La lista dei ministri M5S via mail al Quirinale

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-02-28

Diciassette nomi inviati alla presidenza della Repubblica: quattro quelli presentati a DiMartedì da Di Maio. Tra questi Giuseppe Conte, Alessandra Pesce, Pasquale Tridico e Sergio Costa

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Lorenzo Fioramonti, Pasquale Tridico e Sergio Costa seguiti da Giuseppe Conte e Alessandra Pesce. Più Alfonso Bonafede e Danilo Toninelli. Questi alcuni dei nomi della lista dei ministri anticipata via mail da Luigi Di Maio al Quirinale e presentata da Giovanni Floris a DiMartedì con un’operazione di marketing elettorale dal MoVimento 5 Stelle senza alcun valore dal punto di vista giuridico perché i ministri vengono nominati dal presidente della Repubblica su proposta della presidenza del Consiglio.

La lista dei ministri M5S via mail al Quirinale

In tv ad accompagnare Di Maio sono andati Fioramonti, Pesce, Tridico e Conte: via mail al Quirinale invece sono stati inviati diciassette nomi, tra cui quelli dei ministeri chiave che per ora restano scoperti. L’economista della scuola Sant’Anna Andrea Roventini dovrebbe comunque accomodarsi, secondo i desiderata di Di Maio, sulla poltrona di via XX Settembre mentre Tomaso Montanari è stato di nuovo contattato per i Beni Culturali ma senza esito. Quelli che hanno accettato di mostrarsi con Di Maio in tv sono il docente di Roma Tre Pasquale Tridico, che per mostrarsi diverso da un altro “tecnico” come Elsa Fornero dice: «Gli autori stessi della legge Fornero hanno iniziato a cambiarla. Mi sembra ragionevole che una persona, dopo aver lavorato 40 anni, possa andare in pensione» (ma, da ministro del Welfare “in pectore”, non risponde sulle coperture); la dirigente del Crea, l’ente di ricerca del ministero dell’Agricoltura, Alessandra Pesce, proposta da Di Maio per la guida di quello stesso ministero (ora è a capo della segreteria tecnica del viceministro Andrea Olivero).

mail ministri m5s di maio
I ministri presentati da Luigi Di Maio a DiMartedì (Corriere della Sera, 28 febbraio 2018)

Mentre per la Pubblica Amministrazione (che con i 5 selle dovrebbe chiamarsi ministero della deburocratizzazione e della meritocrazia) c’è il giurista Giuseppe Conte, che ad Annalisa Cuzzocrea su Repubblica promette internet gratis alle famiglie:

«I 5 stelle – racconta – li ho conosciuti quattro anni fa. Dissi che non li votavo, mi risposero: meglio».

Perché l’avevano cercata?
«Mi chiesero se ero disponibile a farmi nominare nell’Organo di autogoverno della giustizia amministrativa. Dandomi piena indipendenza».

Lei è di sinistra?
«In passato ho votato a sinistra. Oggi penso che gli schemi ideologici del ‘900 non siano più adeguati. A fronte di una realtà ormai globale e delle tante povertà, diseguaglianze e sofferenza sociale esistenti, credo sia più importante valutare l’operato di una forza politica in base a come si posiziona sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. E sulla sua capacità di elaborare programmi utili ai cittadini».

Giuseppe Conte, Alessandra Pesce e gli altri ministri M5S

Il conduttore tv Guido Bagatta ha invece fatto sapere di aver detto no al dicastero dello Sport «per motivi temporali». Anche Damiano Tommasi ha rifiutato una poltrona dal M5S e come lui avrebbero fatto Marianna Mazzucato, economista neokeynesiana che aveva partecipato a un convegno del M5S, e di Pierluigi Ciocca, ex vicedirettore della Banca d’Italia. Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa racconta le modalità degli altri no:

