Il terrore di Salvini: il governo PD-M5S

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-07-17

In molti chiedono al Capitano di staccare la spina al governo. Ma lui ha paura di un asse tra grillini e Dem che allontani il voto

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Negli incubi di Matteo Salvini c’è il governo PD-M5S. Dopo l’ennesima rottura su Ursula Von der Leyen, eletta presidente della Commissione Europea con i voti dei grillini e a dispetto del dietrofront della Lega i rapporti tra gli alleati continuano a peggiorare ma a quanti gli chiedono di staccare la spina il Capitano risponde con una frase molto significativa:  «Mi consigliano di tornare al voto, ma è chiaro che i 5stelle ci mettono due minuti a fare un governo col Pd».

Il terrore di Salvini: il governo PD-M5S

Il retroscena di Tommaso Ciriaco su Repubblica racconta cosa passa per la testa del leader leghista, che ha il vento in poppa nei sondaggi per l’effetto Carola ma ancora non sconta il caso Savoini. Servirebbe infatti una crisi di governo nei prossimi tre giorni, poi una settimana per le consultazioni e lo scioglimento delle Camere: possibile? I suoi insistono, ma Salvini resiste: «No – è l’indicazione – Fico non aspetta altro per lanciare un suo governo…».

E dire che molti, tra i leghisti, pensano che il segretario ha sbagliato strategia, e continua a sbagliarla. Lo pensano i ministri di oggi e pure quelli di ieri. «Certo che conosco Savoini», sussurra Roberto Calderoli prima di infilarsi in Aula. «Se era un soldato della Lega? Non parlo. Una cosa è sicura: non sono mai stato in Russia». Va così.

E d’altra parte, tanti della vecchia e della nuova guardia parlamentare avevano suggerito al leader di guardarsi dai rampanti che lo circondavano a Palazzo Chigi: occhio ai Savoini, ai D’Amico, agli esperti di affari petroliferi con la chiave del potere leghista. Frequentazioni, per dire, che avevano messo in allerta lo staff del Presidente del Consiglio. Ma Salvini niente, di “scaricare” pubblicamente chi lo sta trascinando nei pasticci non ha voglia. Conta l’indole, ma anche la logica brutale del “capo” che non volta le spalle ai suoi uomini, quella che l’ha spinto a portare Armando Siri al Viminale per incontrare i sindacati.

ursula von der leyen marco zanni 1

La situazione è quindi ancora molto fluida. Ma soprattutto c’è un problema di tempi.

Al voto quando? Gennaio o giugno 2020

La Stampa scrive oggi che due sarebbero le finestre utili per un eventuale voto anticipato: la prima a inizio 2020, magari accorpando in un election day le Regionali in Emilia Romagna che hanno come termine ultimo il 26 gennaio; la seconda a giugno, quando altre grandi regioni torneranno alle urne.

«Io vorrei andare avanti ma, data la situazione, non escludo più niente». Prefettura di Genova, ora di pranzo. Intorno alla tavola imbandita si ritrovano Matteo Salvini con il sindaco Marco Bucci, il governatore della Liguria Giovanni Toti e autorità varie. Qualcuno domanda al vicepremier che previsioni politiche fa. E lui, messa da parte la spavalda sicurezza con cui ha sempre pubblicamente garantito sulla durata del governo, si lascia andare a una smorfia: «Non escludo più niente». Fa chiaramente intendere ai presenti che la sua pazienza è arrivata al limite e (non si era mai sbilanciato così) le elezioni rappresentano una concreta possibilità.

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D’altronde il fatto che tra leghisti e grillini giri cattivissimo sangue è testimoniato dagli insulti sovranisti ricevuti da Dino Giarrusso che celebrava l’elezione di Ursula Von der Leyen a presidente della Commissione Europea. E dalle convergenze tra PD e M5S sia sulla ministra di Angela Merkel che sui rubli alla Lega.

A gente sospettosa come i leghisti, tutte queste coincidenze non possono sfuggire. «In caso di crisi, ci aspettiamo che il Movimento tenti di mettere in piedi un’altra maggioranza», ammette una fonte qualificata della Lega. E aggiunge: «Non ci dimentichiamo che, un anno fa, erano pronti a fare un governo col Pd. Solo il no di Renzi li aveva fermati». Figurarsi se non ci riproverebbero. Tanto più se dovesse passare definitivamente la riforma costituzionale grillina con il taglio dei parlamentari: per molti degli attuali deputati e senatori, tornare alle urne vorrebbe voler dire abbandonare per sempre lo scranno. Motivazione che potrebbe spingere tanti indecisi a sostenere una maggioranza di salute pubblica.

C’è chi pensa che la situazione porterebbe la Lega a una grandissima vittoria elettorale. Ma davvero Salvini andrà ad elezioni anticipate per prendersi la colpa della prossima manovra?E se era così vantaggioso muoversi, perché ancora non lo ha fatto? Perché in realtà nemmeno a Salvini conviene spostarsi da questa situazione in cui ha un capro espiatorio per qualsiasi fallimento (i grillini).

Leggi anche: Ursula Von der Leyen alla Commissione Europea: le sconfitte parallele di M5S e Lega

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