Cosa si nasconde dietro al Pezzotto IPTV

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-23

Le carte dell’ordinanza di sequestro preventivo emanata dal GIP di Napoli rivelano il funzionamento, la struttura e gli immensi guadagni del sodalizio criminale che tramite Xtream Codes gestiva il traffico illecito dei pezzotti: gli abbonamenti illegali alle pay tv

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Qualche giorno fa una maxi operazione della Guardia di Finanza denominata Black IPTV ha portato alla chiusura di Xtream Codes, uno dei più grandi servizi di pezzotti per la trasmissione illegale di contenuti dei pacchetti pay tv di Sky, Mediaset, DAZN, Netflix e Infinity. Nell’ordinanza di sequestro preventivo emessa dal GIP del Tribunale di Napoli vengono identificati 23 componenti del sodalizio criminale chiamato Team DVS (dove DVS è un acronimo per Digital Video Streaming). Persone che a vario titolo hanno secondo gli inquirenti lavorato e contributo alla creazione e al mantenimento dell’infrastruttura necessaria alla trasmissione illegale via IPTV di materiale protetto da copyright.

Come funziona il sistema del pezzotto IPTV

Secondo la Procura «i server offerenti servizi di IPTV illegale risultano, attualmente, allocati geograficamente all’estero» ed infatti il gruppo ha ramificazioni internazionali che oltre al nostro Paese si espandono verso la Svizzera, Malta, l’Olanda e la Francia. Il centro operativo e di interessi (ovvero la vendita dei pacchetti IPTV) del gruppo però è nel nostro Paese. Il cuore dell’organizzazione «da cui parte l’attività illegale è certamente Napoli», si legge nell’ordinanza.

iptv pezzotto operazione sky - 2

A fornire il supporto tecnico e organizzativo sono due cittadini greci che sarebbero gli amministratori della società Xtream Codes che forniva al Team DVS (questo invece a guida italiana) la piattaforma (per la precisione il software) necessaria per poter trasmettere i contenuti acquisti illegalmente messi in vendita tramite una rete commerciale diffusa in tutto il Paese. Secondo la GdF gli utenti che usavano il pezzotto IPTV fornito dagli indagati sono almeno 5 milioni solo in Italia (700mila erano online al momento del blocco del servizio). Nonostante i server e la piattaforma che consente la trasmissione siano all’estero le indagini hanno dimostrato che i contenuti offerti sono principalmente in lingua italiana, questo perché si trova in Italia il mercato dei pezzotti.

pezzotto iptv xtream codes - 1

Il funzionamento del sistema è abbastanza semplice: venivano sottoscritti degli abbonamenti (uno degli indagati è risultato essere titolare di quasi 700 abbonamenti) ai servizi dei vari Sky, Mediaset etc, che poi venivano utilizzati per registrare e ritrasmettere illegalmente il segnale e quindi commercializzare i pacchetti IPTV (i pezzotti appunto) che venivano venduti in abbonamento. Addirittura, si legge nell’ordinanza, la Polizia Giudiziaria ha accertato l’esistenza di un mercato secondario o derivato dove altri soggetti distribuivano (sempre illegalmente) i contenuti rubati non a Sky a Mediaset ma agli stessi pirati informatici.

Il giro d’affari dietro i pezzotti IPTV

Le indagini, per la verità, partono da lontano (iniziano nel 2016 e alcuni degli indagati sarebbero attivi fin dal 2015) e non è la prima volta che la magistratura sequestra i server illegali dei pezzotti. Nel maggio del 2018 durante un’analoga operazione anti-pirateria (denominata Spin Off) erano state smantellate le basi di un’analoga organizzazione che operava con i pezzotti IPTV. Le somiglianze sono tali che alcuni degli indagati di questi giorni sarebbero coinvolti anche nell’altro procedimento giudiziario. Anche il nome di Xtream Codes era comparso durante l’inchiesta del maggio scorso dalla quale era emerso che le realtà criminali si consorziano per poter gestire ed operare le cosiddette “centrali sorgenti” ovvero i punti dell’infrastruttura di distribuzione dove veniva operata la decrittazione dei segnali criptati IPTV.

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L’organizzazione aveva messo in piedi una vera e propria rete per la gestione della trasmissione dei contenuti acquisti in maniera illecita che si avvaleva di addirittura 90 server e addirittura di un vero e proprio servizio clienti tramite Skype che veniva utilizzato per risolvere i problemi degli utenti. I pagamenti, che avvenivano tramite ricariche su carte PostePay o su conti PayPal intestati agi indagati raggiungono secondo una stima della GdF cifre da capogiro. Si parla di circa 6.500.000 € transitati annualmente (dal 2015) nei conti degli indagati. Una delle persone coinvolte nell’indagine avrebbe – stando agli accertamenti – ritirato tramite bancomat oltre 800mila euro in contanti in un solo anno dai conti di cui era titolare.

Pezzotto, IPTV e Xtream Codes, caccia ai clienti: cosa rischiano
L’organizzazione (La Gazzetta dello Sport, 19 settembre 2019)

Particolarmente interessante il ruolo di XTream Codes, che non solo rappresenta secondo gli inquirenti il pilastro portante quasi dell’intero mercato dell’ IPTV illegale dal momento che su di essa transitano i dati di tutti i server che utilizzano il software (dati come la lista clienti, ad esempio). Ma Xtream Codes ha anche infettato tramite un malware tutte le piattaforme (ovvero le televisioni) che utilizzano il pezzotto. Dal momento che le smart TV sono come dei PC o degli smartphone è possibile infettarle con dei virus, in particolare malware che consentono di prendere il controllo del dispositivo e di tutte le piattaforme che utilizzano il software messo a punto dai due hacker ellenici. Oltre ai siti web e alle risorse informatiche è stato disposto il sequestro di 145 conti PayPal e 50 conti ubicati presso Poste Italiane. Rimangono molti punti di domanda aperti, ad esempio visto il costo dei server e dell’infrastruttura da dove veniva il “capitale iniziale” che ha consentito l’avviamento della società? In che cosa venivano reinvestiti i proventi? A quanto ammontano i guadagni all’estero dei pezzotti?

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