Fact checking
Cosa c’è dietro il più grande down della storia di Facebook?
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2019-03-14
Continuano ancora oggi i disservizi che ieri hanno mandato in tilt il social network di Zuckerberg (e anche WhatsApp e Instagram). E mentre Facebook tiene la bocca chiusa sulle cause spopolano le teorie del complotto globale
Non solo Facebook ma anche WhatsApp, Instagramieri hanno incontrato importanti problemi tecnici che hanno impedito agli utenti di postare, cliccare, condividere, inviare messaggi o allegati (nel caso di WhatsApp) o anche solo accedere al profilo e fare operazioni di base come login e log out, cambiare la password o altre impostazioni. Dal momento che tutti e tre i servizi sono di proprietà dell’azienda di Mark Zuckerberg qualcuno ha ipotizzato che fosse in corso un attacco DDoS (Distributed Denial of Service) verso l’infrastruttura informatica di Menlo Park ma in serata su Twitter Facebook ha smentito che potesse trattarsi di un attacco informatico di quel tipo.
Cosa sappiamo del #Facebookdown del 13 marzo?
Dopo 17 ore di malfunzionamenti – secondo la BBC si è trattato del più lungo down di Facebook – i servizi sembrano essere tornati alla normalità anche se ancora oggi c’è chi lamenta difficoltà e rallentamenti nel funzionamento del social network. La causa dei problemi tecnici non è ancora stata resa nota ma l’Independent riporta che nella giornata di ieri anche il sito di Etsy e dello US Postal Service (USPS.com) hanno smesso di funzionare per qualche tempo. Come detto Facebook nega che il disservizio possa essere stato causato da un DDoS, ovvero da un attacco hacker che punta a mandare offline un sito saturandolo con un incredibile ammontare di richieste di accesso in un arco di tempo ridotto.
Down Detector segnala che ieri anche alcuni servizi di Google come Google Drive e Gmail hanno avuto “problemi” non meglio specificati. Oggi invece è Playstation Network a non essere raggiungibile da diversi utenti. In precedenza, il 12 marzo, Spotify era stato brevemente non raggiungibile. Ma non è affatto detto che tutti questi inconvenienti tecnici e “down” siano collegati tra loro e che abbiano la stessa causa.
Anche in questo momento ci sono diverse segnalazioni di disservizi relativi a Facebook, la mappa di DownDetector mostra che alle ore 13:00 del 14 marzo gli utenti maggiormente affetti dal problema sono quelli che vivono in Regno Unito e sulla costa orientale degli Stati Uniti (anche se qua e là ci sono segnalazioni di interruzioni di servizio un po’ dovunque). Ad esempio sempre ieri sono stati segnalati “guasti” anche alla rete di alcuni importanti operatori di telefonia come Verizon e AT&T ma è possibile che in realtà gli utenti abbiano pensato che i problemi che stavano avendo nell’utilizzo di Facebook fosse causato dai provider.
Il complotto di QAnon contro i Repubblicani
Mentre c’è chi è alla ricerca del motivo del guasto e visto che Facebook non ha ancora comunicato cosa è davvero successo si fanno strada le ipotesi più fantasiose. Nella giornata di ieri alcuni seguaci della teoria del complotto di QAnon hanno asserito che #Facebookdown fosse dovuto alla denuncia fatta dal fantomatico Q secondo il quale Facebook sarebbe in realtà derivato da un vecchio progetto di DARPA (l’agenzia governativa statunitense che sviluppa tecnologie in ambito militare) chiamato “LifeLog“.
Secondo QAnon Facebook opera allo stesso modo di LifeLog (un progetto che è realmente esistito fino al 2004) ed anzi sarebbe la sua realizzazione concreta. In breve LifeLog puntava a raccogliere e tracciare i dati personali di una persona per tutta durata della sua esistenza. I complottisti ci vedono un’analogia con quello che fa Facebook. Ieri quindi Q ha prima lanciato un messaggio dove “spiegava” come il down fosse dovuto alla necessità da parte di Facebook di ripulire il database.
Essendo la mole di dati “enorme” serviva quindi parecchio tempo per pulire le tracce. Successivamente QAnon ha collegato il down anche all’inchiesta da parte della procura Federale del distretto di New York sulle politiche adottate dal colosso di Menlo Park per la condivisione di informazioni personali degli utenti con terze parti, in particolare aziende del settore tecnologico e informatico. Un’inchiesta che non nasce dalle rivelazioni di QAnon ma da un reportage del New York Times del dicembre 2018.
Infine c’è chi ha visto nel disservizio di Facebook una censura preventiva in vista delle elezioni presidenziali USA del 2020. Secondo questa ultima teoria complottista il social network di Mark Zuckerberg starebbe cercando di nascondere agli utenti i dati dei sondaggi secondo cui i Democratici statunitensi stanno perdendo terreno sui Repubblicani di Trump. Alcuni complottisti infatti sostenevano ieri di essere gli unici colpiti dal #Facebookdown, quasi che si trattasse di un’operazione mirata per silenziare truthers e dissidenti.
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