Luca Zaia e il Coronavirus che «se perde forza vuol dire che è artificiale»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-05-09

Zaia, che ha conseguito tanti successi nell’emergenza Coronavirus in Veneto, è già inciampato in dichiarazioni ridicole come quella dei cinesi che mangiano i topi vivi o le sciocchezze su Avigan. Ma evidentemente quella del virus artificiale doveva essere la dimostrazione che spesso apre bocca dicendo sciocchezze prima di informarsi

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Secondo il governatore del Veneto Luca Zaia se il Coronavirus SARS-COV-2 inizia a perdere forza potrebbe voler dire “che è artificiale“. Lo ha detto oggi rispondendo alle domande dei giornalisti nel corso della consueta conferenza stampa alla sede della Protezione civile di Marghera (Venezia). “Un virus, in natura, non perde forza con questa velocità. Se perde forza allora potrebbe essere artificiale – ha spiegato – magari sono le temperature, magari il virus si è spompato, magari se ne va definitivamente e non avremo la recidiva autunnale. Se volete che vi dica la mia personale opinione, non da scienziato, sono d’accordo con questa teoria del virus più debole. Si è scritto molto su questa storia che se ne va velocemente. Sono d’accordo con Remuzzi (Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, ndr): se se ne va tanto velocemente, secondo me, c’è qualcosa di artificiale di mezzo”.

Luca Zaia e il Coronavirus che «se perde forza vuol dire che è artificiale»

Zaia, che ha conseguito tanti successi nell’emergenza Coronavirus in Veneto, è già inciampato in dichiarazioni ridicole come quella dei cinesi che mangiano i topi vivi o le sciocchezze su Avigan ma evidentemente ci tiene a sfoggiare la sua laurea all’università della strada. Andiamo con ordine: a spiegare che il Coronavirus potrebbe diventare più “buono” era stato qualche tempo fa Roberto Burioni su Medical Facts, ovviamente senza alcuna sciocchezza sull’artificialità, anzi spiegando la questione evolutiva che c’è dietro:  “Il virus può diventare più buono? Sì, tipicamente i virus tendono a diventare più buoni. La cosa non è scontata”, sosteneva il virologo con un esempio: “Immaginiamo che attraverso le mutazioni venga fuori una variante del virus che faccia venire la febbre a 37,2 e non a 39-39,5. Le cose cambiano. Con 37,2 di febbre non stiamo tanto male, andiamo al concerto, a cena, alla partita”. “Il virus che provoca 39 o 40 febbre si trasmetterà molto di meno e quindi velocemente nella popolazione prevarrà la variante più buona perché, mentre gli altri stanno a casa, quelli infettati dalla variante che non fa venire la febbre alta, vanno in giro e trasmettono il virus”. “Questo è molto importante – sottolineava Burioni – ai virus conviene stare in pace con noi e infatti è già successo: altri coronavirus sono passati dall’animale all’uomo e adesso sono la causa di un banale raffreddore. Speriamo che presto succeda la stessa cosa anche con questo coronavirus che ci sta rovinando l’inizio del 2020. Ma dobbiamo dare al virus il tempo di mutare e intanto dobbiamo fare il nostro dovere nella battaglia contro questa minaccia, restando a casa”.

Ma Giuseppe Remuzzi ha detto che il virus è artificiale, come sostiene Zaia? Ovviamente no. Durante Piazzapulita su La7 il direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri ha precisato di non sapere “se è il virus è mutato o se a essere cambiata è la carica virale di ogni paziente, l’unica cosa che posso dire è che sembra di essere di fronte a una malattia molto diversa da quella che ha messo in crisi le nostre strutture all’inizio della pandemia”.

giuseppe remuzzi

Per questo, ha spiegato il dottore, “i malati di adesso sono completamente diversi da quelli di tre o quattro settimane fa, continuano a diminuire le terapie intensive e i ricoveri nei reparti normali. Prima arrivavano nei pronto soccorso 80 persone tutte con delle difficoltà respiratorie gravi, oggi ne arrivano dieci e otto le puoi mandare a casa. La situazione è cambiata ovunque, non solo a Bergamo e a Milano, ma anche a Roma e Napoli”.

La mutazione del Coronavirus

A parlare invece del Coronavirus che sta perdendo forza era stato invece nell’audizione al Senato, Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio Medico di Roma e l’analisi è condivisa da studiosi e primari come Matteo Bassetti, Francesco Le Foche e Massimo Clementi. Il Corriere della Sera ha dedicato una serie di domande e risposte alla questione, ovviamente anche qui non c’è nulla di artificiale in mezzo:

Quali sono i dati che possono portarci a essere ottimisti?
«La prima valutazione è legata all’espressione clinica dell’infezione, che ora è più mite — spiega Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’Ospedale San Raffaele e professore all’Università Vita Salute San Raffaele —. Nella fase più drammatica dell’epidemia arrivavano circa 80 persone al giorno in Pronto soccorso e la maggior parte necessitava di ricovero in terapia intensiva. Le cose sono cambiate da un paio di settimane, i reparti si stanno man mano liberando. L’infezione non arriva più alla fase gravissima della cosiddetta tempesta citochinica, in cui le persone rischiano la vita. In generale, sono in forte calo i pazienti che hanno bisogno di ospedalizzazione. L’epidemia c’è ancora, ma dal punto di vista clinico si sta svuotando».

