Fact checking
Piazza Indipendenza e la storia dei 40 milioni per l'emergenza non spesi dal Comune di Roma
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-08-27
La Regione ha indetto gare andate deserte per spendere i soldi delle “soluzioni alternative” agli sgomberi. Poi ha passato i soldi al Comune, che non li ha spesi per ragioni politiche. Ecco perché quando è arrivata la polizia a Palazzo Curtatone erano tutti impreparati
Fabio Refrigeri, assessore alla Casa della Regione Lazio, in un’intervista rilasciata oggi al Messaggero torna sulla vicenda dei 40 milioni di euro che via della Pisana ha stanziato per il Comune di Roma allo scopo di fronteggiare l’emergenza abitativa dopo gli sgomberi. Soldi che però il Comune non ha voluto spendere anche se la storia di Piazza Indipendenza ci insegna che sarebbero serviti.
La storia dei 40 milioni per l’emergenza non spesi dal Comune
Nell’intervista Refrigeri sorvola sul fatto che prima di darli nella disponibilità del comune dal 31 maggio scorso, la Regione ha provato a chiedere all’ATER, con tre bandi differenti, di trovare sul mercato appartamenti in base ai prezzi previsti per l’edilizia agevolata. Tutti bandi andati a vuoto, perché i proprietari anche di palazzine ancora invendute non hanno ritenuto evidentemente conveniente il prezzo offerto dalla Regione, che così ha evidentemente sprecato tempo e risorse.
«Abbiamo detto a Roma Capitale: ci sono queste risorse, sono pronte per essere spese, presentateci un piano e si può partire. C’è ovviamente un unico passaggio da rispettare: i potenziali inquilini devono avere i requisiti per l’edilizia residenziale pubblica. Questo mi pare scontato».
Come si arriva ai quaranta milioni di euro da spendere subito?
«Il 31 maggio abbiamo varato la delibera che ufficializza lo stanziamento, grazie a una convenzione al Comune di Roma di quaranta milioni di euro, una boccata di ossigeno su un fronte così delicato come quello delle politiche abitative. Si tratta di una prima fetta di un investimento complessivo di 161 milioni di euro. Dunque, le risorse ci sono, l’importante è partire, e presentare un piano di intervento. Ma da quel giorno, il 31 maggio, dunque quasi tre mesi fa, non abbiamo ricevuto risposta. Nulla, silenzio totale da parte di Roma Capitale».
Virginia Raggi, sindaca di Roma, parla di Regione inadempiente.
«Guardi, quando abbiamo visto che non arrivava una risposta, il 6 luglio abbiamo mandato anche una Pec al Campidoglio, ribadendo: ci sono queste risorse, quaranta milioni, possono essere spese per l’emergenza abitativa, fateci sapere come volete spenderli. Ancora nulla, nessuna risposta».
Le parole di Refrigeri ci consentono quindi di dire che erano sbagliate le parole di Virginia Raggi quando ha sostenuto su Facebook che il Comune aveva indetto gare «per il reperimento di immobili, ma sono andate deserte perché nessuno ha messo a disposizione le proprie strutture per i migranti». Aveva invece ragione la sua assessora Laura Baldassarre a dire che le gare erano state indette invece dalla Regione.
Perché nessuno si è occupato di Piazza Indipendenza
In ogni caso nell’occasione i fondi per gestire uno sgombero c’erano ma il Comune ha deciso di non utilizzarli. Nei giorni scorsi dal Campidoglio hanno fatto sapere che la Regione non aveva offerto alloggi al comune di Roma e quindi questo non avrebbe certo aiutato nell’emergenza di Palazzo Curtatone. Questo è vero, come è vero che la Regione non ha evidentemente offerto un prezzo appetibile per l’acquisto di palazzine e le sue gare sono andate deserte.
Rimane però il punto di maggiore responsabilità del Comune. Il commissario Tronca, ad aprile 2016, due mesi prima dell’insediamento della giunta Raggi, aveva fissato una lista di 16 immobili occupati, tra cui via Curtatone, da sgomberare perché arrecano danni erariali o sono pericolanti. Nella lista c’erano, oltre a Palazzo Curtatone, lo stabile della banca d’Italia in via Carlo felice occupato nel 2003 da Action, dove risiedono più di 40 famiglie straniere e italiane, ma anche un palazzo dell’Atac in viale del Policlinico dove vivono 50 famiglie o due stabili dell’Inps in viale delle province dove trovano rifugio da cinque anni almeno 150 persone. Ci sono stabili occupati sulla Collatina, Prenestina, in via Tuscolana, a Tor marancia. I casi più gravi sono il palazzo Selaam in via Cavaglieri e l’ex palazzo Indpad a via Collatina, occupati da rifugiati eritrei e sudanesi.
Il sonno della politica genera mostri negli sgomberi
In totale si parla di cento edifici occupati e tra i 5 e i 10mila occupanti. Ma non c’è nemmeno un censimento comunale a cui attingere. Perché non c’è stato l’intervento? Come ha raccontato ieri Federica Angeli su Repubblica, la prefetta Basilone ha detto che la linea del Campidoglio, nei numerosi tavoli tecnici istituiti per affrontare la vicenda “via Curtatone” nei sette mesi precedenti, era stato quello di chiusura assoluta. «Non ricollocheremo gli occupanti abusivi, daremo la priorità alle graduatorie per gli alloggi».
Insomma, sembra piuttosto chiaro che il Comune di Roma ha deciso semplicemente di non organizzare nulla prima dell’avvenuto sgombero un po’ perché preso di sorpresa dall’azione del ministero dell’Interno (e forse pensando che la sua indisponibilità avrebbe fermato il piano), un po’ perché la decisione di spendere quei soldi in alloggi per i rifugiati avrebbe avuto una valenza politica e avrebbe prestato il fianco all’attacco da destra all’amministrazione. Per questo il comune ha “dimenticato” di spendere quei soldi, diventando così corresponsabile, insieme a Regione e Ministero, del caos di Piazza Indipendenza. Figliolo, una volta qui era tutta campagna elettorale.