero nella storia della proposta di “aumento” di stipendio dei parlamentari

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-03-28

Qualcosa non funziona nel Partito Democratico. E non è l’inutile proposta di legge per “agganciare” lo stipendio dei parlamentari italiani a quello degli Europarlamentari. È il modo in cui nel PD non sono riusciti a gestire la comunicazione sulla proposta di legge di Zanda. E forse è ora di smetterla di inseguire il M5S sul terreno demagogico dei costi della politica

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Il Partito Democratico ha tanti problemi. Due su tutti: è all’opposizione e continua a perdere le elezioni regionali. Qualcuno deve aver pensato che una buona idea per recuperare consensi poteva essere quella di rincorrere il M5S sul suo stesso terreno. Vale a dire la battaglia demagogica sui costi della politica. Per qualche assurdo motivo il PD, che era al governo fino ad un anno fa, ha pensato bene di depositare solo a fine febbraio 2019 una legge per “ridurre” lo stipendio dei parlamentari italiani.

Il vero problema dello Zanda-gate: ovvero quando il PD rincorre il M5S sull’antipolitica

A mettere nero su bianco una proposta di legge che per forza di cose non verrà mai approvata è stato il Tesoriere del PD Luigi Zanda che il 27 febbraio scorso ha depositato la proposta di legge numero 1107 recante Nuove norme in materia di adeguamento del trattamento economico dei membri del Parlamento a quello dei parlamentari europei. Nelle intenzioni di Zanda l’idea è quella di agganciare lo stipendio dei parlamentari italiani a quello degli eurodeputati. Cosa che secondo lui comporterebbe una riduzione degli emolumenti. Ma è vero solo se prendiamo in considerazione gli importi lordi e non i netti e se teniamo fuori dal discorso indennità e rimborsi vari. È vero infatti che lo stipendio lordo dei membri del Parlamento Europeo è più basso, ma quando si arriva al netto – per via della tassazione differente – le cose cambiano e quello europeo è sensibilmente più alto.

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Significa quindi, come sostengono alcuni che alla fine i parlamentari italiani guadagneranno di più? Se ci basassimo solo sull’indennità parlamentare la risposta sarebbe no. Perché la proposta di legge Zanda prevede che i nostri parlamentari dovranno percepire un’indennità lorda corrisponente a quella dei membri del Parlamento Europeo. In virtù del fatto che la tassazione sui redditi in Italia è differente questo comporterebbe anche una riduzione dello stipendio netto mensile. Da questo punto di vista sarebbe quindi un’effettiva riduzione dello stipendio.

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Sul Fatto Quotidiano si legge che Zanda «si preoccupa di prevedere anche un’indennità transitoria a carattere temporaneo» che matura a fine mandato (comma b dell’art 1) lasciando intendere che questo sarebbe un ulteriore regalo. Ma non è così perché già oggi i parlamentari ricevono un assegno di fine mandato (volgarmente detto TFR). Ricordate di quando Di Battista ha annunciato di aver restituito i 43mila euro di assegno di fine mandato? Ecco.

Un confronto tra le retribuzioni dei parlamentari europei e italiani

La retribuzione lorda mensile dei deputati al Parlamento Eururopeo è pari a € 8.757,70 (a luglio 2018). Essa è a carico del bilancio del Parlamento ed è soggetta a un’imposta dell’UE ed a una serie di contributi assicurativi, al netto dei quali la retribuzione ammonta a € 6.824,85 euro. In Italia invece i deputati percepiscono una retribuzione lorda pari a 10.435,00 euro per un netto pari a poco più di 5mila euro. C’è poi da considerare che in alcuni paesi UE gli europarlamentari sono tenuti a versare un’imposta aggiuntiva nel paese d’origine. Quindi se mediamente un parlamentare italiano come Luigi Di Maio nella dichiarazione dei redditi dichiara circa 98mila euro lordi un parlamentare europeo come Matteo Salvini ne dichiarava nel 2016 poco più di 100mila lordi. Possiamo dire che il trattamento economico di base è sostanzialmente identico. Ma con l’attuale tassazione sui redditi probabilmente sarebbe più basso con la proposta Zanda.