Come si può dimostrare scientificamente che il virus si è indebolito?
«Servono prove scientifiche di una mutazione che lo porti ad adattarsi all’ospite, cioè all’uomo. Un virus nuovo è sempre molto aggressivo nelle prime fasi, poi impara a convivere con la sua vittima. È un atteggiamento opportunistico, che gli consente di sopravvivere. Se un virus uccide chi lo ospita non può replicarsi. In Italia è stato attivato un network tra laboratori di virologia di vari ospedali: l’obiettivo è monitorare insieme le sequenze del virus, su soggetti a campione. Lo studio finale ci dirà come si è mosso,selezionando una variante piuttosto che un’altra. Ci aspettiamo che questo coronavirus pian piano possa diventare innocuo, com’è successo ai suoi cugini, responsabili del semplice raffreddore».

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Coronavirus: COVID-19, la malattia (La Repubblica, 4 marzo 2020)

L’arrivo del caldo può rappresentare un fattore positivo?
«È una supposizione, ma è molto probabile che sia così — precisa Clementi —. Nell’uomo circolano quattro coronavirus ingentiliti, di cui due molto simili a Sars-CoV-2 per caratteristiche chimico-fisiche. Uno di questi esiste forse dal 1200 e si è adattato a noi con successo. Tutti provocano infezioni modeste, tranne nei bambini da 0 a 2 anni, in cui possono provocare la bronchiolite. E tutti circolano solo in inverno, per sparire nei mesi caldi. Come ha osservato il virologo americano Robert Gallo, la diffusione di SARS-COV-2 ha prima interessato l’emisfero Nord e ora si sta spostando nei paesi dell’emisfero Sud, dove è in arrivo la stagione invernale».

Intanto una ricerca condotta negli Stati Uniti dai Laboratori Nazionali di Los Alamos e dalla Duke University ha scoperto 14 mutazioni in una delle principali proteine del virus e una di queste, hanno scritto “preoccupa” anche se, hanno commentato alcuni virologi, i suoi effetti vanno ancora dimostrati. L’ipotesi di Ciccozzi, che secondo lo stesso epidemiologo è “da dimostrare”, si basa sull’osservazione che il valore R0, il numero delle persone contagiate da ogni persona, sta calando ed è sotto 1. Ciò dimostrerebbe che il virus sta perdendo potenza, principalmente per l’effetto delle misure di restrizione adottate in questi ultimi due mesi, a partire dal lockdown. E’ anche possibile che a influire in tal senso possano essere alcune mutazioni transitorie, che possono averlo reso meno contagioso. “Quelle che si stanno facendo nei modelli elaborati da vari gruppi di ricercatori in questi giorni sono tutte ipotesi, perché mancano le prove di patogenicità in laboratorio su cellule e virus”, precisa Ciccozzi, che ne ha parlato anche nel corso di un’audizione al Senato presso la commissione Sanità. Detto questo, “un dato che stiamo riscontrando è che il virus sta perdendo potenza prima di tutto per effetto del lockdown, del distanziamento e dell’uso delle mascherine”, continua. Inoltre “ora stanno morendo meno persone, le terapie intensive sono meno piene e il virus ha una perdita di potenza, perché continua a mutare. Si tratta di mutazioni transitorie, che durano qualche settimana per poi magari sparire, e che non gli servono. Ma l’evoluzione interviene facendogli perdere contagiosità e letalità. Tuttavia lo ripeto, anche questa è un’ipotesi che va dimostrata“. Ieri ad Agorà anche Massimo Galli, direttore Malattie Infettive Ospedale Sacco (Milano), ha detto che non abbiamo evidenze dell’indebolimento del Coronavirus: “Ho un’interpretazione diversa di questa apparente attenuazione: credo che stiamo osservando dal punto di vista clinico la coda di un’epidemia che ha visto le persone più fragili presentare le forme più gravi in tempi precedenti a questo e attualmente abbiamo nei nostri ospedali persone che si sono spostate verso forme meno gravi rispetto a quelle cui siamo stati abituati all’inizio – dice – Ma questo non vuol dire che si sia attenuato il virus, vuol dire che chi doveva andare male è già andato male alla prima ondata dell’infezione”. “Perché per dire che il virus ha cambiato passo bisogna anche avere qualche evidenza molecolare che è mutato in maniera significativa. Non escludo che possa anche essere così ma questa è un’evidenza che al momento non abbiamo”, ha concluso. Zaia, come spesso gli succede quando parla di cose che non conosce, ha capito metà di un discorso e ha aperto bocca dicendo sciocchezze prima di informarsi. Meglio che torni a dirci le poesie di Eracleonte da GelOH WAIT!

Video da: Twitter

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