Perché il governo non ha ancora revocato la concessione di Autostrade

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-09-20

Ci sono venti miliardi di buone ragioni per capire che quello che il M5S ha promesso a ridosso della tragedia del Ponte Morandi non è fattibile, per lo meno in tempi brevi e senza rischiare un seguito giudiziario che potrebbe essere sanguinoso

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Perché il governo non ha ancora revocato la concessione di Autostrade? Subito dopo il disastro del Ponte Morandi a Genova si sono affastellate sui giornali e sui social network le dichiarazioni dei membri dell’esecutivo nei confronti di Atlantia e dei suoi dirigenti, considerati – senza inchieste né processo ma in base al principio logico che a loro toccava la manutenzione del ponte – colpevoli del disastro.

Perché il governo non ha ancora revocato la concessione di Autostrade

Poi è arrivato il decretino per Genova, dove non c’era nulla sulla ricostruzione del viadotto Polcevera né veniva nominato il commissario. E soprattutto, nonostante gli annunci (“Ci sarà una sorpresa brutta per Autostrade”, diceva Di Maio nei giorni precedenti l’approvazione), non c’era nulla riguardo la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Come mai? I motivi sono giuridici e non piaceranno a chi crede che esistano soluzioni semplici ai problemi complessi. La società ha respinto l’accusa di essere inadempiente nella manutenzione in una risposta alla lettera di contestazione arrivata dal ministero delle Infrastrutture. E intanto ha messo all’opera i suoi avvocati.

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Il costo delle autostrade in Europa (Corriere della Sera, 28 agosto 2018)

Per la revoca ci vogliono cinque mesi. E soprattutto ci vogliono venti miliardi di euro di versamenti proprio ad Autostrade. Che ha risposto alla prima lettera del ministero evidenziando una serie di irregolarità formali compiute dal ministero e specificando di aver sempre adempiuto agli obblighi di manutenzione. Ma qui, spiega oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, si rischia il crash:

Entro la fine del mese la commissione tecnica voluta da Danilo Toninelli — che ha già dovuto sostituire quattro componenti perché incompatibili o indagati — consegnerà la relazione sul disastro. E subito dopo dovrebbe partire la prima diffida a«fornire giustificazioni». Da quel momento Autostrade avrà 90 giorni per rispondere.

Se le sue deduzioni non saranno ritenute sufficienti, le Infrastrutture potranno indicare i punti ritenuti non adeguati e poi dovranno concedere altri 60 giorni per la controrelazione. Soltanto quando questo documento sarà consegnato si potrà firmare l ’eventuale decreto di revoca.

20 miliardi di buone ragioni per traccheggiare sulla revoca

Il decreto di revoca però presuppone il rispetto degli obblighi contrattuali da parte del governo. Che ha tanta voglia di muoversi ma nulla in mano, anche dal punto di vista giuridico, per pretendere la revoca della concessione di Autostrade:

Nel provvedimento devono essere indicati il «valore di subentro» e le eventuali penali da addebitare ad Autostrade. Ma è la prima voce a rappresentare il vero onere per lo Stato ed è proprio su questo che il governo dovrà decidere come intervenire. Nonostante quanto detto da Di Maio, la concessione fornisce infatti indicazioni chiare su quanto Autostrade deve percepire in caso di revoca e i calcoli già fatti escludono che si possa scendere sotto i 20 miliardi.

L’unica sanzione prevista per il concessionario è la penale del 10 per cento, oltre al maggior danno cagionato allo Stato. Ma per questo ultimo conteggio potrebbe essere necessario un giudizio in sede civile. Senza contare che contro il decreto Autostrade è pronta a ricorrere ai giudici amministrativi.

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I numeri di Autostrade (Corriere della Sera, 28 agosto 2018)

Adesso quindi la situazione è chiara. E al tutto va aggiunto un tassello: il decreto di revoca deve essere firmato dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e da quello dell’Economia. E Giovanni Tria ha ben presente che venti miliardi di euro sono un’intera legge di bilancio. Per questo anche lui probabilmente ci penserà un centinaio di volte prima di mettere la sua firma. Per venti miliardi di buone ragioni.

Leggi sull’argomento: La caccia alle streghe del MoVimento 5 Stelle al ministero del Tesoro

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