Un collega che lo conosce bene sorride: «Non ci avrei creduto nemmeno se lo avessi visto con i miei occhi». Anche Marcello Minenna, alto dirigente Consob, nemico giurato dell’ex presidente Vegas, molto stimato dai Cinquestelle, ha risposto con prudenza. Scottato dalla fugace e velenosa esperienza nella giunta Raggi (ne ha scritto un libro, ancora in bozze) e teme il bis, sebbene l’ambizione non gli difetti. L’ambasciatrice Laura Mirachian ha rifiutato la Farnesina. Per la Giustizia, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha fatto sapere che non ha nessuna intenzione di buttarsi in politica, ritiene che nessuna maggioranza parlamentare sia in grado di applicare il suo programma.

giuseppe conte ministro m5s
Giuseppe Conte, ministro presentato da Di Maio

Salvatore Settis, accademico dei Lincei ed ex direttore della Normale di Pisa, ha declinato l’invito a fare il ministro dell’Istruzione. Per i Beni culturali hanno detto no Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino, e Maria Pia Guermandi, archeologa dell’Istituto Beni Culturali dell’Emilia Romagna, punto di riferimento per associazioni che si battono per la tutela del paesaggio (Italia Nostra, Emergenza Cultura) e contro le riforme Franceschini.

Tomaso Montanari invece ha chiesto a Di Maio precise garanzie sul vincolo di mandato e sull’immigrazione, chiedendo al capo politico di scongiurare la possibilità di un governo con le destre. E Di Maio non si è fatto più sentire con lui.

Quelli che hanno detto no a Di Maio

Tra i presentati c’è Sergio Costa, generale dei carabinieri, impegnato nella lotta ai crimini ambientali e contro le ecomafie nella Terra dei Fuochi. È stato comandante regionale in Campania del Corpo forestale dello Stato, fino allo scioglimento del corpo stesso nel 2016. Ha preso una licenza fino al 6 marzo «Non fa parte del Movimento ma è patrimonio del Paese», ha detto Di Maio.

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Alessandra Pesce

Poi c’è Alessandra Pesce, dirigente del ministero e membro della segreteria tecnica del viceministro Andrea Olivero. È inoltre membro del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (Crea) e ha curato alcune edizioni del Rapporto di Stato sull’Agricoltura. C’è Giuseppe Conte, che è anche membro del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa che ha presieduto la commissione del Consiglio di Stato che ha «destituito» Francesco Bellomo, finito nella bufera per i corsi per magistrati conditi da avances e minigonne.

Cosa dicono i ministri M5S

Tridico, in un’intervista rilasciata alla Stampa, promette una revisione robusta per il Jobs Act e il congelamento della riforma Fornero:

«È urgente invertire le politiche di estrema flessibilizzazione del mercato del lavoro approfondite di recente dal decreto Poletti sui contratti a tempo determinato e dal Jobs Act. Le evidenze empiriche mostrano che sono i Paesi con mercati meno flessibili a presentare le migliori performance in termini di produttività del lavoro in Europa».

Più rigidità? Cioè vuole smantellare quello che è stato fatto fino a oggi. A partire dal Jobs act
«La priorità è la revisione del decreto Poletti sui contratti a tempo determinato che oggi permette alle imprese di rinnovare quelli a termini fino a 5 volte per un massimo di 36 mesi senza indicarne la ragione. Inoltre la deroga del 20% dei contratti a tempo determinato è aggirata grazie alle troppe deroghe. Dobbiamo ridurre questa discrezionalità esagerata»

Reintroduzione dell’articolo 18?
«Valuteremo se tornare alla disciplina precedente per le imprese sopra i 15 dipendenti, per quelle sotto non c’era prima e non crediamo sia utile».

pasquale tridico
Pasquale Tridico

Andrea Oliviero, viceministro alle politiche agricole, rivela invece quanto ha detto a Pesce, che l’aveva informato della possibilità: «Guardi, ho solo detto ad Alessandra di pensarci bene perché ero, e sono ancora preoccupato, che il Movimento 5 Stelle possa sfruttare nel breve periodo la sua competenza e il fatto che arrivi dalla società civile e poi si dimentichi di lei».

La foto di copertina è presa da Twitter

Leggi sull’argomento: La lezione di economia di Veronica de Romanis a Lorenzo Fioramonti a Otto e Mezzo

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