Opinioni
La (finta) scomparsa del Centro dalla politica italiana
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2019-11-04
Prima era il luogo politico della mediazione e dell’insabbiamento: “Avanti al centro contro gli opposti estremismi” era uno degli slogan più abusati degli Anni di Piombo. Adesso il Centro non tira più e sta scomparendo dalla politica italiana. Spiega oggi Ilvo Diamanti su Repubblica che nell’ultimo decennio dopo il declino di Berlusconi e di Forza […]
Prima era il luogo politico della mediazione e dell’insabbiamento: “Avanti al centro contro gli opposti estremismi” era uno degli slogan più abusati degli Anni di Piombo. Adesso il Centro non tira più e sta scomparendo dalla politica italiana. Spiega oggi Ilvo Diamanti su Repubblica che nell’ultimo decennio dopo il declino di Berlusconi e di Forza Italia, lo spazio di Centro si è definitivamente ridotto: al 10%. O poco meno.
Mentre gli spazi contigui e complementari hanno mantenuto il loro rilievo. Centro-Destra e Centro-Sinistra: oggi attraggono ancora il 15-19% degli elettori, ciascuno. Infine, appare stabile, e ampia (circa il 30%; quasi un terzo degli elettori) l’area esterna allo spazio – politico. Dove si collocano coloro che rifiutano questa etichetta. E si chiamano “Fuori” dall’alternativa Destra-Sinistra (definita in modo magistrale da Norberto Bobbio, in un saggio pubblicato da Donzelli nel 1994). Quindi: dal Centro. Tuttavia, è evidente come, negli ultimi 10 anni, si sia ridotto soprattutto lo spazio a Sinistra del Centro. Riassumeva il 35% degli elettori, nel 2013. Oggi: 7 punti in meno. Si è ridotta, in particolare, la componente di Sinistra. Mentre è cresciuta l’area de-finita dalla Destra e dal Centro-Destra. Insieme coprono oltre il 33% degli elettori.
Nel Centro politico, oggi, si riconosce meno del 10% degli elettori. Mentre oltre il 60% si colloca nelle aree più estreme. Oppure “fuori”. Ma cosa significa concretamente questo in politica? Significa che ad avere successo alle urne sono molto spesso le soluzioni “estreme” o quelle “lontane” dalla tradizione e di rottura. Poi però cosa succede? Succede che vincere le elezioni – o urlare di averle vinte perché si è arrivati al 10% in Umbria – è diventato relativamente facile. Ma poi si perde il consenso governando. È quello che sta succedendo a Roma, dove Virginia Raggi tre anni e mezzo fa è stata incoronata regina di Roma con un computo totale di voti epocale e oggi il MoVimento 5 Stelle in città perde voti a ogni elezione, a dimostrazione del fatto che la sua amministrazione viene criticata persino dai suoi come il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora:
È quello che stava succedendo al governo Lega-M5S, dove il popolo ha premiato con un plebiscito importante (ma non epocale, visto che Matteo Renzi prese una percentuale di voti maggiore) il Carroccio: Salvini è scappato dal governo proprio mentre stava per arrivare la prova dell’IVA e quella dell’autonomia differenziata e cominciava a scricchiolare la strategia dei porti aperti/chiusi. Oggi Luigi dice che il M5S è l’ago della bilancia mentre Matteo non sfoggia più divise della polizia e rosari in piazza e dice che non vuole uscire dall’euro, nell’intenzione di costruirsi una veste meno di rottura: ma non è proprio questo un avvicinarsi a quel centro che tutti a parole dicono di odiare?
Leggi anche: Il delirio del segretario leghista di Lecce contro Liliana Segre