Saverio De Bonis: il senatore condannato e la doppia morale M5S

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-09-11

Nonostante la condanna in appello alla Corte dei Conti il senatore pentastellato è stato candidato all’uninominale e dopo l’elezione non è stato espulso dal MoVimento come invece è successo ad altri. Benvenuti nella doppia morale del partito degli onesti, dove il Codice Etico vale solo i giorni pari

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Vi ricordate di quando Luigi Di Maio in campagna elettorale prometteva che nelle liste del MoVimento 5 Stelle non c’erano impresentabili? Vi ricordate di quando si è scoperto che in lista all’uninominale Di Maio aveva fatto mettere massoni ed indagati? Il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle rassicurava gli elettori che «Tutti coloro che erano in posizioni eleggibili nei candidati delle liste plurinominali mi hanno già firmato un modulo per rinunciare alla proclamazione altrimenti gli facevo danno d’immagine».

Perché Saverio De Bonis non è stato espulso dal M5S?

Gli altri, spiegava il leader pentastellato, erano in collegi uninominali perdenti, quindi non sarebbero stati eletti. Ovviamente non è andata così. Alcuni degli impresentabili presentati dal MoVimento 5 Stelle sono stati espulsi (ma sono rimasti in Parlamento), come ad esempio Salvatore Caiata il presidente del Potenza calcio eletto alla Camera in Basilicata e subito espulso dal M5S perché indagato. Altri – per non si sa quale motivo – invece hanno potuto tenere lo scranno e il posto nel partito del Capo. È il caso del Senatore Saverio De Bonis, eletto all’uninominale in Basilicata con la bellezza di 123.118 preferenze. De Bonis attualmente è membro della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama. E il 19 gennaio 2017 (con sentenza depositata il 24/05/2018) è stato condannato in Appello dalla Corte dei Conti al pagamento, in favore della Regione Basilicata, di 2.775,00 euro. 

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Saverio De Bonis (primo da dx) con Luigi Di Maio ad un comizio del M5S

La sentenza d’appello è stata pubblicata nel maggio scorso (dopo le elezioni) De Bonis non solo è stato candidato dal MoVimento 5 Stelle e, in aperta violazione del Codice Etico, non si è autospeso né è stato oggetto di provvedimento di sospensione o espulsione dal M5S. Ma il problema è un altro, perché dal momento che la sentenza di primo grado della Corte dei Conti a carico di De Bonis è stata emessa nel 2015, il senatore non avrebbe potuto candidarsi non solo perché era già stato condannato dalla Corte dei Conti – che è una condanna contabile e non una condanna penale – ma soprattutto per via di due reati prescritti in due precedenti procedimenti giudiziari nel quale il Senatore è stato prosciolto. Anche se De Bonis è incensurato le regole del M5S non fanno distinzione tra condanna e prescrizione del reato.

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Nel Codice Etico del M5S (Art. 6) è scritto che «costituisce condotta grave ed incompatibile con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo» e precisa che «sono equiparate alla sentenza di condanna la sentenza di patteggiamento, il decreto penale di condanna divenuto irrevocabile e l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta dopo il rinvio a giudizio». Ad esempio nel caso di Antonio Tasso, il reato prescritto risale a dieci anni fa, ma il M5S decise per la sua sospensione, scaduta nei giorni scorsi (anche se attualmente risulta ancora iscritto al gruppo misto).

Il doppio standard del Codice Etico del MoVimento 5 Stelle

Eppure le cose sono andate diversamente perché – e non è chiaro se i vertici ne fossero a conoscenza o meno – De Bonis è arrivato in Parlamento nonostante la condanna della Corte dei Conti (non definitiva) e la prescrizione per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e truffa (reato per il quale il GUP aveva chiesto il rinvio a giudizio). Il sistema dei due pesi e delle due misure (o della doppia morale) pentastellata funziona così: se la stampa scopre che un “portavoce” è sotto indagine allora viene espulso (come nel caso di Caiata) ancora prima di essere eletto, anche se poi dovesse venire archiviato. Se la notizia di una condanna in appello da parte della Corte dei Conti e della prescrizione non arriva sui giornali allora il MoVimento degli onesti e trasparenti fa finta di niente.

