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Vittorio Colao, il 5G e la “sostanza medica” da iniettare

neXtQuotidiano 23/04/2020

Vittorio Colao è sulla bocca di tutti i complottisti d’Italia per qualcosa che ha detto a proposito di una “sostanza medica” che sarà possibile iniettare grazie al 5G. La frase è presa da un video caricato sul canale YouTube della Università di Verona nell’aprile 2019. Colao dice che con il 5G sarà possibile “iniettare o rilasciare una sostanza medica che è necessaria per la salute. Si potrà fare tutto in remoto quasi istantaneamente”

Da qualche giorno Vittorio Colao è sulla bocca di tutti i complottisti d’Italia per qualcosa che ha detto a proposito di una “sostanza medica” che sarà possibile iniettare grazie al 5G . La frase è presa da un video caricato sul canale YouTube della Università di Verona nell’aprile 2019. Colao dice che con il 5G sarà possibile “iniettare o rilasciare una sostanza medica che è necessaria per la salute. Si potrà fare tutto in remoto quasi istantaneamente”.

Vittorio Colao, il 5G e la “sostanza medica” da iniettare

La frase ha finito per scatenare un polverone tra i no-5G, che hanno evidentemente preso alla lettera quanto detto da Colao:

vittorio colao sostanza medica 5g 1

E tra questi non poteva mancare l’intellettuale di destra ex finiano Marcello Veneziani, già componente del consiglio di amministrazione della RAI in quota Alleanza Nazionale:

vittorio colao sostanza medica

E nel giro non potevano mancare i novax:

vittorio colao sostanza medica 5g 2

Il discorso si va naturalmente a iniettare (cit.) all’interno della guerra dei complottisti al 5G, nella cui lista si possono annoverare sindaci di un certo livello ma anche un consulente del governo sull’economia come Gunter Pauli. In realtà esistono molte applicazioni del 5G nella telemedicina ma nessuno parla di sostanze mediche da iniettare. Si discute del controllo da remoto di dispositivi medicali e di teleconsulti immersivi di chirurgia a distanza, come quello del novembre 2019:

Il Professor Giorgio Palazzini, della III Clinica Chirurgica dell’Università Sapienza, che con visore di realtà virtuale da Roma si è collegato con la sala operatoria dell’Ospedale Santa Maria di Terni per intervenire in tempo reale nel corso di un intervento laparoscopico reale con l’equipe medica coordinata dal Professor Chang-Ming Huang, dell’Università Fujian Medical di Fuzhon fondata nel 1860.

Con tre telecamere, installate nella sala operatoria dell’Ospedale di cui una a 360° ad altissima definizione, il Professor Palazzini ha partecipato in diretta all’operazione osservando contemporaneamente l’intervento e i dati biometrici del paziente, potendo zoomare e selezionare i dettagli oltre a osservare, sempre in un’unica vista, la ripresa dell’organo interno del paziente, grazie alla telecamera laparoscopica anch’essa connessa alla rete.

L’altissima qualità della video comunicazione in 4K e l’immediatezza della realtà immersiva garantite dalla bassa latenza del 5G hanno consentito al Professor Palazzini di accedere alle informazioni diagnostiche in tempo reale e commentare.

Il report From Healthcare to Homecare realizzato dall’Ericsson Consumer Lab parla di tutt’altro, come la diffusione dei consulti online che ridurrà drasticamente i tempi d’attesa (un aspetto rilevante per il 61% dei pazienti affetti da malattie croniche), mentre l’accesso e la condivisione dei dati delle cartelle cliniche, anche grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, porterà a diagnosi sempre più rapide e precise.

Un ruolo decisivo lo giocherà anche la sanità preventiva: grazie alla diffusione dei wearables, e alla già citata bassa latenza del 5G, diventerà prassi il monitoraggio costante del nostro stato di salute e l’invio in tempo reale dei dati relativi alla nostra condizione fisica, che consentirà di ricevere notifiche e consigli nel momento stesso in cui si dovessero rendere necessari. C’è però un aspetto da migliorare: nonostante il 62% degli utenti ritenga che i dispositivi indossabili permettano di avere la propria situazione medica maggiormente sotto controllo, il 55% degli addetti ai lavori interpellati dall’Ericsson Consumer Lab ritiene che i wearables non siano ancora sufficientemente affidabili.

Infine, la somministrazione da remoto esiste già e si effettua mediante applicazione al corpo del malato di sensori in grado di eseguire i test di laboratorio o strumentali e poi trasmettere i dati a una app e poi a un centro di controllo.

Anche la somministrazione di farmaci potrà essere controllata mediante l’utilizzo di particolari sensori. In questa ottica è stato messo a punto un inalatore digitale per l’asma (ProAir Digihaler) contenente un broncodilatatore (solfato di albuterolo) dotato di un sensore integrato che si collega a un’applicazione mobile complementare. L’inalatore contiene sensori integrati che rilevano quando lo si utilizza e misurano il flusso inspiratorio. Questi dati sono quindi inviati all’app mobile utilizzando la tecnologia wireless Bluetooth in modo che i pazienti possano monitorare personalmente i loro dati di utilizzo e di forza dell’inalazione nel tempo e condividerli con i propri professionisti sanitari. Il nuovo erogatore di farmaci antiasmatici per via inalatoria è stato approvato in questi giorni negli USA dalla FDA e già nel 2019 sarà disponibile (per gruppi di pazienti selezionati).

Insomma, ad occhio pare difficile che qualcuno ti mandi la droga via 5G, come paventava Veneziani, o che il medico tenga il tampone in una mano e magicamente questo finisca nella bocca del paziente dall’altra parte del mondo per i test sul COVID-19.

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