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I deputati e i senatori italiani possono alzarsi e abbassarsi lo stipendio a patto che non superi «il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate» (art  1 della legge n. 1261 del 1965) quella degli Europarlamentari «è fissata al 38,5% della retribuzione di base di un giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea». Ne consegue che i deputati non stabiliscono né possono stabilire l’importo della loro retribuzione ma i parlamentari italiani hanno un discreto margine per aumentarsi lo stipendio (fino ad un dodicesimo di 75mila euro). Capitolo a parte sono i contributi per gli assistenti parlamentari degli eurodeputati che vengono erogati per un importo massimo di 24.526 euro al mese. Somme che però non vengono versate direttamente ai parlamentari.

Le indennità e i rimborsi spese degli europarlamentari

C’è poi il capitolo indennità.  Si legge sempre sul sito dell’Europarlamento che ai deputati viene rimborsato il costo effettivo dei biglietti di viaggio, su presentazione delle relative ricevute. In Italia è previsto un rimborso spese trimestrale forfettario pari a 3.323,70 euro per le spese di trasferimento tra Roma e il paese di residenza del deputato. L’indennità di soggiorno: il Parlamento europeo versa un’indennità forfettaria di 320 euro a copertura delle spese di alloggio per ogni giorno in cui i deputati sono presenti a Bruxelles o a Strasburgo per attività ufficiali, purché firmino un registro che attesti la loro effettiva presenza. A quanto pare molti deputati sono soliti firmare il registro la mattina per poi tornarsene a casa e incassare lo stesso la diaria. Per i deputati al Parlamento italiano la diaria è pari a  3.503,11 euro, somma che viene decurtata di 206 euro per ogni giorno di assenza. Al momento per essere considerato presente il deputato deve partecipare almeno al 30% delle sedute, con la proposta Zanda la diaria viene erogata sulla base di 15 giorni al mese di presenza e il parlamentare la riceverebbe solo per i giorni di effettiva presenza.

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Gli europarlamentari ricevono anche un’indennità per le spese generali che per il 2019 ammonta a 4.513 euro al mese. Anche questa può essere dimezzata se il deputato partecipa annualmente a meno della metà delle sedute plenarie. Il rimborso spese generali di un membro della Camera dei Deputati è  pari a 3.690 euro al mese, per il 50% a forfait il resto deve essere giustificato da attestazioni di pagamento. I membri della Camera hanno anche diritto ad un rimborso spese telefoniche  da 3.098,74 a 1.200 euro annui.

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Il cedolino del rimborso spese di Luigi Di Maio [Fonte: TiRendiconto]

Come si vede qui sopra Luigi Di Maio (ma vale per tutti i deputati) a settembre 2018 ha ricevuto rimborsi pari a 7.193 euro, che si vanno a sommare ai 10mila euro lordi di indennità parlamentare. Totale: 17mila euro lordi contro un totale che oscilla tra i 16mila e i 19mila euro lordi per i deputati europei. I quali però sono soggetti ad una tassazione diversa e hanno maggiori obblighi di rendicontazione. E Zanda interviene anche su questo aspetto quando scrive che «le Camere rimborsano le spese effettivamente sostenute» sia per quanto riguarda le spese di viaggio, le spese mediche e quelle per i collaboratori. A conti fatti e tenuto conto che lo stipendio lordo attuale dei parlamentari equivale a circa 5mila euro, abbassarlo a 8mila euro (lordi) significa uno stipendio netto più basso a fronte di diarie che per effetto della rendicontazione puntuale dovrebbero essere più contenute. Forse però il PD doveva studiare meglio la comunicazione della proposta di legge.

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