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Saverio De Bonis (primo a destra) con Alessandro Di Battista e Salvatore Caiata (primo a sx)

Eppure la condanna di De Bonis da parte della Corte dei Conti, imprenditore agricolo molto attivo sul fronte politico della tutela della qualità di riso e grano italiani, dovrebbe far riflettere il M5S. Perché l’accusa nei confronti di De Bonis era quella di aver truffato la Regione Basilicata al fine di ottenere l’ammissione della sua azienda ai benefici previsti dal P.O.R. Basilicata 2000-2006, Misura IV.8 “Investimenti nelle aziende agricole nell’ambito delle filiere produttive. I fatti risalgono al 2004 e nella motivazione della decisione della Corte dei Conti si legge che «<agli atti di causa risulta che il De Bonis ha dichiarato nella domanda di essere imprenditore agricolo dal 7/11/2000 ed “insediato da non oltre 5 anni”, mentre dalla “visura storica dell’impresa” depositata in atti dal P.M., risulta iscritto presso la Camera di Commercio Industria ed Artigianato di Matera quale “Impresa Agricola (sezione speciale)” sin dall’8.1.1997, e risulta altresì “data d’inizio dell’attività d’impresa 03/04/1996” relativamente all’attività di coltivazione di cereali>. Per cui il suddetto non era in possesso dei requisiti per godere delle agevolazioni previste nei confronti dei c.d. “giovani imprenditori agricoli”».

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Ssecondo l’accusa del processo penale poi conclusosi con il proscioglimento per intervenuta prescrizione De Bonis avrebbe tentato di acquisire il maggior punteggio in graduatoria (e il finanziamento maggiore) concesso a quei “giovani imprenditori” nel caso di richiesta di ammissione al contributo venisse presentata «da giovani agricoltori che si siano insediati in azienda da meno di cinque anni». La prima sezione d’appello della Corte dei Conti ha condannato De Bonis al pagamento, in favore della Regione Basilicata, di euro 2.775,0. Ma non è tanto l’entità della condanna il problema, quanto il fatto che De Bonis abbia taciuto sul suo processo e sulla prescrizione ai vertici del partito. E se De Bonis non ha taciuto e il Capo Politico e lo Staff ne erano a conoscenza allora la situazione dimostra il doppio standard pentastellato. Perché? Forse perché al Senato la maggioranza è meno ampia che alla Camera. Ogni voto conta, e il MoVimento non può permettersi di perdere un senatore.

EDIT del 26/10/2018: Per conto dell’Onorevole De Bonis riceviamo da parte dell’Avvocato Giampiero Milone una richiesta di rettifica. In particolare l’Avv. Milone chiede di precisare che l’onorevole pentastellato non ricopre lo status di “impresentabile” in base al regolamento del MoVimento 5 Stelle.

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È utile far notare che lo status di “impresentabile” non è una definizione giornalistica ma che è un termine coniato proprio dal MoVimento 5 Stelle e utilizzato in più occasioni dal Capo Politico del partito come ricordato all’inizio dell’articolo. Lo statuto del MoVimento 5 Stelle parla chiaro: «costituisce condotta grave ed incompatibile con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del MoVimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado, per qualsiasi reato commesso con dolo» e precisa che «sono equiparate alla sentenza di condanna la sentenza di patteggiamento, il decreto penale di condanna divenuto irrevocabile e l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta dopo il rinvio a giudizio». Quindi il fatto che l’Onorevole De Bonis sia stato prescritto dopo il rinvio a giudizio viene equiparato (ovvero è uguale) ad una condotta grave ed incompatibile con la candidatura. Questo non lo hanno inventato i giornalisti ma chi ha scritto lo statuto. Vero è che De Bonis non è mai stato definito impresentabile dai vertici del MoVimento (come invece il collega Tasso) ma è proprio questo il punto dell’articolo: la doppia morale del M5S in questi (perché De Bonis non è l’unico) casi. Ad essere rimessa alla discrezionalità degli Organi Associativi (ovvero i Probiviri) sono invece tutti quei casi in cui la condanna, il proscioglimento, il rinvio a giudizio o la prescrizione riguardano «fatti astrattamente riconducibili ai cosiddetti reati di opinione». Il che ovviamente non riguarda il tipo di reato per il quale De Bonis venne rinviato a giudizio e successivamente prescritto.

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