Fact checking
Perché Grillo non ha ancora deciso come il M5S sceglierà il candidato premier
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-09-13
Il 23 settembre sapremo chi sarà il candidato premier del M5S anche gli attivisti non sanno ancora quali sono i candidati e come si voterà perché Grillo e Casaleggio non vogliono dare le regole per scoraggiare la competizione interna. E poi dov’è il problema? Non è vero forse che “uno vale uno”?
Mancano dieci giorni all’incoronazione di Luigi Di Maio a candidato Premier per il MoVimento 5 Stelle ma ancora gli attivisti pentastellati non sanno come si voterà e se ci saranno altri candidati. Beppe Grillo e Davide Casaleggio non hanno ancora detto infatti quali saranno le regole della competizione e chi potrà prendervi parte. In teoria – anche in ossequio al principio dell’uno vale uno – tutti potrebbero farlo, indipendentemente dalle chance di vittoria. Ma fino ad ora anche a causa della mancanza delle regole nessuno sfidante è venuto allo scoperto.
Quali sono le regole per decidere il candidato premier del M5S?
Sono ormai quasi cinque anni che per i giornali Luigi Di Maio è “il candidato premier in pectore del MoVimento”. E pare che ora se ne sia convinto pure lui. Ma è mai possibile che questo ragazzo che non ha mai lavorato in vita sua e che non è nemmeno riuscito a laurearsi sia l’unico leader che il partito di Grillo riesce ad esprimere? E poi: come mai sia nel Regolamento che nel Non Statuto non è previsto in modo chiaro come scegliere il candidato Premier? L’unico indizio è che a decidere sarà di volta in volta il Capo Politico (cioè Grillo, non eletto da nessuno) in accordo con il Comitato d’Appello (nominato da Grillo) e solo in ultima istanza l’assemblea degli iscritti.
Le regole relative al procedimento di candidatura e designazione a consultazioni elettorali nazionali o locali potranno essere meglio determinate dal capo politico del MoVimento 5 Stelle, d’intesa con il comitato d’appello, in funzione della tipologia di consultazione ed in ragione dell’esperienza che verrà maturata nel tempo. Laddove il comitato d’appello non abbia espresso parere favorevole, le regole dovranno essere approvate dall’assemblea degli iscritti con votazione in rete.
Nel frattempo Di Maio ha già annunciato che presto rivelerà la squadra dei ministri del suo governo e studia lavora da Presidente del Consiglio andando a Cernobbio a dire che il M5S non è contro l’euro e non è nemmeno populista. Il popolo a 5 Stelle attende il 23 settembre, quando al termine del raduno di Rimini verrà annunciato il nome del candidato alla Presidenza del Consiglio. Ma a Rimini ci sarà la classica festa del M5S e non una convention o un’assemblea.
Nel MoVimento infatti di assemblee non se ne fanno e men che meno di congressi. Ma come si fa a decidere per un candidato piuttosto che un altro se non sulla base di un confronto tra le proposte? Il punto è che nel M5S non possono esistere differenze e proposte di governo diverse. Il programma di governo è stato già elaborato in Rete e sarà uguale sia che il candidato Premier si chiami Luigi Di Maio o Roberto Fico. Se non ci possono essere divergenze programmatiche cosa resta? Quelle sul modo di intendere la linea del partito, ad esempio. C’è chi lo vorrebbe ancora legato al movimentismo, sono i duri e puri rappresentati da Fico. E chi invece lo vuole “di governo” e ha già buttato a mare molte cose del vecchio M5S. Ma c’è un problema: la linea del partito non la decide il candidato premier né la decidono gli eletti (o gli attivisti). Le decidono gli unici due che non sono eletti da nessuno: Beppe Grillo e Davide Casaleggio. E su quella non ci sono discussioni, votazioni e nemmeno assemblee.
Perché Roberto Fico non si candida?
Le votazioni, ammesso e non concesso che si tengano, dovranno essere annunciate con almeno 24 ore d’anticipo, pena il rischio di ricorsi e annullamenti. A quanto pare lo Staff vuole rinviarle il più possibile per scongiurare il rischio “hacker” ed evitare che la piattaforma Rousseau possa essere bucata proprio nel momento cruciale. Ma se non ci sono candidati ad eccezione di Di Maio e non ci sono regole per presentare la candidatura la votazione probabilmente sarà semplicemente come una delle tante già viste nel MoVimento. Qualcosa come «Volete che sia Luigi Di Maio il candidato Presidente del Consiglio indicato dal MoVimento 5 Stelle alle prossime elezioni politiche?». Se fosse così si confermerebbe che gli attivisti sono solo portatori sani di click e non di democrazia.
Eppure Fico, anche se oscurato dall’ubiquità mediatica di Di Maio, avrebbe delle chance. È ancora molto popolare nella base del M5S e nei meetup e di sicuro sarebbe in grado di raccogliere consensi. Ma candidarsi così – temono alcuni – potrebbe solo legittimare una farsa. Una volta sconfitto poi cosa resterebbe da fare a Fico? Potrebbe pure correre il rischio di non essere candidato alle politiche e di dover tornare al suo vecchio lavoro. C’è poi un altro aspetto: mettersi contro Di Maio sarebbe come mettersi contro i vertici del MoVimento. E questo nel M5S non ha mai portato a nulla di buono. Ci vuole un attimo per essere accusati di essere contro i principi del M5S e finire fuori. Ce lo ha insegnato il Metodo Genova applicato da Grillo dopo la vittoria di Marika Cassimatis alle comunarie per consentire a Pirondini di essere il candidato sindaco del M5S. Se una cosa del genere accadesse a livello nazionale gli oppositori di Di Maio verrebbero messi alla porta senza troppi complimenti.
C’è infine un’ultima ragione per cui nel M5S la scelta del candidato premier (sarebbe bellissimo avvenisse per acclamazione direttamente a Rimini) non è una questione di votazioni: Grillo non può permettersi che il partito si divida sulla scelta del leader. Innanzitutto perché il leader è lui e in secondo luogo perché così il MoVimento diventerebbe un partito come gli altri fatto di correnti e fazioni. E cosa c’è di meglio che nascondere la realtà sotto il tappeto e sperare che le prossime politiche servano a resettare le componenti scomode della classe dirigente del M5S?