Così Salvini se ne frega dei pastori sardi (mentre le autocisterne del latte vanno a fuoco)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-03-07

Archiviate le regionali in Sardegna il ministro dell’Interno ha lasciato cadere le numerose promesse fatte ai pastori sardi che domani si incontreranno a Sassari con i rappresentanti degli industriali per discutere della proposta di 72 centesimi al litro. Ma la Lega non aveva promesso un prezzo pari ad un euro?

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«Ho incontrato al Ministero i #pastorisardi, obiettivo: risolvere il problema entro 48 ore». Così parlò Matteo Salvini, era il 12 febbraio 2019, a poco più di due settimane dal voto delle regionali in Sardegna prometteva di portare il prezzo del latte di pecora ad un euro al litro. Da quell’annuncio di giorni ne sono passati ventitré, per  un totale di 552 ore ma la soluzione promessa dal ministro dell’Interno non è arrivata.

Come il governo sta dimenticando la lotta dei pastori sardi

Non solo: non c’è nessun accordo sul prezzo del latte perché i pastori hanno bocciato la proposta di 72 centesimi di euro al litro. Un prezzo considerato troppo basso visto che i costi di produzione si aggirano attorno ai 70 centesimi/litro. Cosa è successo dal 12 febbraio ad oggi? Le elezioni regionali, che hanno dato la vittoria a Salvini e al candidato del centrodestra. E così il ministro dell’Interno non ha più bisogno di girare la Sardegna e farsi fotografare mentre mangia pecorino o annusa forme di fiore sardo.

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Secondo il ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio non è vero che il governo ha abbandonato i pastori. Una settimana fa il ministro ricordava come Salvini abbia aperto un tavolo durato sette ore al Viminale e come lui stesso abbia partecipato ad un incontro di otto ore a Cagliari per parlare di Pecorino. Il punto è che da quando si sono chiusi i seggi Salvini ha smesso di parlare dei pastori, del prezzo del latte e del pecorino romano. E soprattutto sono trascorsi molto più dei due giorni promessi per trovare una soluzione al problema.

Gli assalti alle autocisterne del latte e lo stallo della trattativa

E così mentre la trattativa ufficiale sembra essersi completamente arenata le proteste continuano e sale la tensione. Ieri mattina due uomini incappucciati hanno bloccato ad Irgoli (Nuoro) una cisterna della Sarda formaggi e dopo aver svuotato sull’asfalto tremila litri di latte hanno dato fuoco al camion. Non è il primo assalto del genere e già diversi episodi simili si sono verificati nei giorni scorsi. Salvini tace anche su questi episodi, ormai la questione non gli interessa più. Non stanno zitti i pastori che vorrebbero invece stemperare la tensione e hanno subito condannato l’assalto all’autocisterna. Andrea Mulas – uno dei rappresentati del movimento dei pastori – lo ha definito «Un gesto che non solo ci offende ma ci danneggia in un momento particolarmente delicato». Il momento delicato è il vertice con il prefetto previsto domani a Sassari.

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Si discuterà del prezzo del latte, la base di partenza sono sempre quei 72 centesimi di euro al litro che la maggior parte dei pastori considera una cifra troppo bassa e al di sotto dei costi di produzione. Una proposta che per altro è stata rifiutata anche un mese fa, prima dell’intervento risolutivo di Salvini e di Centinaio. L’obiettivo minimo sono almeno i 74 centesimi al litro che se non altro coprirebbero le spese ma i pastori puntano alla cifra di un euro al litro. Un accordo si potrebbe raggiungere se gli industriali accettassero un prezzo per il latte di pecora di 80 centesimi al litro, ma le posizioni sembrano ancora molto lontane. Così come Salvini che dopo un insolito attivismo sul tema (per essere il ministro dell’Interno) ha lasciato cadere la questione.

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Un prezzo che è stato promesso sia da Salvini che da Centinaio, che però ora nelle poche dichiarazioni sull’argomento frenano riguardo alla possibilità di raggiungerlo in tempi brevi. Il timore è che una volta portato a casa il risultato elettorale la Lega abbia archiviato la protesta dei pastori e che quindi ora gli allevatori si trovino da soli contro gli industriali in una posizione di debolezza.  Il vicepremier nel frattempo ha iniziato un’altra battaglia: quella per le regionali del 24 marzo in Basilicata.

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